La sentenza con cui, il 28 febbraio 2025, il Tribunale di Avellino ha omologato un concordato minore liquidatorio presentato da un debitore persona fisica (segnatamente, un debitore incapiente, già socio illimitatamente responsabile di una società in accomandita semplice, al tempo della domanda privo di un reddito e di un patrimonio, ma con l’intenzione di avviare nel prossimo futuro una nuova attività imprenditoriale), ai sensi e per gli effetti dell’art. 74 comma 2 del DLgs. 14/2019, recante il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII), nella sua vigente versione risultante dalle modifiche da ultimo apportate dal DLgs. 136/2024 (decreto correttivo-ter), ha scrupolosamente affrontato diverse questioni di non poco conto nel contesto delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento disciplinate dal CCII. La sentenza in commento, in primo luogo, afferma che, anche se, come nel caso di specie, il debitore proponente è incapiente (sotto un profilo sia reddituale, sia patrimoniale), è comunque ammissibile un concordato minore liquidatorio presentato ai sensi dell’art. 74 comma 2 del CCII, che contempli l’esclusivo apporto di finanza esterna, sulla scorta della considerazione – peraltro, già condivisa da altre pronunce di merito (cfr. Trib. Campobasso 14 gennaio 2025 e Trib. Avellino 7 novembre 2024; contra, Trib. Ferrara 20 dicembre 2024, che ammette sì la finanza esterna, ma a condizione che non sia la fonte esclusiva del piano) – secondo cui “tale apporto” sarebbe “idoneo ad incrementare l’attivo disponibile” e consentirebbe “al debitore di accedere, pur se incapiente, ad uno strumento alternativo alla liquidazione”. La pronuncia, in secondo luogo, affronta il delicato tema relativo alla natura del credito vantato dall’advisor del debitore per l’attività di assistenza prodromica alla presentazione del ricorso, osservando come detto credito non abbia in verità carattere prededucibile, poiché relativo a “prestazioni rese anteriormente al deposito della domanda” e, dunque, non rientrante “nella fattispecie prevista dall’art. 6” comma 1 “lett. d) CCII”, bensì abbia rango privilegiato ai sensi dell’art. 2751-bis n. 2 c.c. In terzo luogo, pronunciandosi, peraltro in senso favorevole per il debitore, su una contestazione sollevata da un creditore in ordine all’inesatta collocazione della somma a lui spettante nel piano concordatario, il Tribunale di Avellino, richiamando un ormai noto orientamento della Suprema Corte (Cass. n. 9373 dell’8 giugno 2012), ha avuto modo di precisare come, nel caso in cui la proposta preveda, come nel caso di specie, l’apporto di finanza esterna, la distribuzione della stessa tra i creditori sia libera, a condizione che detta finanza sia effettivamente esterna e, soprattutto, “neutra”, ovverosia non determini alcun obbligo restitutorio a carico del debitore, sia destinata in via diretta alla soddisfazione dei creditori, senza entrare nel patrimonio del debitore. Infine, la sentenza precisa ancora alcuni principi di carattere generale, che meritano di essere riportati:
- nelle procedure concorsuali alternative a quelle di insolvenza occorre garantire a ciascun creditore, compresi i chirografari, una soddisfazione non irrisoria: la regola appena citata troverebbe applicazione – peraltro pure successivamente alle modifiche apportate al CCII dal decreto correttivo-ter – anche per il concordato minore, come confermato dall’art. 74 comma 3 del CCII, e, soprattutto, anche nell’ipotesi, come nella fattispecie de qua, in cui il proponente risulti incapiente, la proposta si fondi su esclusiva finanza esterna e, dunque, il credito non troverebbe alcuna soddisfazione nell’alternativa liquidatoria (cfr. Trib. Ancona 31 gennaio 2024 e Trib. Ferrara 23 maggio 2023);
- nulla osta a che una variazione del contenuto della proposta sia senz’altro ammissibile, pur se intervenuta successivamente al voto dei creditori, a condizione, però, che la stessa risulti migliorativa del trattamento già previsto e già condiviso dai creditori in fase di voto; in tal modo, secondo il Tribunale di Avellino, vige la regola secondo cui “il voto cristallizza la proposta di concordato minore esclusivamente nel senso che non ne è consentita una successiva modifica in senso peggiorativo, occorrendo in tal caso la riedizione del meccanismo di incontro delle volontà”. Diversamente, nulla osta a che, in assenza di diversa prescrizione, detto jus variandi possa essere esercitato attribuendo un vantaggio ai creditori.
13 settembre 2025
/ Chiara CRACOLICI e Alessandro CURLETTI