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Domenica, 9 novembre 2025

EDITORIALE

Adesso tutti d’accordo sulla necessità di semplificazioni fiscali

/ Enrico ZANETTI

Lunedì, 4 aprile 2011

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Torna a spirare il vento delle semplificazioni degli adempimenti fiscali.

La scorsa settimana, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha costituito un tavolo tecnico con tutte le associazioni di riferimento per il mondo imprenditoriale, da Confindustria a Rete Impresa, per mettere a fuoco una serie di proposte finalizzate ad alleggerire il carico di adempimenti fiscali che gravano sulle imprese (si veda D’Imperio: «A maggio, compensi per gli invii telematici all’esame del Consiglio»“ del 30 marzo 2011).
In particolare, l’Agenzia ha promesso “tempi ristretti e concretezza per arrivare ad una proposta condivisa entro maggio”.
Dal canto loro, le imprese hanno sottolineato l’indifferibilità di un simile processo, affermando in un loro comunicato dello scorso sabato che, dato lo scenario attuale, “più che una pressione, si tratta di una oppressione fiscale”.

Che dire, se non “ben svegliati pigroni” alle associazioni di categoria del mondo imprenditoriale e “ben venuti a bordo” all’Agenzia delle Entrate?
Lo scorso gennaio, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili aveva richiamato all’attenzione, in modo chiaro e senza tanti giri di parole, come le stratificazione delle novità normative del biennio 2009-2010 avesse prodotto una vera e propria esplosione degli adempimenti fiscali e degli obblighi di comunicazione telematica.
Fu il tentativo di dare una sveglia a un sistema che sembrava non rendersi conto di una deriva che, pur partendo dalle migliori intenzioni (lotta all’evasione), stava rischiando di cadere nell’autocompiacimento e di generare così, in chiave prospettica, una reazione di rigetto di pari intensità da parte dei contribuenti, laddove invece oggi più che mai è necessario il convincimento da parte di questi ultimi di essere alle prese con un sistema di controlli né lassista, né inutilmente punitivo ed oneroso, ma semplicemente equilibrato.
A gennaio, la risposta dell’Agenzia delle entrate di fronte a queste osservazioni non fu esattamente conciliante, anzi.
Forse non ne fu compreso lo spirito, ma sta di fatto che, con un apposito e per certi versi sorprendente comunicato furono rispedite al mittente tutte le considerazioni che riguardavano, tra le altre cose: l’eccessiva complicazione della modulistica Intrastat; l’esponenziale moltiplicazione delle comunicazioni telematiche; il ridondante obbligo di identificarsi con codice fiscale per acquisiti superiori a 3.600 euro anche se il cittadino utilizza mezzi di pagamento tracciabili; la differente attenzione del legislatore nel mantenimento di un adeguato equilibrio tra efficienza della riscossione dei tributi ed efficienza della giustizia tributaria.

Oggi, per fortuna, pare che si sia diffusa la consapevolezza del problema e non possiamo che rallegrarcene, dando merito all’Agenzia di essersi resa infine promotrice della costituzione di un tavolo tecnico ad hoc sulla questione.
Il fatto che questo tavolo non contempli anche i liberi professionisti in generale e commercialisti in particolare è per certi versi singolare, atteso che fu proprio l’Agenzia, lo scorso gennaio, a ricordare come circa il 60% degli adempimenti fiscali delle piccole e medie imprese transita per gli studi dei commercialisti italiani.

Francamente, però, quello che conta di un tavolo tecnico è la discussione che porta avanti, più che le sedie che lo circondano.
I temi, alla fine, saranno quelli che i commercialisti italiani avevano posto alcuni mesi fa e che abbiamo brevemente ricordato: con ogni probabilità saranno quelle anche le soluzioni.
Se così sarà, verranno salutate con favore dai contribuenti e da tutti gli operatori, commercialisti in testa, attribuendo all’Agenzia meriti e riconoscimenti sinceri di intensità pari alle perplessità che qualche mese fa aveva suscitato una risposta molto diversa ad istanze che sono le medesime.
Dopodiché, se una mano dovesse servire, i commercialisti italiani di sicuro non si tireranno indietro, consapevoli per altro che l’aiuto che possono dare in una materia come il fisco è assai maggiore dei benefici che possono riceverne in cambio.

Basti pensare, ad esempio, cosa è avvenuto quando è stata introdotta l’attestazione obbligatoria, da parte dei commercialisti, delle dichiarazioni IVA delle imprese ai fini della utilizzabilità in compensazione dei relativi crediti: un giochetto che, cifre alla mano fornite dall’Agenzia delle entrate, ha fruttato allo Stato circa 6 miliardi di euro di minori indebite compensazioni, senza scioperi o altre forme di protesta clamorose da parte di chi, nella sostanza, veniva ad essere gravato di una responsabilità in più senza costi per lo Stato.

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