Vi spiego perché mi sono opposto al contributo di solidarietà
Caro Direttore,
ho letto su Eutekne.info gli interventi di Giovanni Gasparoni e di Riccardo Losi in tema di previdenza.
Sono uno di quei soggetti – secondo Riccardo Losi forse neppure da considerarsi colleghi – che si sono opposti all’imposizione del “contributo di solidarietà”, nonostante abbiano beneficiato di un sistema pensionistico assai più favorevole di quello attuale. In più, ho ricoperto per molti anni cariche istituzionali.
Spiego i motivi per i quali io mi sono opposto a quel prelievo, che a mio parere costituiva (e costituisce) un sopruso, per di più dissimulato con l’ipocrita etichetta di “solidarietà”, chiarendo subito che si tratta di motivi etici e non egoistici.
La solidarietà è – come tutti sappiamo – un sentimento e un conseguente comportamento volontario, che presuppone l’adesione spontanea di chi desidera aiutare, nella misura che la sua coscienza gli suggerisce e le sue disponibilità gli consentano (eventualmente anche solo a parole), chi sia vittima di un sopruso o si trovi per qualche motivo in difficoltà.
Cosa diversa è la riduzione della pensione maturata, che in quanto disposta senza tutte le garanzie di necessità e di efficacia che la legittimano formalmente e sostanzialmente, deve ritenersi – ed è stata ritenuta – illegittima.
Ancora più scorretta – a mio parere – è stata la definizione di “contributo di solidarietà”, che da una parte ha presentato la decurtazione come volontaria e doverosa, riducendo con questo espediente psicologico la possibilità di proteste o richieste di approfondimento degli interessati; dall’altra, l’ha imposta come obbligatoria, senza alcun serio collegamento tecnico alla situazione patrimoniale attuale e prospettica della Cassa, né tantomeno con un controllo da parte di organismi indipendenti di vigilanza. Se si parla soltanto di solidarietà, perché un giorno non estenderla – magari obbligatoriamente – agli iscritti alla Cassa Ragionieri, il cui futuro pensionistico è certamente assai meno roseo di quello dei nostri giovani?
L’impostazione volutamente ambigua è quella che tuttora consente alla Cassa di indicare ai giovani colleghi il rifiuto di una scelta ritenuta scorretta come un atto di egoismo, e come concausa delle difficoltà che riguardano le giovani generazioni. E questo nonostante l’importo del “contributo” sia stato dalla stessa Cassa definito come simbolico, quindi di fatto ininfluente.
È infatti evidente – e chiunque sia dotato di capacità critica lo dovrebbe capire – che il contributo, definito “simbolico” dagli stessi colleghi che criticano la scelta di opporsi al comportamento della Cassa, non ha alcun impatto di qualche rilevanza sulla gestione dei fondi previdenziali: il totale dei contributi “di solidarietà”è di €m 4.800 su €m 485.700 di contributi complessivi.
Tale ambigua impostazione serve, invece, come si può constatare, per indicare un “nemico” sul quale scaricare almeno in parte le preoccupazioni dei giovani per una copertura previdenziale insufficiente.
Leggo nella Relazione degli Amministratori sulla Gestione al bilancio 2009 che, nella delibera dei Delegati e nell’autorizzazione dei Ministeri vigilanti, è stato correttamente usato il termine “contributo integrativo” anziché quello fuorviante e non tecnico di “contributo di solidarietà”. Leggo anche, però, che il Ministero ha concesso il mantenimento del contributo pur “non rilevandosi i presupposti di squilibrio nel lungo periodo tali da giustificare il suddetto aumento”: in poche parole è ovviamente utile, ma non necessario. Il che conferma la sostanziale irrilevanza del contributo imposto.
Spiegati i motivi per i quali mi sono opposto all’imposizione della Cassa – sicuramente non egoistici, come d’altronde ben sa chi conosce la mia partecipazione alla vita della categoria – ho deciso, per quanto possa interessare, che non farò ricorso contro la proroga per il prossimo triennio. Essendo stata riconosciuta l’illegittimità della richiesta dalla Corte di Cassazione ora accetto il contributo per mia libera scelta, e non per illegittima imposizione.
Nei prossimi anni quindi verserò volontariamente alla Cassa un vero simbolico contributo “di solidarietà”, ribadendo che è pericoloso e fuorviante mescolare la beneficenza con gli obblighi e i doveri.
Lino De Vecchi
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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