Nel disciplinare le convenzioni che la Pubblica Amministrazione può sottoscrivere con organizzazioni di volontariato (OdV) e associazioni di promozione sociale (APS) per lo svolgimento di attività o servizi sociali di interesse generale, l’art. 56 del DLgs. 117/2017 precisa, al comma 1, che tali convenzioni devono essere più favorevoli rispetto al ricorso al mercato. Il successivo comma 2 aggiunge che esse possono prevedere solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate. Al riguardo si segnala la sentenza del 7 agosto 2024 n. 7020 con cui il Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto da un Comune che aveva pubblicato un bando per organizzare corsi di lingua straniera. A dare avvio al processo era stata una sas che, ritenendo illegittimo il bando perché rivolto solo ad associazioni di volontariato o di promozione sociale, aveva presentato istanza per far valere tale illegittimità e aveva poi impugnato, insieme all’avviso pubblico e alla determinazione di affidamento, il provvedimento con cui era stata esclusa dalla gara. Il TAR Toscana, con sentenza del 1° giugno 2020 n. 666, aveva accolto il ricorso della società, rilevando che l’affidamento in convenzione di un servizio che potrebbe essere oggetto di scambio economico è compatibile con la normativa eurounitaria se il servizio è prestato a titolo gratuito. Più precisamente, il legislatore richiede che il rapporto oggetto di affidamento presenti il carattere della non economicità, intesa non come assenza di un corrispettivo, ma come inidoneità del rapporto a coprire il valore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera. Nel caso di specie, il Comune si era impegnato a rimborsare all’associazione aggiudicataria, sia pure a piè di lista, ogni spesa sostenuta per il suo funzionamento. La convenzione prevedeva, infatti, il rimborso, tra l’altro, di costi indiretti, delle spese per il personale dipendente e per il personale docente e di altre spese generali riconducibili al servizio. Il Consiglio di Stato ricorda che, secondo la Corte di Giustizia Ue del 28 gennaio 2016 n. C-50/14, gli affidamenti di servizi riservati ad associazioni di volontariato sono ammissibili, tra l’altro, se:
- l’affidamento è idoneo a contribuire al controllo dei costi legati al servizio e, quindi, all’efficienza di bilancio del sistema;
- l’associazione non persegue alcuno scopo di lucro, nemmeno indiretto. Più in dettaglio, allo scopo di evitare abusi, l’attività delle associazioni di volontariato può essere svolta da lavoratori solo nei limiti necessari al suo regolare funzionamento. Si cita, inoltre, il parere n. 2052/2018, reso dallo stesso Consiglio di Stato e richiamato anche dal TAR Toscana, secondo cui solo le attività non economiche possono considerarsi radicalmente estranee alla disciplina europea in materia di concorrenza. Nello stesso parere si sottolineava che le direttive 2014/23/Ue, 2014/24/Ue e 2014/25/Ue includono espressamente i servizi sociali nel proprio ambito di applicazione, sicché l’affidamento di tali servizi, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve ritenersi di regola soggetto alla normativa pro-concorrenziale di origine europea, salvo che ricorrano alcune condizioni, tra cui la circostanza che l’ente affidatario svolga il servizio a titolo integralmente gratuito. Si chiariva, dunque, che consente di affermare la gratuità della prestazione del servizio e, pertanto, di affermare l’estraneità all’ambito del Codice dei contratti pubblici solo il rimborso spese a piè di lista che escluda la remunerazione, anche indiretta, di tutti i fattori produttivi e che comprenda solo le spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente e documentate. È necessario, in particolare, che:
- sia accertata l’assenza di qualunque remunerazione a carico del soggetto pubblico affidante, quale che ne sia la formale denominazione e qualunque sia il meccanismo economico o contabile anche indiretto, al personale volontario o dipendente e direttivo dell’ente;
- non ricorrano forme di forfetizzazione dei rimborsi né di finanziamento a fondo perduto, né di finanziamento, acquisto o contributo in conto capitale. In conclusione, osservano i giudici, il Comune avrebbe dovuto:
- da un lato, svolgere una specifica istruttoria per accertare la convenienza del tipo di affidamento prescelto rispetto all’affidamento all’esito di una procedura aperta;
- dall’altro lato, verificare, sia mediante apposite prescrizioni del bando sia attraverso una specifica attività istruttoria, che il servizio fosse svolto in maniera tale da escludere che l’associazione potesse ottenere la copertura completa dei costi dell’attività svolta, oltre che dei suoi costi generali. Solo in presenza di una parziale non copertura dei costi diretti ascrivibili all’attività oggetto della convenzione si potrebbe affermare che tale attività è fuori mercato, giustificando così la deroga agli obblighi discendenti dal Codice dei contratti pubblici.
9 settembre 2024
/ Edoardo MORINO