I corrispettivi supplementari aumentano la base imponibile IVA
I maggiori oneri determinati dal giudice possono richiedere l’integrazione del prezzo pattuito
Con la risposta a interpello n. 215 pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato la rilevanza ai fini IVA delle somme erogate, a titolo di integrazione del prezzo, nell’ambito di un contratto di appalto.
Quando la somma erogata dal committente corrisponde ai maggiori oneri diretti e indiretti subìti dal prestatore per l’esecuzione del servizio, detta somma assume la natura di un corrispettivo supplementare, rispetto a quello originario, con il conseguente incremento della base imponibile IVA.
Nel caso in esame, la prestazione, dipendente da un contratto di appalto, aveva a oggetto la realizzazione di opere edilizie ma l’esecuzione dei lavori veniva più volte sospesa a causa di varianti richieste dal committente, con l’attivazione di una causa da parte del prestatore.
In sede giudiziale, la società committente dei lavori veniva quindi condannata al pagamento alla controparte dei maggiori costi derivanti dalla ritardata esecuzione delle opere.
Stando alla sentenza, in particolare, l’ammontare del danno veniva determinato in considerazione di quattro fattori: le spese generali sostenute dal prestatore; la tardiva realizzazione degli utili d’impresa preventivati; i costi relativi all’ammortamento di mezzi, macchinari e attrezzature; le retribuzioni inutilmente corrisposte ai dipendenti.
In sostanza, il giudice aveva disposto il risarcimento sulla base dei maggiori oneri sopportati dal prestatore, derivanti dalle modifiche intercorse al contratto di appalto.
Sulla base della fattispecie rappresentata, per individuare le conseguenze ai fini IVA occorreva comprendere se le somme ricevute dal soggetto danneggiato avessero natura risarcitoria ovvero se le stesse rappresentassero il corrispettivo di un’obbligazione assunta dalla controparte. A tal fine veniva presentata istanza d’interpello, evidenziando tra l’altro che non constano precedenti di prassi in cui il risarcimento sia stato determinato da un provvedimento del giudice piuttosto che regolato da una clausola contrattuale.
Al riguardo, si valuta, dunque, se sia applicabile o meno il disposto dell’art. 15 comma 1 n. 1) del DPR 633/72, il quale prevede che siano escluse dal computo della base imponibile IVA “le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente”.
In assenza di tali condizioni, invece, sarebbe integrata una prestazione di servizi soggetta a IVA ex art. 3 del DPR 633/72, la cui base imponibile corrisponde, a norma dell’art. 13 comma 1 del DPR 633/72, all’ammontare complessivo dei “corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente”.
In termini generali, l’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello n. 215, rammenta che l’esclusione da IVA derivante dall’applicazione dell’art. 15 del DPR 633/72 presuppone l’esistenza di un risarcimento in senso proprio, dovuto a ritardi o inadempimento di obblighi contrattuali (ris. n. 73/2005) e che le somme corrisposte a titolo di penale non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi, data la loro funzione punitiva e/o risarcitoria (ris. n. 64/2004).
A diverse conclusioni si giunge qualora le somme erogate rappresentino un eventuale maggiore compenso, incrementando il corrispettivo originariamente pattuito.
Nel caso di specie, occorre evidenziare il fatto che l’ulteriore somma di denaro che il committente deve corrispondere all’appaltatore è stata determinata, dal giudice, in funzione del ritardo subìto nell’ambito di un contratto già in essere, giunto comunque a termine con l’edificazione dell’opera convenuta.
L’Agenzia, senza fornire particolari dettagli motivazionali, ritiene che la somma erogata – a seguito del provvedimento giudiziale – abbia la natura di una integrazione del corrispettivo della prestazione (eseguita dall’appaltatore) piuttosto che di penale.
La natura sinallagmatica e non indennitaria della somma corrisposta troverebbe conferma nel fatto che, nonostante il ritardo subìto, il committente può comunque fruire dell’opera realizzata.
Non ci si deve, invece, limitare al mero dato letterale della sentenza in questione, ove si parla di “danno”.
L’importo determinato dal giudice corrisponde ai maggiori oneri diretti e indiretti subìti dal prestatore, in precedenza illustrati (es. tardiva realizzazione degli utili, costi relativi agli ammortamenti, maggiori oneri retributivi), e, pertanto, la prestazione eseguita, soggetta a IVA, richiede la determinazione di un corrispettivo supplementare, eccedente rispetto a quello pattuito in via originaria.
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