Possibile indicare nello statuto il solo valore nominale delle quote di srl
In caso di titolarità di quote di diverse categorie sono da ravvisare altrettante partecipazioni
L’introduzione – a opera della L. n. 21/2024 (c.d. legge Capitali) – della possibilità di suddividere il capitale sociale delle srl in un numero di partecipazioni predeterminato ha imposto la revisione degli orientamenti del Comitato triveneto dei notai che si fondavano sul previgente (opposto) principio della “unicità” della partecipazione, affrontando, di riflesso, le ricadute operative in materia di divisibilità delle partecipazioni e di emissione di quote di categoria standardizzate.
La nuova massima I.I.28, quindi, precisa che le partecipazioni sono naturalmente prive di valore nominale esplicito; ossia il loro valore nominale (che comunque esiste) non dipende da una regola dell’atto costitutivo, per cui il medesimo varia automaticamente, senza necessità di una specifica decisione dei soci, nei casi di aumento gratuito o riduzione per perdite del capitale sociale, di annullamento di partecipazioni in esito a recesso o esclusione liquidate con riserve di patrimonio, o di emissione di nuove partecipazioni a prezzo diverso dalla “parità contabile”. Peraltro, si reputa sempre ammessa l’eventuale individuazione nell’atto costitutivo delle partecipazioni con il solo loro valore nominale, sia nell’ipotesi nella quale siano previste come “unitarie”, sia in quella nella quale siano previste come “standardizzate” (ferma restando in tale ultima ipotesi la necessità di indicare anche il loro numero). Ciò anche in ragione delle rigidità del sistema informatico del Registro delle imprese che accetta solo tale metodo di individuazione delle partecipazioni, fermo restando che l’individuazione attraverso il valore nominale non le assoggetta alle regole delle partecipazioni con valore nominale esplicito.
Nell’aggiornamento della massima I.I.35 si precisa che le quote di partecipazione possono essere statutariamente individuate sia in maniera unitaria, con riferimento a ciascun socio (utilizzando alternativamente o cumulativamente una percentuale, una frazione, o il loro valore nominale implicito), che in maniera standardizzata, ossia mediante la loro suddivisione in un numero di quote predefinito aventi il medesimo valore e conferenti uguali diritti.
Nella prima ipotesi la complessiva unitaria partecipazione appartenente a un socio, o in comunione a più soci, è naturalmente divisibile senza alcun limite. L’assenza di valore nominale esplicito e la mancanza della predeterminazione di una unità di misura base standardizzata consente infatti di dividerla, in occasione di un trasferimento parziale o dello scioglimento della comunione, anche in partecipazioni unitarie derivate aventi valori nominali impliciti periodici.
Nella seconda ipotesi, invece, la complessiva partecipazione costituita da una pluralità di quote standardizzate appartenente a un unico socio o in comunione a più soci non è divisibile oltre il limite costituito dalla misura della singola quota standardizzata determinata dallo statuto, che costituisce regola organizzativa inderogabile.
Nei limiti di quanto sopra, e in assenza di diverse regole statutarie, ogni socio può disporre parzialmente della propria complessiva partecipazione, unitaria o ripartita in quote standardizzate, anche per diritti reali parziari, in maniera divisa o indivisa. Ad esempio, è possibile:
- che il socio titolare di una partecipazione unitaria costituisca un usufrutto sul 20% diviso della sua partecipazione o che il socio titolare di 100 quote standardizzate costituisca il medesimo diritto di usufrutto su 20 quote determinate (non si creerà, quindi, alcuna comunione tra socio e usufruttuario e non sarà necessaria la nomina di un rappresentante comune per esercitare i diritti sociali);
- che il socio titolare di una partecipazione unitaria costituisca un usufrutto sul 20% indiviso della medesima o che il socio titolare di 100 quote standardizzate costituisca il medesimo diritto di usufrutto sul 20% indiviso di tutte e 100 le quote di sua titolarità (si costituirà, allora, una comunione e si dovrà nominare un rappresentante comune per esercitare i diritti sociali).
Nell’aggiornare la massima I.I.30, ancora, si precisa che non è possibile prevedere nell’atto costitutivo che gli utili siano distribuiti in misura non proporzionale rispetto alle partecipazioni, ovvero che gli stessi siano distribuiti secondo le proporzioni stabilite nella decisione di approvazione del bilancio o in altra decisione dei soci, fatti salvi unicamente non più solo il disposto dell’art. 2468 comma 3 c.c., in ordine all’attribuzione di particolari diritti sulla distribuzione degli utili a determinati soci, ma anche la creazione di categorie di quote privilegiate negli utili.
La riformulata massima I.N.6, infine, stabilisce che, nell’ipotesi in cui un unico socio sia titolare di quote di diverse categorie, esse:
- ove anche non si sia derogato alla regola dell’unitarietà della partecipazione, non costituiranno un’unica partecipazione ma tante partecipazioni unitarie quante sono le diverse categorie cui appartengono;
- ove siano suddivise in un numero predeterminato di quote standardizzate, il socio sarà titolare di tante partecipazioni distinte quante sono le quote standardizzate da esso possedute.
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