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Sul potere della CNPADC di cancellare dall’Albo per incompatibilità la Cassazione non decide

/ REDAZIONE

Mercoledì, 11 maggio 2016

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Sulla questione del potere, o meno, per la Cassa di previdenza dei dottori commercialisti, di verificare la regolarità dell’iscrizione o di adottare provvedimenti di cancellazione dall’Albo, oltre che di accertare la continuità dell’esercizio della professione, dovrebbero pronunciarsi le Sezioni Unite.
Con la sentenza n. 9489 di ieri, la Cassazione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di rimessione.

Secondo la Suprema Corte, infatti, la vicenda processuale nel caso di specie mette chiaramente in luce che, in materia, si confrontano due opposti orientamenti.

Per il primo di essi, alla Cassa Dottori è attribuito, dall’art. 22 della L. 21/1986, solo il potere di accertare la continuità dell’esercizio della professione e non anche quello di verificare la regolarità dell’iscrizione o di adottare i provvedimenti di cancellazione dall’Albo, che, invece, ai sensi dell’art. 34 del DPR 1067/1953, sono di competenza esclusiva del Consiglio dell’Ordine competente e, in virtù della gravità degli effetti, sono assistiti da specifiche garanzie.
Di conseguenza, è illegittimo il provvedimento di diniego della prestazione previdenziale richiesta adottato dalla Cassa per aver ravvisato una situazione d’incompatibilità idonea a determinare la cancellazione dall’Albo.

Per il secondo e antitetico orientamento, invece (Cass. n. 25526/2013, si veda “La CNPADC può verificare il legittimo esercizio dell’attività del commercialista” del 14 novembre 2013), la Cassa ha il potere di annullare i periodi contributivi durante i quali la professione sia stata svolta in situazione d’incompatibilità, anche se questa condizione non è stata preventivamente accertata e sanzionata dal Consiglio dell’Ordine.
Ciò poiché il potere di indagine riconosciuto alla Cassa, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 20 e 22, terzo comma della L. 21/1986, ha a oggetto non solo il fatto storico dell’esercizio della professione, ma anche, implicitamente e necessariamente, la sua legittimità.

Dopo aver dato conto di questi due indirizzi interpretativi contrastanti e delle loro argomentazioni, nella sentenza di ieri la Cassazione sottolinea che la questione è della massima importanza, dato che ha a oggetto la titolarità di un potere destinato a incidere su un diritto della persona costituzionalmente garantito, come il diritto alla previdenza ex art. 38 Cost.
Come anticipato, quindi, i giudici di legittimità hanno trasmesso gli atti al Primo Presidente perché appere necessario che sulla questione si pronuncino le Sezioni Unite.

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