Fallimento in estensione di società semplice con diritto di difesa del socio
Tutela garantita se l’accertamento di fallibilità è indirettamente effettuato nel giudizio sull’ente
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 87 depositata ieri, 26 giugno 2025, ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 147 del RD 267/42, applicabile anche alle società semplici, precisando che i soci di una società semplice hanno diritto a essere convocati nel giudizio sul fallimento dell’ente, che indirettamente accerta la loro fallibilità, anche se nel medesimo giudizio non era stato chiesto il loro fallimento in estensione. In mancanza, l’accertamento della loro fallibilità non sarà opponibile nel giudizio di cui all’art. 147 del RD 267/42, salvo che, in concreto, abbiano già esercitato il diritto di difesa.
L’art. 147 del RD 267/42 regola il c.d. fallimento in estensione dei soci di società di persone, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili, al ricorrere di alcuni presupposti.
L’istituto – che non si fonda sull’insolvenza dei singoli membri della compagine sociale – presuppone: la dichiarazione di fallimento di una società di persone; il vincolo sociale e la responsabilità illimitata e la mancata cessazione da più di un anno degli stessi; la correlazione tra l’insolvenza della società e le obbligazioni assunte nel periodo in cui sussistevano il rapporto sociale e la responsabilità illimitata (Cass. n. 17546/2024).
Nel regolare il fallimento in estensione, l’art. 147 comma 3 dispone che il giudice debba convocare i soci illimitatamente responsabili prima di dichiararne il fallimento. Tale previsione, secondo la Corte, si presta a due possibili interpretazioni: quella secondo cui i soci illimitatamente responsabili devono essere convocati solo nel giudizio che conduce alla dichiarazione del loro fallimento in estensione, in quanto debitori fallendi in quel giudizio, ovvero quella secondo cui gli stessi devono essere convocati anche nel giudizio sul fallimento della società, al fine di esplicare la tutela sui presupposti del fallimento in estensione.
Venuto meno il fallimento d’ufficio (incluso quello in estensione) con la riforma del 2006, il fallimento in estensione potrebbe essere dichiarato separatamente da quello della società.
I soci, peraltro, non sono debitori fallendi nel giudizio sul fallimento della società (né sussiste un dovere di convocazione nei loro confronti), qualora il loro fallimento in estensione non sia chiesto nel giudizio che coinvolga solo l’ente (Cass. n. 16777/2021).
In assenza di un dovere di convocazione in tali casi, salvo che in quel giudizio non sia stato chiesto anche il loro fallimento in estensione, i soci palesi, non diversamente da quelli occulti, possono interloquire sui presupposti del fallimento della società solo a posteriori con il reclamo (Cass. nn. 14179/2022 e 16777/2021). La tutela sarebbe successiva con impugnazione della sentenza di fallimento nei termini di legge decorrenti dalla pubblicazione nel Registro delle imprese (art. 18 comma 4 del RD 267/42) e con onere a loro carico di verificare l’adempimento pubblicitario.
Tale profilo, secondo i giudici, consente di preservare il carattere effettivo del diritto di difesa.
L’assetto di interessi trova anche conferma nella liquidazione giudiziale, di cui all’art. 256 del DLgs. 14/2019, data la corrispondenza con la norma fallimentare.
La situazione muta, invece, quando l’accertamento della fallibilità dei soci venga indirettamente effettuato nel giudizio sul fallimento della società.
I giudici propongono, al riguardo, un’interpretazione adeguatrice della disposizione fallimentare.
La società semplice che, in concreto, svolga attività commerciale è assoggettata alla disciplina delle snc e, quindi, da un lato, è fallibile, e, dall’altro, i soci illimitatamente responsabili sono esposti al fallimento ex art. 147 comma 1 (Cass. nn. 28984/2019 e 1049/2021).
Tale accertamento sostanziale è effettuato nel giudizio sul fallimento della società, pertanto non si può far gravare sui soci, non convocati, l’onere di verificare sul Registro delle imprese l’eventuale fallimento di un ente, che normalmente non fallisce, ledendo altrimenti il diritto di difesa.
Se il giudizio sul fallimento della società consente di accertare la fallibilità dell’ente e, quindi, anche dei soci, si rende necessaria la convocazione di questi ultimi, ai sensi dell’art. 147 comma 3 del RD 267/42, sin dal giudizio che accerta la loro esposizione al fallimento in estensione.
L’art. 147 comma 3 del RD 267/42, quindi, deve interpretarsi nel senso che gli stessi devono essere stati convocati non solo nel giudizio in cui viene dichiarato il loro fallimento, ma anche in quello che accerta, per ragioni sostanziali, la fallibilità dell’ente e che costituisce il presupposto della fallibilità dei soci.
In difetto, il relativo accertamento potrà essere effettuato, incidenter tantum, nello stesso giudizio di cui all’art. 147, al solo scopo di decidere il fallimento in estensione dei singoli soci (salvo accertare che il fallendo, pur non convocato, ha di fatto esercitato quel diritto).
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