La dichiarazione dei redditi si può inviare prima della chiusura della liquidazione giudiziale
Al curatore devono essere noti tutti gli elementi impositivi
Nell’ambito della liquidazione giudiziale, ai fini delle imposte sui redditi, il curatore, al termine della procedura, è tenuto a trasmettere la dichiarazione finale (art. 5 comma 4 del DPR 322/1998).
Si tratta della dichiarazione afferente ai redditi relativi al maxi periodo compreso tra l’apertura della procedura e la chiusura della stessa, indipendentemente dalla sua durata ed anche in caso di esercizio provvisorio (art. 211 del DLgs. 14/2019).
L’obbligo ricade in capo al curatore che, ai sensi dell’art. 5 comma 4 del DPR 322/98, è tenuto ad adempiervi entro l’ultimo giorno del nono mese successivo alla chiusura della liquidazione giudiziale.
La trasmissione deve essere effettuata per via telematica, servendosi del servizio Entratel e previo versamento delle imposte dovute.
Il termine entro il quale la dichiarazione deve essere trasmessa rappresenta solo il termine ultimo entro il quale il curatore è tenuto all’invio (ultimo giorno del nono mese); la norma non aggiunge, invece, altro riferimento (ad esempio “non prima di” o formule analoghe) che possa lasciare intendere una volontà di impedire al curatore che questi possa adempiervi in un tempo diverso, sebbene antecedente.
In altri termini, la norma si limita a fissare un termine ultimo, ma non anche un termine iniziale prima del quale il curatore non può procedervi.
Ne consegue che la dichiarazione può essere legittimamente trasmessa, con piena efficacia, anche prima della chiusura della procedura (art. 236 del DLgs. 14/2019).
A tal fine, tre sono gli elementi principali che rilevano a favore di una possibile trasmissione anticipata: la sussistenza di una specifica esigenza della procedura ovvero di un interesse oggettivo della massa dei creditori; la definizione di tutti i rapporti pendenti; in ultimo, che al curatore siano noti tutti gli elementi che compongono il reddito da dichiarare.
In particolare, può attribuirsi rilievo a taluni fattori specifici quali: l’esaurimento dell’attività liquidatoria, la cessazione della partita IVA, la completa esecuzione del riparto finale e, quindi, la definizione di tutti i rapporti attivi e passivi afferenti alla liquidazione giudiziale.
In tal senso si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 30715 depositata il 21 novembre 2025.
Di contro, la Suprema Corte precisa che non è ammessa la presentazione di una dichiarazione parziale, che valga solo per una parte del maxi periodo e che richieda una sua successiva integrazione allo scopo di tener conto dei nuovi e ulteriori presupposti impositivi.
Resta fermo, ovviamente, il potere di accertamento dell’Ufficio finanziario che, in caso di omissioni o di incompletezze, può procedere con il controllo della dichiarazione finale presentata dal curatore.
La pronuncia affronta anche il tema degli effetti dichiarativi sull’insorgenza del credito per ritenute su interessi bancari e della loro possibile cessione.
In particolare, è precisato che l’adempimento dichiarativo non rileva in alcun modo ai fini dell’insorgenza del credito IRES da eccedenza di imposta versata a titolo di ritenuta d’acconto su interessi bancari.
Tale credito, infatti, matura in ragione del compimento delle attività di liquidazione eseguite dal curatore e, pertanto, è da ritenersi certo, liquido ed esigibile.
Di conseguenza, la presentazione della dichiarazione dei redditi finale ha la sola funzione di rilevare un credito già sorto.
Ciò comporta che lo stesso credito possa essere ceduto, in modo valido ed efficace a favore del cessionario, anche prima della cessazione della procedura, posta la sua natura certa, liquida ed esigibile.
Inoltre, affinché la cessione si perfezioni, è necessario che sia notificata all’Erario nelle forme di cui all’art. 43-bis del DPR 602/73: la notifica, infatti, ha natura costitutiva e, in mancanza, è da ritenersi non opponibile all’Ufficio.
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