Previdenza: occorre puntare sulla progressività del contributo integrativo
Egregio Direttore,
da giovane collega quale sono, seguo con crescente disagio il dibattito attorno alla sostenibilità del nostro sistema pensionistico.
È inutile sottolineare come ogni posizione sia, dal proprio punto di vista, giustificata.
Da un lato, i “vecchi” colleghi, prossimi alla pensione, mal digeriscono un sistema che non assicuri loro le laute pensioni del sistema retributivo, e non vedono di buon occhio misure quali il contributo di solidarietà, sul quale, ad essere onesto, non posso che capire la loro posizione.
Dall’altro, noi “giovani” non possiamo che vedere la contribuzione professionale semplicemente come una tassa. È difficile farci credere che in realtà essa sia un “salvadanaio” per la nostra vecchiaia: consapevoli dei tassi di sostituzione che ci si prospettano, ormai non possiamo che considerare la contribuzione professionale “un investimento in perdita”.
Ci si accusa di miopia quando si rileva come siano soprattutto i giovani a versare solo il 10% del contributo soggettivo. A tale accusa rispondo che chi sostiene questa tesi è affetto da volontaria cecità. Sarebbe opportuno controllare quale sia il reddito medio di “questi giovani egoisti”, soprattutto alla luce delle prospettive che abbiamo di fronte.
C’è qualcuno di tanto ipocrita che vuole ancora credere che il modello di Modigliani sia valido? Davvero c’è ancora qualcuno che crede che, nella situazione attuale, la percentuale di risparmio (potenziale) a disposizione dei giovani sia superiore a quella degli anziani?
Questa situazione estremamente grave non coinvolge solo la Cassa dei dottori commercialisti (e le pensioni dei ragionieri), ma è un male che affligge il sistema Paese.
Un sistema pensionistico si regge, banalmente, se e solo se chi contribuisce versa più di quanto si spende.
Se però questo non può accadere, il meccanismo collassa.
Se si vuole veramente creare un sistema che sia in grado di reggersi e funzionare anche in futuro – non solo quel tanto che basta per mantenere i prossimi 10/15 anni che si prospettano ai neopensionati – occorre che anche il sistema della contribuzione capisca che senza un incentivo professionale per i giovani non c’è futuro, e nemmeno per i vecchi.
Alla luce di ciò, Le lancio una proposta, tanto banale quanto di semplice attuazione, e “costituzionalmente” ispirata. Se, come dice l’art. 53 della nostra Costituzione parlando di tassazione, “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, perché non pensare anche a un sistema di contribuzione pensionistica “progressivo”, che favorisca il mercato rendendo più competitivi i giovani?
Basterebbe prevedere un contributo integrativo modulare, che cresca in funzione dell’età e del reddito dichiarato.
È essenziale operare sulla progressività del contributo integrativo, e non del contributo soggettivo, per favorire il mercato professionale. È il contributo integrativo che viene immediatamente percepito dal cliente, e rendendo più “cari” i professionisti già affermati rispetto a coloro che stanno entrando sul mercato si consentirebbe ai secondi di avere un reddito con il quale sostenere la pensione dei primi.
Temo, tuttavia, che toccare le rendite di posizione sia ancora un tabù in questo Paese.
Silvano Giorgi
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brescia
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