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EDITORIALE

Questa volta vincono i commercialisti italiani

/ Enrico ZANETTI

Mercoledì, 17 agosto 2011

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Accesso alla professione libero da restrizioni numeriche e geografiche; obbligo per legge di formazione continua con corredo di sanzioni espressamente previste; tirocinio professionale già durante gli ultimi anni dell’università ed espressa previsione del diritto del tirocinante ad un equo compenso; piena derogabilità dei minimi tariffari; obbligo di copertura assicurativa per danni da responsabilità professionale; netta separazione tra funzione amministrativa di gestione dell’Albo e funzione disciplinare; piena libertà di pubblicità: questi i sette punti elencati dal comma 5 dell’art. 3 del DL 138/2011 a cui tutti gli ordinamenti professionali dovranno conformarsi entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto.
Il tutto “fermo restando l’esame di Stato di cui all’art. 33 co. 5 della Costituzione per l’accesso alle professioni regolamentate”.

Per chi anelava a trasformare la crisi nella “opportunità” per fare piazza pulita del sistema ordinistico italiano, una sconfitta bella e buona.
Poche soddisfazioni anche per chi, più chirurgicamente, si sarebbe accontentato di veder sparire l’esame di Stato per i soli dottori commercialisti ed esperti contabili, come prevedeva il testo, alternativo a quello poi inserito in manovra, veicolato in CdM, a quanto pare, dal Ministero dell’Economia.
Masticano amaro, però, anche le componenti più retrive del mondo delle libere professioni, quali oggettivaente sono, ad esempio, alcuni settori dell’avvocatura, perché di liberalizzazioni vere ce ne sono, a cominciare da quella sulla piena derogabilità dei minimi tariffari.
Mentre notai e farmacisti, gli unici per i quali il principio che vieta restrizioni numeriche e geografiche può avere un significato concreto, possono tutto sommato ritenersi soddisfatti dall’espressa previsione della derogabilità del medesimo laddove sussistano ragioni di interesse pubblico.

I veri vincitori di questa delicatissima partita sembrerebbero, una volta tanto, i commercialisti.

La linea seguita dal Consiglio nazionale ha pagato

La linea di difesa “senza se e senza ma” del sistema ordinistico e di ciò che è il suo fondamento, l’esame di Stato, abbinata a una disponibilità molto ampia e senza preclusioni a discutere di liberalizzazioni mirate su specifici punti dei singoli ordinamenti professionali, presentava innegabili rischi: da un lato, verso l’esterno, rischiava di accomunare i commercialisti agli Ordini più conservatori; dall’altro, verso l’interno, rischiava di isolare i commercialisti dal resto di un mondo ordinistico assai meno disponibile a cedere anche su singoli punti.

Alla fine, però, questa linea del Consiglio nazionale della categoria ha pagato e ripagato: il sistema ordinistico non è in discussione, non lo sono nemmeno singole professioni e, last but not least, gran parte delle novità che dovranno essere recepite dagli ordinamenti tali non sono per i commercialisti (l’obbligo di formazione continua, la derogabilità dei minimi tariffari e la libertà di pubblicità); oppure, pur essendo tali, rispondono ad espresse sollecitazioni che da tempo muoveva la categoria stessa (obbligo di assicurazione professionale).
Non mancano i motivi di soddisfazione anche per i giovani: quella del riconoscimento espresso del diritto al compenso per i tirocinanti è una battaglia storica dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili che trova in questo decreto il proprio coronamento.

Un discorso a parte va fatto per la previsione della netta separazione che dovrà esservi negli ordinamenti professionali, tra Consigli locali e nazionali degli Ordini così come oggi li conosciamo e futuri appositi organismi locali e nazionali per l’amministrazione dei profili disciplinari, con tanto di espressa incompatibilità tra la carica di componente dei primi e dei secondi.
L’obiettivo del legislatore pare quello di scindere un ruolo, che viene evidentemente visto con forti implicazioni di rappresentanza, da quello di gestione della disciplina sui propri rappresentati.
Così a caldo, è difficile dire se questa scelta produrrà concreti effetti positivi sulla gestione della disciplina da parte dei nuovi organismi dedicati, ma è invece sin troppo facile prevedere che accentuerà ulteriormente la vocazione di rappresentanza sostanzialmente sindacale degli iscritti da parte dei consigli “de-disciplinarizzati”.
Per valutare se ciò possa rappresentare per le libere professioni un’opportunità, oppure un rischio, sarà il caso di fare un’adeguata riflessione al riguardo da parte di tutti gli addetti ai lavori.

Intanto, da liberi professionisti e ancor più da commercialisti, festeggiamo per un attimo, senza eccessi e trionfalismi, quello che è oggettivamente un risultato positivo, tanto più perché raggiunto nell’ambito di una manovra che, da padri e cittadini, può vederci soltanto sconcertati ed arrabbiati.

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