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LETTERE

Per un Fisco davvero «amico», tre domande al Direttore dell’Agenzia

Martedì, 9 agosto 2011

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Egregio Direttore,
ho sempre ritenuto che l’Agenzia delle Entrate, quale ente pubblico titolare del potere di accertamento e quindi di applicazione della legge tributaria, costituisse il braccio operativo dello Stato per l’applicazione corretta delle norme. Ciò discende, oltre che da ragioni di tale evidenza da non necessitare spiegazione ulteriore, anche dal preciso obbligo sancito dall’art. 97 della Costituzione, per il quale la Pubblica Amministrazione deve organizzarsi in modo imparziale.

Il “Fisco amico” da più parti invocato – anche dai vertici della stessa Amministrazione finanziaria – altro non è che un Fisco imparziale, dal quale ci si attende un’applicazione oggettivamente corretta e sostanziale delle norme, indipendentemente dal fatto che, nei casi concreti, tale applicazione procuri un aumento o una diminuzione del gettito erariale. In definitiva, il contribuente soggetto a verifica dovrebbe aspettarsi non solo di ricevere contestazioni per errori commessi in danno dell’Erario, ma anche rettifiche a proprio favore nel caso avesse commesso l’errore opposto.

La sensazione diffusa presso gli operatori, invece, è che l’Agenzia sia semplicemente a caccia di nuove entrate, avendo quale unico obiettivo quello dell’incremento del gettito. Molto spesso sono gli stessi verificatori a confidare a parole (ma ovviamente mai ufficialmente) che una verifica deve “per forza” chiudersi con dei rilievi per giustificare il tempo perso. Del resto, i risultati si vedono: le statistiche del contenzioso tributario (in sede di Commissioni Tributarie Regionali) rese note dalla stessa Agenzia per il 2009 evidenziano come gli accertamenti impugnati siano totalmente errati nel 46,62% dei casi e parzialmente errati nel 9,61% dei casi. Il che porta a un tasso di presenza di errori del 56,23%.

C’è da chiedersi se una buona parte di quei casi potessero essere evitati semplicemente operando con la normale imparzialità di giudizio che un professionista “deve” avere.
La nostra impressione è che la risposta sia positiva. Risulta infatti da un sondaggio informale svolto nell’ambito della Commissione di Diritto Tributario Nazionale dell’Ordine di Milano che, alla domanda “quanti accertamenti di cui hai avuto conoscenza contengono rilievi totalmente infondati?”, i colleghi, benché non tenuti dalla Costituzione ad essere imparziali, abbiano sostanzialmente risposto “circa il 50%”, cioè una percentuale assolutamente compatibile con gli esiti del contenzioso.

Sembra proprio che l’Agenzia attualmente si comporti non come “primo giudice imparziale”, e quindi amico degli onesti e nemico dei disonesti, ma piuttosto veda in chiunque eserciti un’attività autonoma d’impresa un evasore nemico dello Stato, senza distinguere tra errori formali ed errori sostanziali, vedendo l’evasione ovunque, anche laddove evasione non c’è. Ed è assai probabile che questo atteggiamento nasca da un grossolano errore d’impostazione: la convenzione tra Agenzia delle Entrate e Ministero dell’Economia prevede precisi budget (annualmente in puntuale rialzo) in termini di evasione contestata, come se fosse una colpa per l’Agenzia imbattersi in un contribuente onesto.

A cascata, la convenzione provoca la determinazione di analoghi “obiettivi di recupero” su tutti i funzionari, che quindi si sentono altrettanto “in colpa” quando non riescono a muovere contestazioni. Meccanismo oltremodo perverso, perché il contribuente onesto (cioè come minimo il 46,62% di quelli che hanno impugnato avvisi di accertamento) che si vede contestare comunque qualcosa viene “spinto” a commettere appositamente dei “risparmi d’imposta” in modo da dare il giusto contentino ai verificatori del Fisco.

Per comprendere meglio se quanto sopra ipotizzato corrisponde al vero, ci permettiamo di rivolgere tramite il vostro giornale le seguenti tre domande al Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera:
- qual è la percentuale dei contratti di cessione d’azienda registrati per i quali l’Agenzia non ha mosso contestazioni sul valore?
- qual è la percentuale di casi in cui, durante le verifiche ai contribuenti, siano emersi rilievi negativi recanti una diminuzione delle imposte dovute?
- come viene premiato il verificatore scrupoloso che si imbatte in un contribuente onesto cui non ha nulla da contestare?

Nell’attesa delle risposte, cito una frase contenuta in una lettera speditami dal “Companies House” britannico (l’equivalente della nostra Camera di Commercio) in occasione di una nomina come componente di consiglio di amministrazione di una società inglese. Nel darmi atto della nomina, terminava così: “I would like to congratulate you on your new appointment. Company directors fulfil a vital role in business and I would like to wish you and your company every success in the future”.


Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano

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