Non ha natura tributaria il «raffreddamento» della rivalutazione delle pensioni
Con la sentenza n. 167/2025, la Corte Costituzionale ha affermato che il meccanismo di “raffreddamento” della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici superiori a quattro volte il minimo INPS (art. 1 comma 309 della L. 197/2022) non introduce un prelievo di natura tributaria.
In particolare, la questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, con l’ordinanza n. 76/2025, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.: il rimettente aveva dubitato della compatibilità della disposizione censurata con i principi di eguaglianza tributaria, di ragionevolezza e temporaneità delle misure eccezionali.
La Consulta, nel dichiarare non fondata la questione (cfr. anche Corte Cost. n. 19/2025), chiarisce, tra le altre cose, come la norma censurata miri a conseguire un risparmio sulla spesa pensionistica e non anche a produrre un effetto tipico delle fattispecie tributarie, consistente in un incremento di risorse destinato a finanziare direttamente pubbliche spese.
La Corte, quindi, conclude, con un invito al legislatore affinché in futuro:
- si tenga conto degli effetti prodotti dalla disposizione in esame, nel regolare la portata di eventuali successive misure che incidano sull’indicizzazione dei trattamenti pensionistici;
- il regime ordinario di rivalutazione automatica delle pensioni venga interessato con prudenza da cambiamenti improvvisi, che possano incidere in senso negativo sui comportamenti di spesa delle famiglie;
- venga adottato un approccio regolato diversamente rispetto ai pensionati soggetti al sistema contributivo, quest’ultimo caratterizzato dalla “tendenziale corrispettività tra provvista finanziaria (il cosiddetto montante) e misura del trattamento previdenziale liquidato” (cfr. Corte Cost. n. 94/2025).
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