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LETTERE

Lamentarsi non basta, dobbiamo reagire facendo sistema

Mercoledì, 22 giugno 2016

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Gentile Redazione,
“Se qualcosa non ti piace, cambiala. Se non puoi cambiarla, cambia il tuo atteggiamento. Non lamentarti”.
Non ci lamentiamo e basta: non serve a nulla, è necessario agire!

Le recenti vicende della proroga della scadenza per l’UNICO 2016 sono state l’occasione per una nuova levata di scudi di molti colleghi, portatori di una richiesta comune: ridiamo alla nostra professione la dignità che merita e che un tempo ha avuto. I social sono stati invasi di post, i giornali di articoli, le comunicazioni private sono state tutte caratterizzate da questa riflessione, senza distinzione alcuna di tipo generazionale o geografica. Giovani e meno giovani professionisti del Nord, del Centro o del Sud. Quindi nessun dubbio che si tratti di un nervo scoperto per tutti noi.

Il ruolo di commercialista è fondamentale nella società civile: siamo da sempre prevalentemente i garanti nei confronti dei cittadini di un Fisco equo e i garanti nei confronti del Fisco di una legalità da parte dei cittadini.
Per fare con passione il nostro lavoro abbiamo altissime qualità personali: pazienza, dedizione, nervi saldi, capacità di mediare, risolvere i problemi e tante altre che ci fanno ogni giorno scendere in trincea, nonostante tutto con il sorriso.

La domanda è dunque: perché? Perché non veniamo considerati? Perché la sensazione è che sopravviviamo, rischiando l’estinzione? In natura non si sopravvive se ci si isola e ci si estingue se non ci si adatta ai cambiamenti dell’ambiente circostante.

Allora forse è proprio qui il nodo.
E se fosse proprio che nei nostri elementi forti, autonomia e libertà individuale da un lato e competenze consolidate negli anni dall’altro, ci fosse anche la spiegazione del pericolo che corriamo?
Siamo capaci di fare squadra o siamo al contrario troppo individualisti?
Siamo capaci di trasformare il cambiamento che ci circonda in un’opportunità o restiamo chiusi nei nostri uffici, ancorati ad attività solo apparentemente più rassicuranti, ma in realtà sempre più ripetitive, spersonalizzanti e per le quali i nostri clienti sono sempre meno disponibili a pagarci?

Prima che questa malattia diventi irreversibile, bisogna reagire senza perdere ulteriormente tempo.
Una proposta semplice è riprendersi la nostra dignità tutti insieme: singoli colleghi, Commissioni di studio, Associazioni, Casse di previdenza, Ordini territoriali, Consiglio Nazionale.
Occorre fare sistema, ognuno all’interno del proprio ruolo, con dedizione, responsabilità, continuità, voglia di essere protagonisti e artefici del nostro futuro professionale non solo attraverso le nostre competenze.

Se si vuole proporre, occorre partecipare alla vita degli Ordini e delle Associazioni, portando le nostre idee e le nostre opinioni.

Gli Ordini non servono se li consideriamo figure astratte. Gli Ordini sono realtà viva se danno voce istituzionale a tutti i colleghi, alle loro necessità, ma anche alle loro proposte, interessi progetti.

Le Commissioni di studio sono il luogo per organizzare eventi formativi gratuiti, quaderni, documenti e altro materiale a beneficio di tutti, ma soprattutto per discutere e confrontarsi.

Le Associazioni a livello locale sono i sensori delle criticità della professione, se ne facciano portavoce con gli Ordini per portarle sui tavolo delle controparti istituzionali.

Le Casse di previdenza debbono garantire le prestazioni, tutelando in primo luogo il lavoro già difficile oggi di chi sarà pensionato domani.

Gli Ordini territoriali debbono ascoltare tutti gli iscritti dando voce a ciascuna istanza e fare rete tra di loro, instaurando uno scambio costruttivo. Inutile fare tutto tutti, se qualche cosa è già stato testato con successo altrove.
Il Consiglio Nazionale, da ultimo e per primo è chiamato a discutere in condivisione le priorità della professione, a riflettere e promuovere le prospettive di strategia, ascoltando le istanze degli Ordini locali e promuovendo un coordinamento proficuo.

Tutto il resto, dalla battaglia per il rispetto dello Statuto del contribuente all’esercizio del diritto di sciopero saranno scelte condivise e forti.
In sintesi, e consentendosi una battuta, come diceva Giorgio Gaber nel 1972, la libertà è partecipazione!


Roberta Zorloni
Segretario ODCEC Milano

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