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Negato il rimborso IVA al cessionario se il fornitore estero non si è identificato

/ REDAZIONE

Venerdì, 6 settembre 2024

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La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza di ieri relativa alla causa C-83/23, ha affermato che il destinatario di una prestazione soggetta a IVA non può chiedere direttamente all’Amministrazione tributaria dello Stato membro nel cui territorio è stabilito la restituzione dell’IVA pagata al fornitore di tale operazione (il quale aveva erroneamente applicato l’imposta).

Nel caso di specie, il prestatore di servizi stabilito in uno Stato membro dell’Ue aveva applicato l’IVA nazionale su un’operazione, ma l’imposta era dovuta per legge in un diverso Stato membro. Detto prestatore di servizi l’aveva versata all’Erario del proprio Stato, salvo poi chiedere il rimborso prima di cadere in una procedura fallimentare.

La decisione della Corte si fonda essenzialmente sul fatto che è da ritenersi eccezionale la facoltà attribuita al cessionario o committente di presentare la domanda di rimborso dell’IVA indebitamente fatturata e versata dal cedente o prestatore. Tale facoltà può essere esperita solo se il recupero dell’IVA presso il fornitore è “impossibile o eccessivamente difficile”. Il descritto principio presuppone però che l’acquirente “non abbia trascurato alcuna possibilità di far valere i propri diritti al di fuori di tale situazione”.

Nel caso di specie, invece, dal giudizio di merito risultava che il fornitore, non ancora identificatosi ai fini IVA nello Stato membro nel quale l’imposta è dovuta per legge, aveva la possibilità di identificarsi in detto Stato così da poter utilizzare il proprio numero di partita IVA per applicare l’imposta nello Stato membro in cui essa è dovuta (e consentire al cessionario o committente di esercitare il corrispondente diritto alla detrazione del tributo).

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