L’interesse deve derivare dall’appello principale per l’incidentale tardivo del contribuente
Attenzione se l’appello incidentale è notificato oltre i termini di impugnazione
In tema di appello incidentale, specie se si tratta di appello incidentale tardivo, sono molto delicate nonché importanti le interpretazioni della giurisprudenza civilistica che, nel corso degli anni, si sono consolidate.
Spesso le menzionate interpretazioni trovano infatti applicazione anche nel processo tributario.
Una lampante prova di ciò è data dalla pronuncia n. 17727 di ieri, 1° luglio 2025, in cui la Cassazione ha confermato l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo del contribuente laddove l’interesse all’impugnazione della sentenza non sia emerso dall’appello principale dell’Erario.
L’appello contro la sentenza della Corte tributaria di primo grado va notificato entro termini decadenziali, precisamente entro sei mesi dal deposito della sentenza o entro sessanta giorni dalla sua notifica (artt. 38 e 51 del DLgs. 546/92).
La sentenza può avere accolto in parte il ricorso, cosa frequente nel processo tributario in cui gli accertamenti sono sovente caratterizzati da distinti recuperi a tassazione. Entrambe le parti possono quindi avere interesse all’appello, che può essere principale (se proposto per primo) o incidentale (se proposto dopo l’appello principale della controparte).
In base agli artt. 52 e 54 del DLgs. 546/92, l’appello principale va notificato mentre l’appello incidentale va solo depositato unitamente alle controdeduzioni.
Premesso ciò, è fondamentale rammentare che:
- l’appello incidentale deve in ogni caso e a pena di inammissibilità essere proposto entro sessanta giorni dalla ricezione del principale, mediante deposito delle controdeduzioni (art. 54 del DLgs. 546/92);
- l’appello incidentale può, nei limiti indicati, essere tardivo, con controdeduzioni depositate oltre il termine di impugnazione della sentenza ma nei sessanta giorni dalla ricezione del principale.
L’art. 334 c.p.c. stabilisce: “le parti contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza”. Il comma 2 prevede che se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale tardiva perda efficacia.
Come emerge però dalla sentenza in commento, l’appello incidentale tardivo non è a rischio solo quando è inammissibile l’appello principale. Il suo interesse, infatti, deve emergere dall’appello principale della controparte pena la sua inammissibilità.
Nel caso oggetto della sentenza, l’accertamento IVA era basato su due contestazioni:
- il recupero dell’IVA non addebitata per operazioni intracomunitarie, in quanto difettava la prova del trasporto dei beni nello Stato membro di destinazione;
- il recupero dell’IVA non addebitata a un soggetto identificato in Italia (così sembra emergere dalla sentenza, a ogni modo poco importa, ai fini del principio, l’esatta natura del recupero).
In primo grado il giudice ha accolto il ricorso per la mancata prova delle cessioni intracomunitarie, ma lo ha respinto per l’IVA non addebitata al soggetto identificato in Italia. L’Agenzia delle Entrate ha presentato appello principale e il contribuente ha proposto appello incidentale nelle controdeduzioni depositate nei sessanta giorni dalla ricezione del principale (in caso contrario l’appello incidentale sarebbe stato inammissibile ex art. 54 del DLgs. 546/92), ma oltre i termini di impugnazione della sentenza (l’appello incidentale era quindi tardivo).
A ben vedere, appare chiaro come nella fattispecie indicata l’interesse all’appello incidentale non sia emerso per effetto dell’appello principale dell’Erario, considerato che i due capi di sentenza erano autonomi, indipendenti l’uno dall’altro.
Per i giudici, sulla scia di quanto già detto da varie sentenze in ambito civile, “l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile laddove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell’impugnazione principale.” (Cass. 12387/2016; Cass. 6156/2018; Cass. 27616/2019), trattandosi, per l’appunto, di una impugnazione che non dipende da quella avversa, nel senso che l’interesse ad impugnare non nasce dalla impugnazione altrui, non potendo consentirsi di «recuperare», mediante l’appello tardivo, la possibilità di effettuare una impugnazione il cui interesse era già presente dal momento della pubblicazione della sentenza”.
Lo stesso principio, sempre in ambito tributario, era già stato enunciato dalla Cassazione n. 2248/2018 a danno della parte pubblica, posto che in questo caso raramente l’interesse all’appello incidentale deriva dall’appello principale del contribuente. La parte pubblica, per definizione, ha un interesse autonomo a difendere gli interessi dell’Erario.
In conclusione, è difficile, specie per il contribuente, individuare quando l’interesse all’appello incidentale emerga per effetto dell’appello principale dell’Erario, per cui è opportuno proporre appello incidentale entro i termini di impugnazione della sentenza.
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