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OPINIONI

Per il ritardo nei pagamenti del pubblico esiste già la norma per limitare i danni

Dal 1° gennaio 2011, il DL 78/2010 consentirebbe la compensazione tra crediti e cartelle esattoriali, ma mancano ancora i decreti attuativi

/ Marco CRAMAROSSA

Martedì, 7 febbraio 2012

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Pubblichiamo l’intervento di Marco Cramarossa, Presidente dell’UGDCEC di Bari e Trani.

In momenti difficili come quelli che il nostro Paese sta attraversando, è pressoché improbabile, se non impossibile, pensare di poter chiedere qualcosa ad una “balia asciutta”.

Se questo è vero, è però anche vero che ci sono norme esistenti nel nostro ordinamento che, da una parte, non trovano applicazione per la mancata adozione di decreti attuativi e, dall’altra, avrebbero bisogno di una significativa rivisitazione, proprio alla luce del periodo critico che molte grandi, medie e piccole imprese stanno attraversando.
Il riferimento è al DL n. 78/2010 che, con decorrenza dal 1° gennaio 2011, aveva previsto che “i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo”.

Lo scambio tra le cartelle esattoriali e i crediti vantati dai fornitori della Pubblica Amministrazione non è mai stato reso operativo per la difficile – pare – istruttoria del provvedimento d’attuazione legata alla complessa riorganizzazione amministrativa che dovrebbe comportare e, neanche a dirlo, per gli indubbi problemi di copertura finanziaria.

Bene, anzi male. Innanzitutto, la critica andrebbe mossa all’origine nei confronti della norma. È già deprecabile in partenza che lo scambio tra crediti e debiti debba essere riservato alla fase “patologica” dell’iscrizione a ruolo e non anche al momento “fisiologico” del versamento nei termini o mediante l’utilizzo del ravvedimento operoso, ma tant’è. Sarebbe difficile oggi chiedere l’estensione della norma in una direzione omnicomprensiva; relativamente più facile, invece, è chiedere sia l’adozione urgente dei mancanti decreti attuativi, sia il collegamento e coordinamento della norma in parola con altre disposizioni, le quali – pienamente efficaci – hanno davvero il sapore della beffa dopo il danno.

Sembra per caso normale, in un Paese civile, che un’impresa in difficoltà per carenza di liquidità imputabile ai ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione debba vedersi addebitare i reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter del DLgs. n. 74/2000? Non è forse paradossale che quelle imprese non solo non possano liberamente fruire del denaro che spetterebbe loro di diritto, ma che, altresì, non essendo il medesimo nella loro legittima disponibilità, non possano utilizzarlo per versare, o al limite compensare sotto forma di credito, le ritenute certificate o l’imposta sul valore aggiunto?

A ben poco servirà l’agevolazione introdotta dall’art. 1 del DL 201/2011

In un vortice di cui non si intravede la fine, a queste imprese continuiamo sempre a chiedere di produrre il DURC.
Liberalizzazioni? Ma non scherziamo: l’unica cosa che veramente sarebbe degna di questo nome, tanto per iniziare, potrebbe essere l’eliminazione di questo vincolo per consentire il libero e autonomo utilizzo, da parte dei soggetti, di ciò che per diritto è già loro.

E sempre queste imprese cosa dovrebbero farsene dell’agevolazione dal sapore di succo di frutta disposta dal Governo Monti? Risparmiare in termini di minori imposte che avranno comunque difficoltà, poi, a versare in tutto o in parte? In generale, quante potranno essere le aziende agevolate e sfiorate dal soffio dell’art. 1 del DL 201/2011 per gli incrementi patrimoniali realizzati dal 2011 in poi?
Va bene che l’ottimismo è il profumo della vita, diceva qualcuno, però una sana dose di realismo ogni tanto non guasterebbe.

Mi fermo qui perché non vorrei rubare il lavoro alle associazioni sindacali rappresentative del mondo imprenditoriale, forse alcune di esse oggi troppo occupate nel pensare a come sfrondare, se non proprio eliminare, i controlli nelle società di capitali.
I dottori commercialisti sono da sempre vicini alle imprese, conosciamo le loro problematiche, i difetti che censuriamo e i pregi che invece esaltiamo, siamo da sempre l’anello di congiunzione tra il mondo imprenditoriale e le istituzioni. Continueremo, nonostante tutto, a svolgere questa nostra funzione di pubblica utilità, perché è connaturata alla nostra professione.

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