I riflettori erano tutti puntati sulla riunione della Fed, ma in realtà i tassi non sono stati particolarmente condizionati dall’evento, mentre sono stati altri fattori a innescare il rialzo soprattutto di quelli europei, in particolare i robusti dati macro della Germania con la produzione industriale e la bilancia commerciale nettamente sopra le attese (segui tassi e valute su www.aritma.eu). A ciò si aggiungano alcuni commenti di consiglieri Bce restrittivi secondo cui la prossima mossa della Bce sarà un rialzo piuttosto che un ribasso dei tassi. I mercati prezzano al 50% circa le chance di un inasprimento entro marzo 2027. Sulla crescita tedesca erano sorti dubbi riguardo all’effetto propulsivo che potrà avere l’imponente manovra fiscale espansiva e quella sul riarmo: i dubbi sono rientrati in parte e nell’entrante settimana si potrà avere un quadro più chiaro sulle prospettive vista la pubblicazione degli indici di fiducia tedeschi Ifo e Zew e dei PMI flash di tutta l’eurozona. La Bce (giovedì prossimo riunione; previsti tassi fermi con depo al 2%) potrebbe confermare la solidità del ciclo rivedendo al rialzo le stime di crescita attualmente (previsione di settembre) all’1% per il 2026. Al rialzo dei tassi ha contribuito a inizio settimana il sell off sui titoli a lungo termine in Giappone che ha creato tensione sul comparto globale, tensioni successivamente rientrate. Il cambio di rotta sulle prospettive di politica monetaria – si è passati da ipotizzare un taglio Bce il prossimo anno a escluderlo totalmente – ha contribuito al rialzo anche del breve termine. Il rialzo Bce è visto ora possibile a marzo 2027 e sicuro tra marzo e giugno. I Bund 2-10 anni sono saliti rispettivamente di 9 e 7 centesimi (2,16%; 2,85%); i tassi Irs sono saliti di 10 centesimi (2 anni al 2,30%, 10 anni al 2,90%). Performance relativa positiva per il Btp, con il 10 anni che sale di 5 centesimi e lo spread che scende a 68 bps. La revisione al rialzo del Pil 2026 da parte della Fed (si rimanda alla tabella in calce all’articolo con le nuove previsioni), quella al ribasso sull’inflazione e il taglio del Fed Fund a 3,50%-3,75% non hanno condotto a particolari movimenti sui tassi di interesse, mentre il dollaro ha perso terreno. La Fed ha segnalato che i tassi difficilmente scenderanno ancora nel breve termine, in attesa di maggiore chiarezza su un mercato del lavoro indebolito, un’inflazione che “resta leggermente elevata” e un’economia vista in accelerazione il prossimo anno. Le nuove proiezioni dei policymaker indicano una stima mediana di un solo taglio di 25 punti base nel 2026, in linea con quanto già espresso al Fomc di settembre e in contrasto con le aspettative di mercato, che puntano ancora a due riduzioni. I mercati inoltre stanno ipotizzando che a gennaio venga annunciato come successore di Powell, il cui mandato scade a maggio, un “tagliatore di tassi”. Dunque questo potrebbe contribuire a mantenere tensione sui Treasury Usa che giudicherebbero azzardata e pericolosa una contemporanea politica monetaria e fiscale espansive (piano fiscale del governo Usa). Guardando alle aspettative di mercato sui tassi delle banche centrali del G10, a parte la Fed solo Bank of England e Norges Bank sono attese tagliare il prossimo anno. Molti grandi istituti centrali, tra cui la Bce, si trovano in una posizione insolita, avendo appena condotto, in assenza di recessione, il ciclo di allentamento più rapido da decenni. Situazioni simili in passato hanno portato a una forte riaccelerazione dell’attività economica aprendo la strada a un ritorno ai rialzi più repentino del previsto. PREVISIONI FED 20232024202520262027PIL 2,6 2,1 1,7 (1,6) 2,3 (1,8) 2 (1,9)INFLAZIONE PCE 2,82,42,9 (3) 2,4 (2,6) 2,1 (2,1) PCE “CORE” 3,2 2,83 (3,1) 2,5 (2,6) 2,1 (2,1) DISOCCUPAZIONE 3,84,24,5 (4,5) 4,4 (4,4) 4,2 (4,3) FED FUND 5,44,43,6 (3,6) 3,4 (3,4) 3,1 (3,1) FF CENTRAL TENDENCY 5,44,4 - 4,63,6 - 3,9 (3,6 - 4,1) 2,9 - 3,6 (2,9 - 3,6) 2,9 - 3,6 (2,9 - 3,6) ( ) previsioni precedenti di settembre
13 dicembre 2025
/ Stefano PIGNATELLI