IL PUNTO
FISCALITÀ INTERNAZIONALE
Comunicazioni DAC 6 per l’utilizzo di perdite estere
/ Gianluca ODETTO
Stabilizzata, con la pubblicazione delle disposizioni attuative, la disciplina interna del contrasto al commercio delle bare fiscali, meno spazio ha sinora avuto l’analisi dei riflessi internazionali delle nuove norme. Al di là degli effetti di carattere sostanziale, uno dei temi in discussione riguarda gli obblighi di comunicazione all’Agenzia delle Entrate in base alla direttiva 2018/822/Ue (DAC 6). Tra le operazioni da segnalare (hallmark B.1) figurano, infatti, quelle con le quali i partecipanti adottano misure artificiose consistenti nell’acquisire una società in perdita, interromperne l’attività principale e utilizzarne le perdite per ridurre il debito d’imposta, anche mediante il trasferimento di tali perdite verso un’altra giurisdizione. Il tema si pone, tipicamente, nelle situazioni in cui la società acquisita abbia una stabile organizzazione all’estero in regime di imputazione. In queste situazioni, infatti, viene a esistenza il primo dei requisiti a fronte dei quali possono sorgere gli obblighi di comunicazione, rappresentato dal carattere internazionale dell’operazione: come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 2/2021 (§ 4.1), soddisfa questo requisito anche l’operazione in cui due società sono entrambe residenti in Italia e una delle quali opera all’estero per il tramite di una stabile organizzazione. Proprio questa situazione è oggetto della stessa circolare n. 2/2021 (§ 8.2.1, esempio 9), in cui:
- una prima società BCo, residente in Italia, opera nello Stato B per il tramite di una stabile organizzazione (non in regime di branch exemption) in perdita;
- una seconda società ItaCo, anch’essa residente in Italia, acquisisce il controllo di BCo;
- ItaCo incorpora BCo e ne interrompe l’attività commerciale principale al fine di utilizzarne le perdite. Il tema si pone in quanto, come evidenzia l’Agenzia delle Entrate, dal tenore letterale dell’hallmark B.1 si desume che la contemporanea presenza dei tre suddetti elementi integrerebbe di per sé il requisito di artificiosità della fattispecie. Nella situazione in esame risulterebbero soddisfatti anche gli altri presupposti oggettivi affinché le comunicazioni risultino obbligatorie, rappresentati dalla riduzione d’imposta (in questo caso in Italia) e dal main benefit test (quest’ultimo, chiaramente, da verificare a seconda delle singole casistiche). Con riferimento alla riduzione d’imposta, l’impostazione dell’Agenzia delle Entrate, formalizzata anch’essa nella circolare n. 2/2021 (§ 3), va nel senso per cui essa va valutata in termini oggettivi, quale mera differenza tra il carico fiscale in presenza o in assenza del meccanismo transfrontaliero, e ciò indipendentemente da eventuali norme dell’ordinamento interno che possano limitare la deducibilità di tali componenti negative (si citano le norme in tema di CFC e ai disallineamenti da ibridi, ma lo stesso discorso potrebbe valere per le norme che vanno a contrastare il commercio delle perdite). In questo contesto, la nuova disciplina nazionale prevede un sistema a due vie, in cui:
- per le perdite “ereditate” da società acquisite, la cui attività è stata modificata nel biennio antecedente o successivo, nonché per le perdite delle società partecipanti a fusioni, scissioni o conferimenti d’azienda (nel secondo e terzo caso limitatamente alle componenti negative dei soggetti aventi causa) si applicano i limiti previsti dagli artt. 84, 172, 173 e 176 del TUIR legati alla vitalità della società e al patrimonio netto (contabile o reale);
- per le perdite “infragruppo”, al contrario, tali limiti sono disapplicati in toto in virtù dell’art. 177-ter del TUIR, oggetto di attuazione da parte del DM 27 giugno 2025. Si versa, conseguentemente, nella situazione in cui l’assunzione del gruppo quale soggetto economico fa sì che le perdite maturate nel momento in cui le società ne facevano già parte elimina alla radice le limitazioni al riporto. Nella casistica di cui all’esempio 9 della circolare n. 2/2021, quindi, le perdite della società acquisita sfuggirebbero alle limitazioni al riporto, indipendentemente da ogni altra condizione, se maturate dopo l’acquisizione. L’obbligo di segnalazione, quindi, rimarrebbe se l’operazione viene invece strutturata come nell’esempio, anche se poi le perdite dovessero essere ridotte in dichiarazione in virtù delle disposizioni di contrasto al loro commercio. Di converso, la mera acquisizione di una società con una stabile organizzazione estera che produce perdite dopo l’acquisizione potrebbe essere esclusa dagli obblighi comunicativi, e ciò anche se le perdite utilizzabili dall’incorporante dopo una ipotetica fusione non subiscono alcuna falcidia: mancherebbe, infatti, il carattere artificioso previsto dall’hallmark B.1, posto che il trasferimento delle perdite infragruppo è stato derubricato a operazione fisiologica, pur se esiste un vantaggio fiscale. Ciò andrebbe valutato anche alla luce della sanzione prevista ove l’Amministrazione faccia valere la natura oggettiva del risparmio connesso all’utilizzo delle perdite, rappresentata dalla sanzione di cui all’art. 10 comma 1 del DLgs. 471/97 (attualmente, da 1.500 euro a 15.000 euro) aumentata della metà.