Per mettere bollini blu bisogna prima averli
Caro Direttore,
si è parlato in questi giorni di “bollini blu” da esporre quale simbolo di correttezza fiscale. Una proposta sulla quale si potrebbe convenire, a condizione che il soggetto che rilascia il “bollino blu” abbia a sua volta un “bollino blu” da esibire. Se invece tale soggetto fosse un tantino “allegro”, il “bollino blu” sarebbe rilasciato solo sulla base del caso: chi viene verificato non ce l’avrebbe, mentre chi non viene verificato lo avrebbe.
Per spiegare il concetto, richiamo le statistiche sul contenzioso tributario, esaminando quelle pubblicate dal MEF – Relazione di monitoraggio sullo stato del contenzioso tributario 2010. Nel 2010 sono stati presentati 290.000 ricorsi (negli Stati Uniti, sono 36.000; in Germania 60.000, dei quali solo 3000 finiscono in appello). A pagina 76 si legge: “Presso le CTP si evidenzia una percentuale di successo degli enti impositori del 40,01% contro il 36,08% di successo del contribuente. Limitando, tuttavia, l’analisi ai ricorsi definiti con una decisione di merito (cioè escludendo gli innammissibili, ndr), il contribuente registra una percentuale di successo superiore a quella degli uffici: 47,76% conto il 39,02%”. A pagina 77, commentando i dati delle CTR, si legge: “Nel secondo grado di giudizio, si evidenzia una percentuale di successo per il contribuente superiore a quella degli Enti impositori, sia in generale che nei giudizi di merito”. In buona sostanza – e al netto degli errori procedurali – un accertamento impugnato è più probabilmente sbagliato che giusto. Questo secondo le statistiche e i commenti rilasciati non dal sottoscritto, ma dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Se il contenzioso riguardasse pochi casi, tali percentuali sarebbero assolutamente accettabili: Agenzia e contribuente applicano sostanzialmente in modo corretto le norme e finiscono per litigare laddove la questione sia obiettivamente incerta.Dovremmo pero’ avere, che so, qualche migliaio di casi l’anno. Qui invece parliamo di 300.000 atti impugnati l’anno. Al netto delle domeniche (e non dei sabati), significa che ogni giorno l’Amministrazione finanziaria emette 1.000 provvedimenti che verranno impugnati, la maggior parte dei quali saranno giudicati errati (o illeciti?).
Qualcosa non va, evidentemente.
Se l’Amministrazione avesse un atteggiamento davvero imparziale, difficilmente sbaglierebbe così tanti provvedimenti. Ciò vorrebbe dire che la qualità dei suoi funzionari è così bassa che dovrebbe sostituirne almeno la metà.
In realtà, la qualità dei funzionari non è da discutere: è la “missione” che va rivista. L’onere dell’imparzialità dell’azione amministrativa, fissato lapidariamente dall’art. 97 della Costituzione, assegna all’Amministrazione finanziaria un importante vantaggio competitivo rispetto al contribuente: quando sbaglia non paga. Questo vantaggio è concesso nel presupposto che l’Amministrazione non sbagli “quasi mai”, nel fondamento che “non ha alcun interesse diretto ad accertare più del dovuto”.
Se però la missione fosse un’altra, ad esempio quella di contestare tutto il contestabile, senza timore di perdere quando si ha torto, senza considerare alcun disincentivo per il funzionario che emette accertamenti sbagliati, si perderebbe l’imparzialità. L’Amministrazione perderebbe la sua “supremazia” dell’essere il motore di un’azione imparziale (contro il cittadino disonesto ma a favore del cittadino onesto), per scadere in un organo di parte (l’avvocato dell’Erario che fa bene il suo mestiere soprattutto quando vince un contenzioso che in sostanza avrebbe dovuto perdere).
Non sarei personalmente contrario ad un’evoluzione di tipo privatistico di questa funzione erariale al di fuori dell’imparzialità; ma, se si vuol mettere tale funzione pubblica sullo stesso piano di quella privata, occorre farlo fino in fondo, applicando a carico dell’Amministrazione le stesse sanzioni che vengono contestate al contribuente ogni qual volta il rilievo venisse annullato o un rimborso confermato.
Infine un’ultima considerazione. L’Agenzia delle Entrate valuta positivamente il fatto che essa vinca proporzionalmente di più quando gli importi contestati sono più elevati (il che risulta dalle sue statistiche, ma non è contemplata in quelle del MEF). Io ne traggo la conclusione esattamente opposta: il fatto che l’Agenzia perda più facilmente i contenziosi più piccoli sta a dimostrare che “se la prende di più” con i più deboli, mentre è più cauta con i più grossi.
Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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Caro Collega,
il tuo contributo è davvero molto interessante e talmente ricco di spunti e di numeri che alcuni abbiamo dovuto sacrificarli per ragioni di spazio, ma sarà un piacere dartene ancora e, soprattutto, rilanciare insieme a te queste riflessioni all’attenzione del dibattito generale.
Enrico Zanetti
Direttore Eutekne.Info
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