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LETTERE

La riforma del DLgs. 139/2005 avrebbe dovuto portare a riflettere sul futuro

Venerdì, 20 dicembre 2024

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Gentile Redazione,
l’analisi della proposta di riforma del DLgs. 139/2005, presentata dal CNDCEC, avrebbe dovuto rappresentare la sintesi di una ampia riflessione sulle dinamiche che hanno interessato la società negli ultimi anni e, conseguentemente, sul ruolo degli ordini professionali.

In tale contesto, il sistema ordinistico, nato per garantire la tutela del consumatore e dell’impresa, avrebbe necessità di confrontarsi, in generale, con le trasformazioni del modello sociale e, in particolare, con l’evoluzione del mercato dei servizi professionali. Il che, conseguentemente, dovrebbe condurre a una accurata riflessione sulle regole del gioco che delimitano il perimetro di competenza degli Ordini e sul ruolo, centrale, del Professionista, nella società contemporanea.

Considerando, a onor del vero, che tale riflessione sconterebbe comunque un ritardo significativo, generato dall’immobilismo degli ultimi 20 anni, caratterizzati più da azioni volte a consolidare posizioni personali che da politiche di servizio alla Categoria. Immobilismo i cui effetti collaterali appaiono innegabili: dalla perdita di appeal della professione – certificata anche dal basso numero dei nuovi ingressi – all’allargamento della distanza tra organi di governance e iscritti – testimoniato dalla difficoltà di cogliere il grido di dolore di una categoria professionale che negli ultimi 15/20 anni, dati alla mano, ha visto allargarsi la forbice tra il crescere degli oneri (vincoli, adempimenti e responsabilità) e la compressione degli onori (riconoscimenti, opportunità e compensi). Fenomeno sancito dalla dinamica dei redditi in termini reali e che, in altre parole, può essere esemplificato nel constatare che, rispetto a 15/20 anni fa, occorre lavorare di più per raggiungere lo stesso risultato, ovvero che a parità di impegno si guadagna meno.

Ecco, avrei auspicato che l’afflato riformatore fosse partito da questa constatazione e dal confronto sui temi che ognuno di noi affronta ogni giorno quando varca la porta del proprio studio, piuttosto che dall’analisi di questioni che, seppur importanti, non toccano la quotidianità del Professionista.
Invece, non posso fare a meno di rilevare come la riscrittura delle regole del gioco sia stata fin dall’inizio del percorso di modifica del 139 trascinata all’interno di un percorso che avrebbe dovuto avere l’obiettivo, e l’ambizione, di migliorare le condizioni di lavoro di 120.000 commercialisti piuttosto che definire le modalità di elezione di 21 rappresentanti istituzionali.
Anche perché, mi chiedo, per quanti Colleghi il sistema di elezione del Consiglio nazionale rappresenta una questione di qualche rilievo rispetto alle numerose difficoltà quotidiane che ognuno di noi affronta nello svolgimento della professione?
Per questo ritengo che sia un errore dividere la categoria sulla definizione delle regole interne di funzionamento quando bisognerebbe unirla sulle regole di ingaggio con l’Amministrazione finanziaria (e riequilibrio dei rapporti Fisco/commercialista e Fisco/contribuente), con la Pubblica Amministrazione (responsabilità, adempimenti) e sul mercato (compensi equi, aggregazioni, specializzazioni).

Al di là, poi, degli aspetti elettorali – che andrebbero espunti in assenza di una amplissima convergenza di Ordini territoriali e Associazioni sindacali, che a oggi nei fatti non c’è – devo rilevare come la proposta di riforma lasci aperte una serie di questioni che, se non adeguatamente presidiate, potrebbero determinare perfino un peggioramento dello status quo.

Mi riferisco, in particolare, al tema delle incompatibilità, che tocca la stessa tenuta delle Casse di previdenza; alla questione delle specializzazioni, inutili e potenzialmente dannose (in termini di maggiori adempimenti per la Categoria) se attuate su materie già incluse nelle competenze della professione; nonché alla polizza professionale stipulata dal CNDCEC e ribaltata sui Commercialisti, che di fatto genera un monopolio sul contraente e comprime l’autonomia negoziale degli iscritti.

Non è questo il percorso che merita la nostra Categoria. Una riforma inclusiva e partecipata deve guardare al futuro, deve promuovere l’innovazione, deve rispondere alle sfide poste dalla digitalizzazione e dalla concorrenza e deve derivare da un confronto paziente e minuzioso tra governance e iscritti, con un coinvolgimento reale e non di facciata di tutte le componenti della Categoria.
La riscrittura delle regole del gioco a colpi di maggioranza non porta mai buoni frutti. Lo dicono la storia e la cronaca di questo Paese: basta saperle guardare.


Maria Pia Nucera
Presidente Adc

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