Dubbi sulla natura della disposizione che limita la responsabilità dei sindaci
/ Maurizio MEOLI e Monica VALINOTTI
L’introduzione, nel nuovo art. 2407 comma 2 c.c., di un limite alla responsabilità risarcitoria dei sindaci parametrato al compenso annuo da essi ricevuto – limitato, nello specifico, a 15 volte il compenso, per compensi fino a 10.000 euro, a 12 volte il compenso, per compensi tra 10.000 e 50.000 euro e a 10 volte il compenso, per compensi maggiori di 50.000 euro – ha posto diversi problemi interpretativi, tra cui quello relativo al suo ambito di applicazione temporale. Ci si è domandati, infatti, se tale disposizione possa operare retroattivamente, limitando, quindi, il quantum del risarcimento dovuto dai sindaci in caso di accoglimento dell’azione di responsabilità anche nei giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore e riferiti a fatti verificatisi precedentemente. Alcuni tribunali hanno ritenuto che la disposizione, anche in assenza di una specifica disciplina transitoria, operi retroattivamente e sia, quindi, applicabile anche nei processi in corso al momento della sua entrata in vigore. Secondo questa tesi, infatti, l’art. 2407 comma 2 c.c. introdurrebbe una previsione lato sensu procedimentale, limitandosi a indicare al giudice un criterio di quantificazione del danno (un “tetto massimo”), senza che ciò incida sul diritto al risarcimento (cfr. Trib. Bari 24 aprile 2025 e Trib. Palermo 20 giugno 2025). A sostegno di tale interpretazione, i giudici di merito hanno richiamato l’orientamento della Cassazione che ha riconosciuto l’applicabilità dell’art. 2486 c.c. (come modificato dall’art. 378 comma 2 del DLgs. 14/2019), introduttivo del meccanismo di liquidazione del “differenziale dei netti patrimoniali”, anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore (cfr. Cass. 28 febbraio 2024 n. 5252). In quel caso, infatti, la norma non stabilisce un nuovo criterio di riparto di oneri probatori, ma un criterio, rivolto al giudice, di valutazione del danno rispetto a fattispecie integrate dall’accertata responsabilità degli amministratori per atti gestori non conservativi dell’integrità e del valore del capitale dopo il verificarsi di una causa di scioglimento. A fronte delle pronunce citate, che si sono espresse a favore della retroattività della disposizione in questione, si pongono quelle di altri Tribunali di merito che, al contrario, sostengono l’irretroattività del limite alla responsabilità risarcitoria dei sindaci. Sul punto, si è osservato che la norma non stabilisce in alcun modo la propria retroattività e, inoltre, per superare il principio generale di cui all’art. 11 delle preleggi – in base al quale “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” – occorrerebbe che la disciplina avesse un portato “ineludibilmente indicativo, per il suo intrinseco contenuto, della finalità di regolare anche il pregresso”. Portato che non sembra potersi ravvisare nella disposizione in questione (così Trib. Venezia 11 giugno 2025). Si è rilevato, inoltre, come l’art. 2407 comma 2 c.c. abbia natura prettamente sostanziale, atteso che, a differenza dell’art. 2486 comma 3 c.c., non introduce un diverso criterio di liquidazione del danno, equitativo e alternativo rispetto a quello puntuale, bensì una vera e propria limitazione quantitativa del diritto risarcitorio vantato nei confronti del sindaco che, colposamente, sia venuto meno ai doveri impostigli dalla legge (cfr. Trib. Roma 19 giugno 2025). Nel solco di queste ultime pronunce si inseriscono due recenti provvedimenti di merito. Nell’ordinanza del 10 settembre scorso, il Tribunale di Brescia si è espresso per l’irretroattività – in assenza di diversa disposizione – della norma in questione che, imponendo un tetto massimo alla responsabilità risarcitoria dei sindaci, non può che avere “chiara natura sostanziale”. Anche il Tribunale di Roma, nel provvedimento del 14 agosto scorso, ha sostenuto l’irretroattività della norma, evidenziandone la natura sostanziale e la non sovrapponibilità rispetto all’intervento di riforma dell’art. 2486 c.c., la cui retroattività è stata ravvisata dalla Suprema Corte. Secondo i giudici romani, peraltro, la norma non “istituzionalizza” un criterio di quantificazione del danno, in quanto, secondo i principi dell’ordinamento, i soggetti che concausano un danno rispondono solidalmente e possono ripartirsi il danno stesso secondo le singole colpe, ma “certamente non facendo riferimento al compenso stabilito per il loro incarico”. [CATENACCIO] Sembra, quindi, consolidarsi in giurisprudenza la tesi dell’irretroattività della disposizione che limita la responsabilità risarcitoria dei sindaci. La questione, tuttavia, rimane aperta, atteso che è attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato, in sede redigente, il Ddl. n. 1426/2025, che, oltre a prevedere l’introduzione di un limite simile con riguardo alla responsabilità dei revisori e delle società di revisione, all’art. 2 mira a introdurre un regime transitorio finalizzato a estendere espressamente l’applicazione dei limiti risarcitori in questione anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore.