L’IVA indetraibile per inesistenza soggettiva dell’operazione non è deducibile
Il costo non è afferente alla produzione del reddito
La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 26340 del 29 settembre 2025, ha sancito che l’IVA indetraibile in quanto riferita a operazioni soggettivamente inesistenti non rappresenta un costo deducibile ai fini del reddito di impresa.
Il tema riguarda la possibilità di dedurre, ai fini della formazione del reddito d’impresa, l’IVA indetraibile disconosciuta dall’Agenzia delle Entrate perché riferita a operazioni soggettivamente inesistenti.
In linea generale, poiché l’IVA rientra tra le imposte per le quali è normativamente prevista la rivalsa, l’art. 99 comma 1 del TUIR ne prevede l’indeducibilità. Tuttavia, se, lato cessionario/committente, l’IVA non può essere recuperata in quanto indetraibile, si potrebbe sostenere che finisce con il rappresentare un costo per i titolari di reddito di impresa prescindendo da quanto prevede il richiamato art. 99 del TUIR.
Di diverso avviso si è dimostrata la Cassazione, secondo cui “l’imposta divenuta indetraibile perché afferente a operazioni soggettivamente inesistenti del carattere fraudolento delle quali la contribuente era consapevole non è suscettibile di dar luogo a un componente reddituale fiscalmente rilevante, non essendo l’onere in parola strettamente rappresentativo di un fattore produttivo dell’attività del contribuente medesimo”.
Vengono richiamati alcuni precedenti, in cui al contribuente è stata negata la deducibilità di somme versate a titolo di “riscatto” per la liberazione di un proprio dirigente (Cass. 11 agosto 1995 n. 8818) e di somme pagate a titolo di sanzioni per ritardato pagamento di contributi (Cass. 22 novembre 2018 n. 30238).
Nel caso esaminato, l’IVA è stata oggetto di un accordo di adesione.
I giudici affermano al riguardo che “l’indetraibilità dell’imposta si è consolidata in quanto ad individuarla come debito e a pagarla mediante il meccanismo della compensazione è stata la stessa contribuente. Fisiologicamente se l’importo dell’IVA è stato ex latere debitoris riconosciuto come – definitivamente – dovuto e coerentemente saldato, il suo successivo recupero non rientra nel novero delle facoltà del contribuente ex art. 99 TUIR”.
La giurisprudenza di merito, di contro, diverse volte si è espressa in senso opposto, ritenendo l’IVA indetraibile deducibile dal reddito di impresa (C.G.T. I Milano 11 settembre 2023 n. 3061/13/23, C.G.T. I Roma 22 settembre 2023 n. 11270/26/23, C.T. Prov. Reggio Emilia 17 luglio 2017 n. 203/2/17).
Ove si trattasse di inesistenza oggettiva delle operazioni, non ci sarebbero dubbi sul fatto che il “costo” derivante dall’IVA detratta e poi recuperata dalle Entrate, essendo alla radice inesistente, non può essere dedotto dal reddito.
Nel caso dell’inesistenza soggettiva tutto è più complicato.
L’IVA relativa a operazioni soggettivamente inesistenti non può essere detratta in quanto tale diritto presuppone il possesso di una fattura emessa dall’operatore economico che ha svolto la prestazione.
Se ciò è vero, ben si può sostenere che sia a questo punto espressione di un costo. È, infatti e a differenza di quanto detto dalla Cassazione, rappresentativo di un fattore produttivo dell’attività del contribuente; del resto, se è deducibile in quanto astrattamente inerente e non direttamente connesso al reato di dichiarazione fraudolenta il costo per l’acquisto di beni o servizi afferenti a operazioni soggettivamente inesistenti (Cass. 12 luglio 2024 n. 19232 e 27 febbraio 2024 n. 5181), lo stesso sembra poter valere per l’IVA pagata su quei costi, che è stata disconosciuta dalle Entrate.
A nostro avviso, ragionando in ottica generale e prescindendo dai fatti di causa, non sembra poi molto calzante il richiamo all’art. 99 del TUIR, secondo cui “Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione”. Nel caso in esame il discorso riguarda non tanto la deducibilità di una imposta per la quale è prevista la rivalsa, ma la deducibilità di un’imposta che, a seguito del disconoscimento della detrazione, si è “trasformata” in un costo.
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