Esdebitazione negata all’incapiente che omette il versamento delle imposte
/ Francesco DIANA
Con l’esdebitazione, al ricorrere di determinate condizioni, il debitore può beneficiare della liberazione per i crediti che, attraverso la procedura di liquidazione giudiziale ovvero controllata, non hanno trovato una soddisfazione. Di conseguenza, il creditore non può esigere dal debitore la porzione di pagamento rimasta insoddisfatta e, ulteriormente, viene meno ogni causa di ineligibilità e di decadenza connessa all’apertura della specifica procedura (art. 278 comma 1 del DLgs. 14/2019). Restano esclusi dal beneficio, ai sensi dell’art. 278 comma 6 lett. a) e b) del DLgs. 14/2019, i crediti per diritti di mantenimento e alimentari nonché quelli per risarcimento del danno conseguente al compimento di fatto illecito extracontrattuale, unitamente alle sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario; con riferimento a queste ultime è necessario che non si riferiscano a sanzioni accessorie a debiti estinti. Nell’ambito della liquidazione controllata, è disciplinata un’ipotesi particolare di esdebitazione a favore del c.d. debitore incapiente (art. 283 del DLgs. 14/2019): il beneficio è riconosciuto al debitore persona fisica che sia meritevole e che, nel contempo, non possa offrire alcuna utilità, presente e futura, diretta o indiretta, ai propri creditori. Si tratta di un’ipotesi di carattere eccezionale che deroga alla responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c. e che, pertanto, può essere concessa una sola volta e solo a valle del vaglio giudiziario, che dovrà essere condotto con il massimo rigore (Trib. Taranto 28 febbraio 2024). Si realizza, dunque, un’inversione degli ordinari scopi di tutela delle ragioni creditorie, il cui sacrificio è finalizzato a consentire al debitore sovraindebitato il recupero delle condizioni per un tenore di vita più sereno; di contro, il sacrificio è mitigato dall’impegno di mettere a disposizione dei creditori stessi, entro un lasso temporale breve (i tre anni successivi), le eventuali utilità sopravvenute (Trib. Oristano 29 luglio 2024). Particolare rilievo assume il tema della meritevolezza del debitore, la cui valutazione è rimessa al giudice, unitamente alla verifica dell’assenza di atti in frode, di dolo o di colpa grave nella formazione dell’indebitamento (art. 283 comma 7 del DLgs. 14/2019). Il vaglio della meritevolezza, inoltre, comporta la necessità di comprendere le ragioni che hanno generato la situazione di sovraindebitamento ed anche la consapevolezza del debitore, al momento della contrazione del debito, della possibilità di potervi adempiere. In tal senso, non può ritenersi meritevole quel debitore che abbia omesso sistematicamente il versamento delle imposte, in ragione della prosecuzione dell’attività imprenditoriale sebbene nella consapevolezza di una sua scarsa redditività. L’eventuale adduzione di altra causa dello stato di sovraindebitamento (es. lo stato di salute del coniuge e la necessità di prestare assistenza) può attenuare il giudizio di meritevolezza a condizione, però, che se ne dimostri il legame concausale. Diversamente, mancando la relazione causa-effetto, l’inadempimento erariale costituisce sempre un disvalore contrario ai principi costituzionali e tale da falsare il sistema concorrenziale, consentendo il mantenimento sul mercato di imprese che non sono in grado di creare ricchezza. Così si è espresso il Tribunale di Ferrara con il provvedimento del 28 dicembre 2024. Ciò che rileva, pertanto, non è il mancato versamento delle imposte in sé, né che questo sia determinato dall’esito negativo dell’attività imprenditoriale, ma che la causa dell’inadempimento sia ascrivibile a aventi gravi e non prevedibili da parte del debitore (Trib. Milano 23 dicembre 2024). In tal caso, il ricorso di un evento esiziale, di cui si dimostra il legame concausale, può giustificare l’incapacità finanziaria del debitore ad adempiere, senza incidere negativamente sul giudizio di meritevolezza. Con riferimento alla verifica dell’incapienza, invece, per effetto delle modifiche recate dal DLgs. 136/2024, non è necessario appurare l’assenza (totale) di ogni reddito o utilità in capo al debitore; l’art. 283 comma 2 del DLgs. 14/2019 chiarisce, infatti, che il presupposto ricorre anche quando il debitore sia in possesso di un reddito che, tuttavia, dedotte le spese necessarie alla sua produzione e/o al mantenimento suo e della sua famiglia, non sia superiore a un determinato quantum. Tale importo è pari all’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà e moltiplicato per un coefficiente corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al DPCM 159/2013. Ciò non esclude, tuttavia, la possibilità che il giudice possa individuare un diverso ammontare in ragione della situazione specifica del debitore, in ossequio al principio dell’uguaglianza sostanziale, che gli impone di non limitarsi all’eguaglianza formale ma di trattare in maniera diversa situazioni diverse (Trib. Ferrara 5 novembre 2024).