ACCEDI
Domenica, 22 giugno 2025

EDITORIALE

Dalle Sezioni Unite la rivincita dei commercialisti

/ Enrico ZANETTI

Sabato, 24 marzo 2012

x
STAMPA

download PDF download PDF

Le condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti integrano il reato di esercizio abusivo delle professioni di dottore commercialista e di esperto contabile se svolte, da chi non sia iscritto al relativo Albo professionale, in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le apparenze di una tale iscrizione.

Chi lo dice?
La Cassazione e, per giunta, a Sezioni Unite (si veda “Linea dura sull’esercizio abusivo della professione” di oggi).
E adesso come la mettiamo?
Il ragionamento della Suprema Corte è ineccepibile.

La tenuta di contabilità e l’assistenza negli adempimenti tributari non sono attività esclusive dei commercialisti; sono però attività che, in quanto normativamente tipiche dei commercialisti, possono essere svolte soltanto da loro (e dagli iscritti ad altri Albi le cui leggi ordinamentali le dovessero contemplare) come attività abituale, organizzata e retribuita.

In altre parole, se il primo “signor Rossi” che passa non può redigere in nessun caso un atto di costituzione di srl, neppure se è lui stesso l’unico socio, perché è un’attività esclusiva dei notai, egli può invece tenere contabilità, presentare dichiarazioni fiscali e può magari farsi pure pagare, perché queste non sono attività esclusive dei commercialisti.
Tutto questo, però, a patto che il “signor Rossi” rimanga in un contesto di attività occasionale non organizzata.
Se invece il “signor Rossi” ci prende gusto e, senza essere iscritto all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili o ad altri albi che contemplino queste attività tra quelle caratterizzanti la professione, comincia a svolgere le in modo continuativo, organizzato e retribuito, ecco allora che, per la Cassazione a Sezioni Unite, si integrano gli estremi della violazione penale consistente nell’esercizio abusivo della professione.

Che succederà ora?
È un fatto che questa sentenza della Cassazione a Sezioni Unite espone a oggettivi quanto seri rischi penali tutti coloro che, senza iscrizione all’Albo, hanno uno studio da tributarista o rivestono la carica di amministratore in società o associazioni che svolgono queste attività in modo continuativo, organizzato e retribuito.
A pensar male, c’è da supporre l’esistenza di una stretta connessione tra gli incredibili attacchi della scorsa estate finalizzati alla sostanziale cancellazione dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e i tempi di maturazione di questa sentenza così dirompente per tutti coloro che fanno i commercialisti senza esserlo.
Magari qualcuno, temendo lo tsunami in arrivo, potrebbe aver pensato che prevenire fosse meglio che curare.

Gli attacchi sono però stati rispediti al mittente e oggi, pur tra mille altre difficoltà a dir poco accerchianti, tocca ai commercialisti sorridere e trovare una risposta più convincente di altre al perché svolgere queste attività sotto l’egida dell’iscrizione a un Albo che, indubbiamente, è riconosciuto meno di quello che realmente meriterebbe di essere, ma, tutto sommato, vale di più di quanto certi masochismi interni vorrebbero dare ad intendere, talvolta con un’eterogeneità dei fini della peggiore specie.

In tutto questo, anche i detrattori dell’Albo unico dovranno ammettere che, senza il DLgs 139/2005, una pronuncia del genere non sarebbe mai arrivata: è la stessa sentenza della Cassazione a Sezioni Unite a sottolineare che, nella vigenza delle due leggi ordinamentali dei dottori commercialisti e dei ragionieri, le conclusioni sarebbero state opposte.

Come capitalizzare ora, dal punto di vista dei commercialisti italiani, questo piccolo tesoro che, tanto più in questi tempi grami, rappresenta oggettivamente questa sentenza a Sezioni Unite?
Una campagna per promuovere denunce penali a tappeto su tutto il territorio nazionale a prezzo di inimicarsi l’intera società civile e pagare poi con gli interessi la propria protervia?
Una francamente troppo nobile rinuncia preventiva a qualsiasi azione, nel nome di una convinta adesione alle logiche del libero mercato, per dare un fulgido esempio in un Paese in cui nessuno regala niente?
Uno “scambio di prigionieri” con Confindustria tra società di servizi e collegi sindacali?

Ecco qualcosa su cui non sarebbe male si sviluppasse un dibattito importante all’interno della categoria, tanto più tra coloro che ambirebbero a guidarla nei prossimi anni, a livello nazionale e a livello locale, negli Ordini o nei sindacati.
Lamentarsi, tra lo sterile e il patetico, quando non si ha in mano nessuna carta da giocare e nessuna soluzione da offrire, è molto facile.
Decidere come giocarsi le carte che ancora si hanno in mano, è tutta un’altra storia.
Unusquisque faber fortunae suae.

TORNA SU