La sentenza con cui la Corte d’Appello di Torino, il 27 agosto 2024, ha rigettato un reclamo promosso da un creditore, ai sensi dell’art. 51 del DLgs. 14/2019 (CCII), avverso la sentenza con cui il Tribunale di Alessandria aveva disposto, nei confronti di un debitore persona fisica, l’apertura di una procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato ex artt. 268 ss. del CCII, contiene interessanti spunti di riflessione. Preliminarmente, si osserva che la sentenza – pronunciata prima della pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale del 27 settembre, del DLgs. 13 settembre 2024 n. 136 (c.d. correttivo-ter del Codice della crisi di cui al DLgs. 14/2019) – ha colto l’occasione per pronunciarsi in ordine alla questione relativa all’applicabilità alle procedure pendenti del decreto correttivo-ter. La risposta di segno negativo, giustificata alla luce del principio del tempus regit actum, che non consente, né potrebbe consentire l’applicazione retroattiva, a una procedura già aperta, di disposizioni sopravvenute, nel caso di specie, peraltro, riguardanti i requisiti di accesso alla procedura, tuttavia, si scontra con l’opposta indicazione contenuta nell’art. 56 del DLgs. 136/2024, il quale prevede l’applicabilità, salva diversa disposizione, delle norme contenute nel correttivo-ter anche alle procedure pendenti. In secondo luogo, la sentenza si sofferma sulla questione dell’ammissibilità o meno di una procedura concorsuale minore riguardante un unico debito, fornendo, in tal modo, una risposta in senso affermativo, giustificata dalla triplice riflessione secondo cui: al momento dell’apertura, l’effettiva concorsualità della procedura, non essendo ancora esaurite le operazioni di inventario, né formato lo stato passivo, non potrebbe dirsi esclusa; nessuna norma – solo espressa, non potendo, considerata la fattispecie (ovverosia, una causa di inammissibilità della procedura), essere tacitamente introducibile, nel silenzio del legislatore, in via interpretativa – imporrebbe, quale condizione di accesso alla procedura, la pluralità soggettiva dei debiti; ciò che in verità unicamente conterebbe sarebbe lo stato di sovraindebitamento, la cui definizione coniata dall’art. 2 comma 1 lett. c) del CCII non osterebbe alla presenza di una unica posizione debitoria, allorché questa risultasse determinante dello stato di incapacità strutturale del debitore di far fronte alle proprie obbligazioni. In terzo luogo, il Collegio osserva come non possa essere definita “senza beni”, neppure sulla scorta di quanto previsto in sede di decreto correttivo-ter (del quale la sentenza offre, pur ribandendone l’inapplicabilità, una interessante interpretazione), una liquidazione i cui beni da liquidare siano rappresentati da redditi “futuri”, con la non scontata precisazione, peraltro, di una loro messa a disposizione non oltre la misura di un quinto sulla scorta di una sistematica interpretazione dell’art. 268 comma 4 lett. a) e d) del CCII. Ciò considerato, da un lato, il principio espresso dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 19 gennaio 2024, che qui si richiama, e, dall’altro, il combinato disposto di cui agli artt. 268 e 283 del CCII, da cui chiaramente si evince come una liquidazione “senza beni” possa definirsi tale, e come tale considerarsi inammissibile, solo nell’ipotesi in cui, oltre all’assenza di beni e liquidità presenti al momento dell’apertura del concorso, sia altresì certificata la ragionevole impossibilità di acquisire beni e liquidità – ivi compresi i redditi dato il principio espresso dalla decisione menzionata – in prospettiva futura, neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie. Ancora, la sentenza, sempre offrendo un’interpretazione del contenuto del correttivo-ter, precisa che, nonostante la modifica reintroduca la necessità di indicare, nella relazione dell’OCC, le cause dell’indebitamento e del sovraindebitamento del debitore, queste, in ogni caso, non rileveranno ai fini dell’apertura della procedura, ma assumeranno un rilievo unicamente nella successiva, e non automatica, fase di esdebitazione ai sensi dell’art. 282 comma 2 del CCII. Infine, interessante è la considerazione secondo cui la verifica dei redditi del nucleo familiare non sarebbe richiesta dall’art. 270 comma 1 del CCII, “là dove non si tratti, eventualmente, di procedure ex art. 66 CCII”.
3 ottobre 2024
/ Chiara CRACOLICI e Alessandro CURLETTI