Il DLgs. 136/2024 (decreto “correttivo-ter”) ha inciso, tra gli altri, sul contenuto dell’art. 6 del DLgs. 14/2019 (CCII) integrando, al comma 1, la lett. d) la quale, inserendosi dopo le non modificate lett. b) e c), pone un problema di interpretazione e coordinamento, dove l’unica distinzione pare possa rinvenirsi nel momento di effettuazione della prestazione. Il perimetro della limitata prededucibilità al 75%, di cui si occupano le lett. b) e c), resta confinato a quei crediti professionali sorti “in funzione” della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, o anche sorti “in funzione” della presentazione della domanda di concordato preventivo, nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda. Diversamente, la prededuzione integrale spetta, tra l’altro indipendentemente dall’apertura della procedura di concordato preventivo o dalla omologazione degli accordi, per le prestazioni richieste dal debitore per il “buon esito dello strumento”, ma rese “successivamente” alla domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza (lett. d). Si introduce, così, un dualismo tra le prestazioni “funzionali”, necessariamente anteriori alla presentazione della domanda, e le prestazioni “successive” a essa, con la necessità di comprendere se vi possa essere una radice contenutistica comune, per poi differenziarsi solo per la temporalità dell’esecuzione. Se si considera, infatti, che la domanda di accesso agli strumenti può presentarsi anche nelle forme previste dall’art. 44 del CCII, ovvero con riserva di “presentare la proposta, il piano e gli accordi”, non sembra peregrino dedurre che, in detta ipotesi, i crediti professionali maturati per prestazioni rese nel periodo “interinale”, quali la formulazione della proposta, la redazione del piano e la redazione dell’attestazione da parte del professionista indipendente, siano da ascriversi nel rango dei crediti a prededuzione piena, proprio perché sorti dopo il deposito della domanda, quand’anche con riserva. Il che, per vero, creerebbe un’evidente disparità di trattamento rispetto alle prestazioni concordate e rese prima dell’ingresso in procedura, che godrebbero della limitata prededucibilità al 75% e solo in ipotesi di ammissione della procedura. Tuttavia, il dato testuale che si rinviene dopo la modifica introdotta dal correttivo-ter non sembra poter condurre a diverse conclusioni (a meno di non ritenere che il riferimento “alla domanda di accesso” sia solo a quella “piena”, con esclusione dell’ingresso ex art. 44 del CCII), con la conseguenza che, non si sa quanto consapevolmente, il legislatore ha costruito un’ipotesi, che si verifica di frequente, in cui alle lavorazioni propedeutiche al deposito della domanda, anche solo “prenotativa” (si pensi al “diagnostico” per l’individuazione del più probabile strumento di risanamento, nonché a tutte le attività di riscontro dei dati e alla redazione di linee strategiche), possa essere riconosciuta una “funzionalità” legata all’esito positivo della ristrutturazione, diversamente dalle vere e proprie attività di redazione del piano e della proposta e delle relative attestazioni che, in quanto conseguenti alle lavorazioni propedeutiche e svolte durante il periodo interinale, godrebbero della prededucibilità piena, seppur alla successiva condizione del “buon esito” dello strumento. Questa interpretazione apre, così, a un uso forse distorto dello strumento, inducendo i professionisti a pattuire con il debitore le sole prestazioni “propedeutiche” all’accesso ex art. 44 del CCII, salvo poi rinviare la determinazione del compenso per le tipiche attività necessarie al deposito della domanda “piena” a un momento successivo al deposito dell’istanza “prenotativa”. Una siffatta soluzione, a ben vedere, svuota parzialmente di contenuti il principio di cui alle lett. b) e c), ma restituisce dignità alle prestazioni dei professionisti, comunque esposti, per il riconoscimento della prededuzione, alla valutazione di inerenza della prestazione. A ogni buon conto, al di là di tale evidente aporia, che necessita di un intervento legislativo e, comunque, di un’interpretazione giurisprudenziale che, si immagina, non tarderà ad arrivare, una valutazione più rigorosa consente di far rientrare nel novero delle “prestazioni richieste dal debitore” tutte quelle che, dopo il deposito della domanda e del piano, si rendano necessarie per addivenire alla conclusione del percorso, potendo enucleare, a mero titolo di esempio: le prestazioni utili per le modifiche del piano e della proposta, le nuove valutazioni richieste eventualmente dal Tribunale o le ulteriori memorie per una migliore esplicitazione del piano, le attività di recupero dei crediti o per la realizzazione di asset funzionali al risanamento, le spese di impugnazione nei giudizi, anche di reclamo e, più in generale, ogni altra attività che sia finalizzata al dichiarato “buon esito” dello strumento.
9 dicembre 2025
/ Tommaso NIGRO