Il prestanome non risponde dei reati tributari solo se è privo di possibilità di ingerenza nella gestione
In tema di reati tributari, il prestanome non risponde dei delitti in materia di dichiarazione previsti dal DLgs. 74/2000, solo se è privo di qualunque potere o possibilità di ingerenza nella gestione della società (Cass. n. 47110/2013).
Così, nella sentenza n. 8141 depositata ieri dalla Cassazione, è stata confermata la condanna per il reato previsto dall’art. 4 del DLgs. 74/2000 nei confronti di alcuni amministratori di società considerati quali “teste di legno” rispetto a un amministratore di fatto che aveva organizzato un meccanismo illecito per l’evasione fiscale.
Nel caso di specie, non emergeva affatto l’assenza di ogni possibilità di ingerenza nella gestione, che, in verità, per i ricorrenti si esplica innanzitutto nel potere di sottoscrizione delle dichiarazioni annuali, di fatto esercitato. Anzi, la fattiva e consapevole compartecipazione di costoro al fatto illecito viene affermata sottolineando la facilità dell’esercizio di un dovere di vigilanza da parte dei rappresentanti legali di società alquanto piccole, la sottoscrizione delle dichiarazioni correlate alla carica rivestita, nonché del contratto di cash pooling.