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FISCO

Nelle assegnazioni agevolate l’assemblea indirizza l’atto

Il consenso unanime dei soci è, di fatto, un ulteriore requisito per effettuare l’operazione

/ Francesco DE ROSA

Giovedì, 21 agosto 2025

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Anche se non manca molto alla scadenza del 30 settembre 2025, sono ancora tantissime le assegnazioni e cessioni agevolate ex art. 1 commi 31-36 della L. 207/2024 che non sono ancora state portate a termine.

Può essere utile, allora, fornire indicazioni circa il verbale di assemblea che deve precedere tanto le assegnazioni quanto le cessioni agevolate (sebbene per queste ultime non sia sempre, a stretto rigore, un atto necessario). Normalmente la necessità del verbale di assemblea deriva dalla natura dell’operazione di cui l’assegnazione è la parte esecutiva. Ad esempio, l’assegnazione di un immobile potrebbe essere effettuata in esecuzione di una distribuzione di dividendi, di competenza dell’assemblea dei soci.

La particolarità è che alla prima parte dell’assemblea se ne affianca una seconda, nella quale si entra nel merito dell’assegnazione e se ne sottopongono i termini all’approvazione dei soci. Proprio per la presenza di questa seconda parte della seduta, ottenere il consenso unanime di tutti i soci diventa una necessità quasi assoluta. Per spiegare perché occorre partire dalla constatazione che le distribuzioni di dividendi, come le restituzioni di versamenti in conto capitale, le riduzioni del capitale sociale e gli altri provvedimenti per i quali si può ricorrere all’assegnazione, sono di norma eseguiti mediante corresponsione di denaro. Ricevere denaro corrisponde alle aspettative dei soci, evita in radice ogni contestazione circa la proporzionalità tra i diritti del socio e quanto effettivamente ricevuto, e può essere addirittura un diritto, se l’assegnazione di beni in natura non è prevista dallo statuto della società.

Al di là di quest’ultimo caso, nel quale è evidente che è necessaria l’unanimità per derogare alla regola statutaria, avere un socio dissenziente rispetto a un’operazione come l’assegnazione agevolata può essere fonte di preoccupazione per la società. Il socio dissenziente, infatti, potrebbe tentare di dimostrare che i suoi diritti sono stati lesi perché, rispetto a quanto spettante in proporzione alla percentuale di partecipazione, gli è stato assegnato un bene di valore inferiore oppure perché ad altro socio è stato assegnato un bene di valore superiore. Oppure, ancora, il socio dissenziente potrebbe recriminare perché la società paga un’imposta anche nell’interesse “privato” di un altro socio, dal momento che il pagamento dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza da assegnazione agevolata “risulta definitivo e liberatorio per i soci assegnatari di qualsiasi ulteriore tassazione” (circ. Agenzia delle Entrate 1° giugno 2016 n. 26, cap. I, Parte I, § 6).

Quanto al contenuto del verbale, è importante che sia specificato, insieme alle ragioni e alla convenienza di avvalersi della disciplina agevolata, qual è il valore di assegnazione dei beni, che può anche coincidere – soprattutto nei casi di società a ristretta base e di assegnazioni di un unico bene in misura proporzionale – con il valore contabile o con il valore fiscale, ma resta in linea di principio un valore distinto che ha una sua valenza autonoma.
Il valore di assegnazione da indicare in assemblea, infatti, è quello che rileva nei rapporti tra la società e i soci e serve per verificare che i diritti di questi siano rispettati. Entro certi limiti, i soci possono comunque decidere di concordarlo (parlano di valore “attribuito” al bene tanto il documento del CNDCEC del marzo 2016 “L’assegnazione dei beni ai soci: trattamento contabile e profili operativi” quanto la circ. Agenzia delle Entrate n. 37/2016 § 1).

In molti casi il valore è effettivamente frutto di un accordo, e tale accordo deve trasparire dal verbale di assemblea con delibera approvata da tutti i soci. Si pensi al caso in cui i soci siano due, ciascuno con una partecipazione al capitale sociale del 50%, e due siano anche gli immobili da assegnare in via esclusiva a ognuno di loro. Dovrà risultare, ai fini civilistici, che gli immobili abbiano lo stesso valore di assegnazione, indipendentemente dal fatto che potrebbero avere valori contabili e valori fiscali diversi tra di loro.
L’indicazione di un valore di assegnazione con valenza civilistica, in ogni caso, ha effetto sulla contabilità della società ma non incide sulla fiscalità dell’operazione, che segue le regole dettate dall’art. 1 commi 31-36 della L. 207/2024.

In taluni casi, comunque, l’assemblea potrebbe anche non essere necessaria. Si pensi all’assegnazione, in fase di liquidazione, di un immobile in comproprietà a tutti i soci: la sottoscrizione dell’atto di assegnazione sottintende l’accettazione del bene, non sono possibili sperequazioni tra i soci e non è necessario individuare la causale dell’assegnazione perché essa è attuativa della liquidazione, già precedentemente deliberata.

Infine, un breve cenno va fatto all’opportunità di riunire l’assemblea (e di avere un consenso unanime alla delibera) anche in caso di cessione agevolata ai sensi dell’art. 1 commi 31-36 della L. 207/2024. La cessione è un atto che può ben rientrare nei poteri dell’organo amministrativo, ma questo potrebbe trovarsi a dover rendere conto del suo operato, ai soci che non abbiano approvato l’operazione, in caso di fissazione di un corrispettivo non in linea con il valore di mercato che abbia favorito alcuni soci a discapito di altri.

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