Non è possibile ravvedere un omesso pagamento alla Cassa Dottori
Gentile Redazione,
in questo periodo di difficoltà, nel quale molti studi annaspano al fine di cercare (e forse trovare) una quadratura dei conti, nel quale ci scopriamo quotidianamente a combattere contro tutto e tutti, a cominciare dai clienti fino ad un’Amministrazione finanziaria che ci usa a proprio piacimento e a uno Stato feroce nel pretendere e dimentico nel concedere, ci si aspetterebbe un comportamento flessibile almeno da chi alimentiamo coi nostri versamenti, certo, pro domo nostra, ma anche pro domo loro.
Bene, nel momento in cui devo allo Stato, mi immagino che lo stesso sia assolutamente rigido e incurante di ogni giustificazione in merito al ritardo, nei versamenti, di anche un solo giorno e per un solo centesimo.
Ma se invece di dovermi porre, come commercialista, nei confronti della Pubblica Amministrazione, mi devo porre davanti alla mia Cassa, immagino che le cose possano essere diverse. Invece no!
Uno sprovveduto, quale io sono, si aspetterebbe che da parte dell’organo che rappresenta la previdenza e l’assistenza ai dottori commercialisti ci possa essere un minimo di elasticità nell’approccio alle situazioni che si verificano nei confronti dei propri iscritti, e non quella sordità e rigidità che da sempre, in Italia, contraddistingue la P.A.
Siamo sicuri? Forse non proprio. Bene, lo scorso anno ho liquidato le eccedenze contributive col SAT di novembre e, visti gli importi per me elevati, ne ho chiesto la rateazione. Nel corso del 2013, pressato da una crisi che ha comportato la chiusura dell’attività di molti clienti, da una scarsità di liquidità che mi ha messo in difficoltà con le banche, consapevole del dover riconoscere prima le imposte allo Stato, non ho pagato i miei contributi.
La scorsa settimana ho chiamato la Cassa, nelle more della nuova scadenza contributiva, chiedendo loro se potevo in qualche modo ravvedere l’omesso pagamento 2012, immaginando e confidando in un minimo “ascolto” da parte del funzionario che mi ha risposto.
Invece, nulla. Sordità, rigidità, indifferenza, incuranza assolute. Avessi chiamato l’Agenzia delle Entrate o Equitalia, sarebbe stata la stessa cosa, ma me lo sarei aspettato; chiamando la mia Cassa, sinceramente, no.
Mi è stato detto che ho già “goduto” dell’agevolazione del pagamento rateale: per questo motivo non mi viene concesso un ulteriore beneficio. Obiezione: ma se avevo chiesto il pagamento rateale, forse era perché ero in difficoltà.
La prossima volta non pagherò le tasse allo Stato, potendo, per assurdo, ravvederle o pagarle con sanzioni ridotte, mentre non posso ravvedere un omesso pagamento alla mia Cassa (entro un anno).
Una domanda mi è sorta: ma se non ci aiutiamo neppure tra di noi, come possiamo pretendere, immaginare, sperare che qualcun altro ci aiuti? Urliamo contro i comportamenti dell’Agenzia, la sua intransigenza e la sua arroganza e poi ci troviamo davanti agli stessi metodi perpetrati contro di noi da chi dovrebbe essere dalla nostra parte. Dovrebbe.
Come possiamo lamentarci dello Stato feroce, quando “noi stessi” ci comportiamo allo stesso modo nei confronti dei nostri colleghi? Parlo di noi stessi, perché la Cassa siamo noi!
Mi arriveranno i contributi con cartella da Equitalia con le sanzioni piene e maggiorate dei diritti di riscossione, con buona pace del bilancio della Cassa. Alla faccia di tutto il resto!
Homo homini lupus.
Io non ce la faccio più.
Lettera firmata
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