Nel solco della recente giurisprudenza di legittimità, la Cassazione n. 4710/2021 ha escluso la natura prededucibile del credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la presentazione della domanda di concordato, che sia stata successivamente rinunciata dal debitore, così determinando la chiusura della procedura prima della sua ammissione. Tale conclusione prende spunto dal precedente arresto della Suprema Corte (Cass. n. 639/2021), che considera l’ammissione al concordato sintomatica della funzionalità alla procedura delle attività svolte dal professionista. In quell’occasione veniva enunciato il principio secondo cui l’art. 111 comma 2 del RD 267/42, riconoscendo natura prededucibile ai crediti sorti “in funzione” di una procedura concorsuale, presuppone l’apertura della procedura e non la semplice presentazione di una domanda di concordato, che dà luogo unicamente ad un procedimento di verifica volto al mero accertamento dell’ammissibilità della proposta. Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la presentazione della domanda di concordato, dichiarata inammissibile o rinunciata, non è, quindi, prededucibile nel successivo fallimento, ancorché la sentenza dichiarativa si fondi sulla medesima situazione (di insolvenza) rappresentata nella domanda (cfr. Cass. nn. 15724/2019, 16224/2019, 22450/2015). Si osserva a sostegno di tale orientamento che la presentazione della domanda e la sua pubblicazione nel Registro delle imprese instaura solo un procedimento di verifica (art. 162 comma 2 del RD 267/42) dei presupposti per l’ammissione alla procedura, che, in caso di esito positivo, determina l’apertura (art. 163 del RD 267/42), mentre, in caso di esito negativo, implica l’inammissibilità della proposta (e non già “del concordato”), ma non determina, tra i suoi effetti, anche la prededucibilità del credito del professionista. Anche dall’art. 111 comma 2 del RD 267/42 si dovrebbe evincere che la natura prededucibile del credito è riconosciuta solo nel caso di apertura della procedura, al quale il credito risulti collegato da un nesso cronologico o teleologico e nell’ambito della quale è in origine destinato a ricevere tale collocazione. La nozione di funzionalità (strumentalità) della prestazione, invece, non potrebbe essere ampliata fino a comprendervi qualsivoglia attività resa nel tentativo – infruttuoso – di accedere alla procedura, altrimenti alimentando il rischio di presentazione di domande prive di concrete possibilità di accoglimento, pregiudicando i creditori concorsuali e ponendo a carico del fallimento i costi di prestazioni superflue. Si esclude, quindi, la natura prededucibile del credito per l’attività preparatoria che non sia servita al raggiungimento dell’obiettivo minimale dell’accesso alla procedura (Cass. n. 5254/2018). L’orientamento di segno contrario, invece, riconosce la prededucibilità prescindendo anche dall’apertura della procedura concordataria. Si ricorda, ad esempio, la Cassazione n. 25471/2019, che ha enunciato il principio secondo cui ha natura prededucibile il credito maturato dal professionista che, pendente il termine di cui all’art. 161 comma 6 del RD 267/42, sia stato incaricato dal debitore per la redazione dell’attestazione di cui all’art. 161 comma 3, laddove, una volta dichiarata inammissibile la domanda, (senza, quindi, l’apertura della relativa procedura), sia stato pronunciato il fallimento (cfr. anche Cass. n. 5471/2019 e Cass. n. 7974/2018). Ancora la Cassazione n. 1961/2021 ha ribadito tale principio, evidenziando come il riconoscimento della prededuzione costituisce un effetto automatico, ex art. 161 comma 7, conseguente alla circostanza che il credito derivi da atti legalmente compiuti dall’imprenditore in pendenza del termine concesso per la predisposizione del piano, della proposta e dei relativi documenti; l’imprenditore, infatti, è tenuto, ex lege, a corredare la sua domanda con l’attestazione prevista dall’art. 161, comma 3 (cfr. anche Cass. n. 2288/2021). Contro tale argomentazione, tuttavia, si afferma che nel novero della norma citata rientrano i crediti derivanti dagli atti compiuti per l’ordinaria gestione dell’impresa (o per la prosecuzione dell’attività), che non incidono negativamente sul patrimonio destinato al soddisfacimento dei creditori concorsuali, gravandolo di ulteriori debiti o sottraendo beni alla disponibilità della massa (Cass. n. 14713/2019). Il contrasto interpretativo richiederebbe, invero, un intervento delle Sezioni Unite. Guardando al Codice della crisi, peraltro, suscita perplessità l’art. 6 comma 1 lett. c) del DLgs. 14/2019, in vigore dal 1° settembre 2021, che limita la prededuzione ai crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, “nei limiti del 75% del credito accertato” e “a condizione che la procedura sia aperta” ex art. 47 del DLgs. 14/2019.
13 aprile 2021
/ Antonio NICOTRA