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LETTERE

Prove di dialogo? Siciliotti: «Noi ci siamo»

Martedì, 13 settembre 2011

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Caro Direttore,
raccolgo volentieri la domanda-invito che hai posto al termine del tuo ultimo editoriale (si veda “Dopo la manovra è tempo di prove di dialogo” del 10 settembre 2011), per confermare la piena sintonia, mia personale e certamente non solo, con lo spirito che trapela da quelle righe.

Una delle cose in cui abbiamo sempre creduto è l’imprescindibilità, nell’interesse del Paese, di un confronto serrato tra vertici locali e nazionali dell’Amministrazione finanziaria e vertici locali e nazionali della professione che in assoluto di più interfaccia i cittadini con il Fisco, ossia quella dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Un confronto tra istituzioni con punti di vista diversi che possono vicendevolmente migliorarsi nella comprensione complessiva del pianeta Fisco e che, come abbiamo spesso ripetuto anche in pubbliche occasioni, non può certo ridursi a uno scontro tra ultras dell’Erario e ultras dei contribuenti.

In questi ultimi mesi, è indiscutibile che la situazione emergenziale in cui versano i conti pubblici e la conseguente tentazione per la politica, ancora maggiore che in passato, di percorrere la scorciatoia del recupero di gettito per sistemarli con minori sacrifici in altri settori, ha favorito l’emersione delle differenze nei punti di vista di partenza, piuttosto che le sinergie sui punti di vista d’arrivo.
L’eccezionalità della situazione è stata del resto ben rappresentata anche dai richiami, contro i rischi di derive di oppressione fiscale, di cui si sono resi artefici, con onestà intellettuale, lo stesso Ministro dell’Economia ed il Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Da parte nostra, le cose su cui di più, in assoluto, abbiamo ritenuto di far sentire chiara la nostra voce sono state il sempre maggiore solco tra efficienza della riscossione ed efficienza della giustizia tributaria, nonché la necessità di affrontare seriamente il tema della moltiplicazione degli adempimenti telematici e dei compensi agli intermediari che inviano dichiarazioni e comunicazioni, in particolar modo quando vengono attribuite funzioni, come quella del visto di conformità sulle dichiarazioni IVA, che rendono definitivamente incomprensibile la disparità di trattamento economico rispetto ai CAF.

La prima è una grande battaglia di principio, come quella della utilizzabilità del gettito recuperato dalla lotta all’evasione ai soli fini dell’abbattimento della pressione fiscale, che mira in realtà a creare un humus culturale e condizioni di lavoro migliori per gli stessi funzionari dell’amministrazione finanziaria.
Lo hai ben spiegato nel tuo editoriale e mi associo alla soddisfazione che esprimi per essere riusciti a far comprendere, quanto meno sul fronte delle incompatibilità dei giudici tributari, il tremendo errore che si stava per consumare.
Ci siamo spesi senza riserve, convinti di fare l’interesse comune e non certo pensando di andare contro qualcuno.

La seconda è una battaglia di principio anch’essa, magari meno grande, ma non per questo meno doverosa per chi ha il dovere di dare delle risposte alla base dei colleghi che, giustamente, non capisce disparità di trattamento prive di reali giustificazioni.
C’è chi la considera una battaglia di retroguardia, ma mi è difficile considerare tale qualcosa che attiene alla dignità di una professione.
Senza contare che, nelle aree più svantaggiate del Paese, dove sono molti i colleghi che devono puntare più sui servizi che non sulla consulenza, anche un maggior riconoscimento economico su questo fronte può costituire un piccolo passo avanti non soltanto morale.

La nostra intenzione è continuare il nostro mandato cercando di dare sempre maggiore concretezza al messaggio dell’utilità della categoria al Paese, al fine di rendere più agevole il conseguimento di qualche utilità anche per la categoria, o quanto meno rendere più impervia la via a chi vorrebbe sottrarle anche la sua stessa identità, come ben abbiamo visto nel corso di questa estate infuocata.
Uno dei modi per dare concretezza al messaggio, è per l’appunto elaborare, insieme all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza, proposte condivise per rendere sempre più efficace la vera lotta all’evasione e all’elusione fiscale, assicurando al contempo che frenesie di gettito, estranee al tessuto tecnico che accomuna queste istituzioni, ci mantenga nel paradosso di un Paese che abbina elevati tassi di evasione ad una elevata percezione di oppressione fiscale.
Come detto all’inizio, noi ci siamo e ci saremo.


Claudio Siciliotti
Presidente CNDCEC

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