Beni per superare le barriere architettoniche senza IVA del 4%
L’agevolazione riguarda le sole prestazioni dipendenti da contratti di appalto
Le cessioni con posa in opera di beni destinati al superamento delle barriere architettoniche non possono fruire dell’aliquota IVA del 4%, anche se tali beni sono muniti dei requisiti tecnici previsti dalla normativa di settore.
La disposizione che prevede l’aliquota agevolata (n. 41-ter della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72) è, infatti, riferita alle sole prestazioni di servizi, dipendenti da contratti di appalto, aventi a oggetto la realizzazione delle opere.
Il principio è contenuto nella risposta a interpello n. 212/2025, pubblicata ieri dall’Agenzia delle Entrate.
Il caso sottoposto riguardava la cessione con posa in opera di infissi, dotati delle caratteristiche previste dal DM 14 giugno 1989 n. 236, per il superamento delle barriere architettoniche degli edifici.
L’istante, a dispetto della formulazione letterale della norma, domandava se fosse possibile applicare l’aliquota IVA del 4% anche in presenza di un mero acquisto degli infissi dal produttore, comunque finalizzato ad abbattere le barriere architettoniche, senza il ricorrere di un contratto di appalto avente a oggetto un intervento più ampio. Nell’ottica di garantire lo stesso trattamento fiscale, chiedeva il riconoscimento dell’aliquota ridotta, a prescindere dallo schema contrattuale di cui si avvale (appalto di servizi ovvero cessione con posa effettuata dal medesimo soggetto che vende i beni).
La disposizione agevolativa, in ambito IVA, è, come detto, il n. 41-ter) della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72, il quale riconosce l’aliquota del 4% per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto. La misura, come già indicato dall’Agenzia delle Entrate in passato, ha carattere oggettivo, nel senso che si riferisce “alla natura del prodotto piuttosto che allo status di invalidità del soggetto acquirente” (cfr. risposta a interpello n. 3/2020).
I beni ceduti nel caso in argomento (infissi) risultano essere in possesso delle caratteristiche tecniche previste dalla normativa relativa alle barriere architettoniche, ai sensi dell’articolo 8.1.13 del DM 236/89.
Tuttavia, non risulta soddisfatta l’ulteriore condizione, prevista dal n. 41-ter) della Tabella A, parte II, per fruire dell’aliquota IVA del 4%, vale a dire il fatto che le opere siano realizzate in base a un contratto di appalto.
Al fine di distinguere tra una cessione di beni con posa in opera e una generica prestazione di servizi dipendente da un appalto, l’Amministrazione finanziaria richiama numerosi precedenti interventi di prassi (molti dei quali espressi in merito all’applicazione del reverse charge).
In particolare, sono richiamati alcuni dei principi formulati in passato dall’Agenzia, ossia che:
- qualora siano poste in essere sia prestazioni di servizi che cessioni di beni, occorre riferirsi alla volontà delle parti, espressa in sede contrattuale, per stabilire se sia prevalente l’obbligazione di dare o quella di fare; quando il programma negoziale ha quale scopo principale la cessione di un bene e l’esecuzione dell’opera sia esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente, o a consentirne la fruizione, senza modificarne la natura, il contratto è senz’altro qualificabile quale cessione con posa in opera (ris. n. 220/2007);
- in assenza di clausole contrattuali che obblighino l’assuntore a realizzare un quid novi rispetto all’ordinaria serie produttiva, deve qualificarsi come contratto di vendita di beni la fornitura, anche se con posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento d’aria, infissi ecc., qualora il fornitore sia lo stesso fabbricante o chi fa abitualmente commercio di detti prodotti (ris. n. 25/2015 e R.M. n. 360009/1976).
Ferme queste premesse, l’Agenzia, nel caso in argomento, osserva che l’incidenza del corrispettivo della posa in opera si aggira in media intorno al 26% del corrispettivo totale e che la parte prevalente del corrispettivo è rappresentata dal valore degli infissi.
Non sembra, tuttavia, esaminata compiutamente la volontà contrattuale delle parti. Si rammenta, peraltro, che nella circ. Agenzia delle Entrate n. 37/2015 (§ 3) si è osservato che la prevalenza dell’obbligazione di dare rispetto a quella di fare deve desumersi dalla prevalenza della materia ceduta rispetto all’attività lavorativa eseguita, “senza che sia di per sé dirimente il dato oggettivo del raffronto tra valore della materia impiegata e valore dell’opera prestata”.
L’Agenzia conclude che, assumendosi il ricorrere di un contratto di compravendita e in ossequio alla formulazione letterale del n. 41-ter) della Tabella A, parte II, è da escludersi l’aliquota IVA del 4%.
Nulla viene, però, detto in merito alla possibilità di applicare comunque l’aliquota del 10% per i beni forniti nell’ambito di un intervento di manutenzione (riconosciuta ad esempio nella risposta a interpello n. 3/2020).
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