Se dopo la disciplina tolgono agli Ordini anche la tariffa
La scadenza che il Governo si è dato per il primo round di liberalizzazioni è il 20 gennaio, ma già da un paio di giorni circolano le prime bozze di decreto.
Tra i settori interessati anche quello delle professioni, nonostante solo pochi mesi fa siano già stati fissati i principi della riforma degli ordinamenti professionali che dovrà essere inderogabilmente attuata entro il prossimo 13 agosto 2012.
Nel dettaglio, la bozza prevede, indistintamente per tutte le professioni, l’abrogazione tout court delle tariffe, l’obbligo deontologico di rilasciare alla clientela un preventivo scritto e ulteriori disposizioni finalizzate ad agevolare l’espletamento del tirocinio già nel corso degli ultimi due anni di università; inoltre, con specifico riferimento a farmacisti e notai, prevede l’aumento dei rispettivi contingenti numerici.
L’impressione è quella di un testo ancora molto grezzo e poco meditato.
Basti pensare che, nella parte in cui prevede l’obbligo di indicazione, nel preventivo scritto, della scadenza e del massimale dell’assicurazione professionale, la bozza specifica un “se stipulata” decisamente poco coordinato rispetto allo specifico obbligo di contrarre apposita assicurazione professionale che tutti gli ordinamenti dovranno prevedere entro il prossimo 13 agosto, ai sensi dell’art. 3 del DL 138/2011, convertito nella L. 148/2011.
Pare invece evidente la volontà di superare uno degli altri principi della riforma degli ordinamenti professionali che sono stati fissati in quella stessa legge, ossia quello relativo alle tariffe professionali.
Si passerebbe infatti da una logica di piena derogabilità delle tariffe (ferma restando però la loro applicazione in caso di mancato accordo tra le parti e di prestazioni rese a favore della pubblica amministrazione o nell’interesse di terzi), alla logica della loro abrogazione tout court e, in caso di mancato accordo tra le parti, della quantificazione del compenso da parte del giudice secondo equità, senza obbligo alcuno di sentire il parere dell’associazione professionale cui il professionista appartiene.
Se così sarà, cascheranno le braccia pure a noi che mai abbiamo difeso l’inderogabilità dei minimi tariffari, nonostante sussistano argomentazioni più che valide per farlo.
Perché, a questo punto, non abroghiamo tout court anche i contratti collettivi di lavoro dipendente?
Datore e dipendente contrattano e poi, se non si trovano a un certo punto d’accordo, vanno dal giudice che decide secondo equità.
Facile immaginare la replica: il lavoratore dipendente è una parte debole che deve essere tutelata.
Forse che un libero professionista è la parte forte, quando la sua controparte è un’azienda che fattura cento, mille o diecimila volte più di lui, una banca o una pubblica amministrazione?
La cosa più stupefacente è però la disinvoltura con cui, a corredo del passaggio dalla logica della derogabilità a quella dell’abrogazione delle tariffe, la bozza di provvedimento determina anche il passaggio dalla facoltà di preconcordare per iscritto il compenso, andando appunto anche in deroga ai minimi tariffari, all’introduzione di uno specifico obbligo deontologico (in quanto tale suscettibile di sanzione disciplinare) di preconcordare per iscritto il compenso.
In altre parole, l’estensore della bozza pare:
- da un lato, preoccupato di garantire che un commercialista, un consulente del lavoro, un avvocato, un architetto o un altro libero professionista contratti il corrispettivo delle proprie prestazioni in un contesto di libero mercato “non inquinato” da tariffe, nemmeno a livello di mero riferimento derogabile;
- dall’altro, però, fermamente intenzionato a non consentirgli di accordarsi sul compenso a voce o con una stretta di mano, ove preferisse farlo, non fosse altro che per semplicità operativa, perché altrimenti scatta l’illecito disciplinare.
C’è più di una vena di schizofrenia in tutto ciò.
Quello che è certo è che, se questo ulteriore tassello dovesse davvero aggiungersi a quelli già previsti dalla riforma degli ordinamenti professionali, diventerebbe davvero arduo per alcuni Ordini, tra cui quello dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, spiegare, senza una tariffa da gestire e spossessati, con tanto di espressa incompatibilità, della funzione disciplinare, quale sarebbe esattamente la loro funzione.
Organizzare convegni?
Il rischio concreto è batterci fino all’ultimo per tenere in piedi le mura della nostra casa e scoprire poi che i “nemici all’esterno” non le hanno abbattute solo perché gli è tornato comodo trasformarle nelle mura della nostra prigione.
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