Con la sentenza n. 1/2025 il Tribunale di Palermo ha rigettato l’istanza di omologazione di una proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore familiare presentata da due consumatori sovraindebitati, ai sensi e per gli effetti degli artt. 66 e 67 ss. del DLgs. 14/2019 (CCII), come da ultimo innovato e modificato dal DLgs. 136/2024 (c.d. decreto correttivo-ter). Tra gli spunti di riflessione offerti dalla pronuncia, ci si sofferma sulla puntuale disamina di una singola questione, inerente il profilo, di non poco momento nel contesto delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento disciplinate dal CCII, afferente alla valutazione giudiziale relativa alla fattibilità (anche) giuridica del piano di ristrutturazione proposto. Ora, brevemente e preliminarmente ripercorrendo la fattispecie posta all’attenzione del giudicante da un punto di vista fattuale, due consumatori, segnatamente due membri della stessa famiglia conviventi ex artt. 2 comma 1 lett. e) e 66 commi 1 e 2 del CCII (tra di loro, in particolare, legati da un rapporto di coniugio), assumendo di versare in uno stato di sovraindebitamento come definito dal combinato disposto di cui all’art. 2 comma 1 lett. a), b), c) del CCII, depositavano, presso il Tribunale di Palermo e per il tramite e con l’ausilio di un OCC territorialmente competente, un ricorso unitario, per l’appunto familiare (pur nel rispetto delle condizioni e limiti di cui all’art. 66 del CCII), con il quale domandavano l’omologazione di una proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore ex artt. 67 ss. del CCII, poi modificata. Al fine di garantire una provvista da destinare al piano di ristrutturazione dei debiti, entrambi i ricorrenti proponevano la cessione a terzi, a titolo oneroso, del proprio diritto di proprietà vantato su due beni immobili, in esecuzione di due rispettivi contratti preliminari di compravendita risolutivamente condizionati alla mancata omologazione della proposta di ristrutturazione. In altri termini, i proponenti, con i summenzionati contratti preliminari di compravendita condizionati debitamente allegati al piano, si erano impegnati a vendere la quota di un proprio bene immobile, condizionando l’efficacia vincolante del contratto sottoscritto alla condizione risolutiva espressa costituita dalla mancata omologazione del piano di ristrutturazione. Esaminati la proposta e il piano così formulati, il Tribunale di Palermo ha, tuttavia, ritenuto che il piano, nella parte in cui prevedeva l’alienazione delle quote degli immobili di proprietà dei consumatori istanti in esecuzione dei preliminari di compravendita risolutivamente condizionati alla mancata omologazione della proposta, si ponesse in contrasto con la disposizione di cui all’art. 71 comma 1 terzo periodo del CCII, la quale, al contrario, prevedeva che alle vendite ed alle cessione si dovesse necessariamente provvedere tramite procedure competitive, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. Per detta ragione, il piano, pertanto, non avrebbe potuto essere omologato, poiché non fattibile (anche) sotto un profilo giuridico. A sostegno di detta ultima considerazione, il Tribunale di Palermo ha sviluppato alcune riflessioni, che meritano di essere qui riportate. In primo luogo, ha osservato come il preliminare di compravendita abbia e produca effetti obbligatori anche nei confronti dei proponenti e, per tale ragione, precluda così l’obbligatorio, poiché espressamente contemplato dalla testé citata norma, ricorso alle procedure competitive. In secondo luogo, ha altresì osservato come il mancato rispetto della norma di cui all’art. 71 comma 1 terzo periodo del CCII non possa giustificarsi invocando un contenuto libero del piano, né che, al contrario, il suo rigoroso rispetto possa determinare alcun tipo di aleatorietà, soprattutto ove il piano prevedesse (e, nel caso di specie, avesse previsto), in luogo dei preliminari di compravendita, offerte irrevocabili di acquisto e, al contempo, la partecipazione di altri soggetti attraverso il ricorso a procedure competitive. Da ultimo, ha rilevato come, da un lato, l’obbligazione dei promissari acquirenti non fosse assistita da una cauzione e da alcuna garanzia in ordine alla solvibilità dei medesimi, ove, dall’altro, non si fosse proceduto ad una valutazione circa l’effettiva commerciabilità delle quote degli immobili di proprietà dei ricorrenti, soprattutto considerata la previsione di una loro vendita a trattativa privata, anziché per il tramite del ricorso a procedure competitive.
2 settembre 2025
/ Chiara CRACOLICI e Alessandro CURLETTI