Onere della prova invertito se il professionista si riconosce debitore per un importo determinato
La Cassazione, nell’ordinanza n. 28448, pubblicata ieri, ha fornito alcune precisazioni con riguardo alla portata della nozione di ricognizione del debito di cui all’art. 1988 c.c. Tale disposizione stabilisce che la ricognizione di debito (al pari della promessa di pagamento) dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza si presume fino a prova contraria.
Per la Suprema Corte, laddove il debitore si spinga a riconoscere non solo l’esistenza di un debito in relazione a un determinato rapporto, ma anche il relativo ammontare, il creditore destinatario della ricognizione è dispensato dal fornire la prova sia del “titolo” del suo credito, ossia del rapporto da cui esso trae origine, sia del quantum della pretesa. Applicando tale principio, è stato esonerato dall’onere di provare l’ammontare del proprio credito il cliente di un professionista che si era riconosciuto debitore nei confronti del primo, in conseguenza di errori commessi nell’espletamento del mandato professionale, per un importo specificamente determinato.
Con l’occasione, la Cassazione ha altresì rimarcato la differenza tra la ricognizione di debito (e la promessa di pagamento) e la confessione, sottolineando che, mentre la prima consiste in una dichiarazione di volontà volta a impegnare l’autore della ricognizione (o il promittente) all’adempimento di una specifica prestazione, la seconda si sostanzia nella dichiarazione di fatti sfavorevoli al dichiarante e, quindi, ha il contenuto di una dichiarazione di scienza.