Amministratori titolari effettivi di società a controllo pubblico e in house providing
Il CNDCEC chiarisce alcuni aspetti problematici della titolarità effettiva nel settore pubblico
Il CNDCEC ha pubblicato ieri, 24 novembre, il documento “L’individuazione del titolare effettivo nella Pubblica Amministrazione e nelle società a partecipazione pubblica”.
Mentre, infatti, l’attuale disciplina normativa si fonda su modelli di titolarità tipicamente privatistici, gli enti pubblici si caratterizzano per assetti giuridici e funzionali in cui i concetti di “proprietà” e “controllo” devono essere attentamente considerati, rivestendo in tale ambito un significato del tutto peculiare, in quanto correlato all’esercizio di potestà pubbliche e alla gestione di risorse collettive.
Di conseguenza, l’applicazione automatica dei criteri previsti per le società private rischia di produrre risultati incoerenti, imponendo una riflessione sistematica sulla compatibilità della nozione di titolare effettivo con i principi del diritto amministrativo e della Pubblica Amministrazione.
Tale riflessione, in particolare, porta a considerare il concetto di titolarità effettiva come strumento di trasparenza trasversale, capace di adattarsi alla diversa natura dei soggetti coinvolti.
Negli enti pubblici, innanzitutto, più che di una titolarità economica, si tratta di individuare la persona fisica che, in ultima istanza, esercita poteri decisionali o di gestione in grado di influire sull’impiego delle risorse e sulla direzione dell’attività. Ferma restando la finalità di rendere visibile, trasparente e tracciabile il centro effettivo delle decisioni e delle responsabilità, quale presidio contro fenomeni di opacità, conflitto di interessi o uso distorto dei poteri amministrativi.
Con riferimento a tali enti, pertanto, si ritiene che il titolare effettivo coincida con il/i soggetto/i dotato/i di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione dell’ente pubblico, da individuare in concreto alla luce degli assetti organizzativi o statutari dell’ente. Nei casi più tipici si tratta del legale rappresentante dell’ente; si pensi, ad esempio, al Sindaco per i Comuni, al Presidente per le Regioni o per gli enti pubblici e al Direttore generale per gli enti strumentali o le aziende speciali (cfr. la FAQ n. 1 MEF, Banca d’Italia e UIF).
Ben più complessa si presenta la questione nell’ambito delle società a partecipazione pubblica. Società che, pur avendo una struttura privatistica, operano per finalità pubbliche e sono soggette a un regime giuridico ibrido che impone un delicato bilanciamento tra i principi di diritto societario e di diritto amministrativo.
Con riferimento alle società in controllo pubblico, si ritiene che l’individuazione del titolare effettivo debba avvenire in base al criterio residuale di cui all’art. 20 comma 5 del DLgs. 231/2007, che lo identifica nel soggetto investito dei poteri di rappresentanza o di amministrazione della società controllata. Tale orientamento è considerato più aderente alla circostanza che in riferimento agli enti di diritto pubblico non è possibile individuare i soggetti-persone fisiche intesi come beneficiari sostanziali dell’operazione e portatori del reale interesse economico sotteso alla stessa.
Nonostante le maggiori incertezze, inoltre, si ritiene preferibile applicare tale criterio residuale – individuando, quali titolari effettivi, gli organi amministrativi o direttivi della società (senza risalire fino all’ente pubblico ed al suo rappresentante legale) – anche nelle società in house providing; ossia in quelle società titolari di affidamento diretto di contratti pubblici, sulle quali l’amministrazione affidante esercita, da sola o congiuntamente ad altre amministrazioni, un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che svolgono la parte più importante della loro attività in favore dell’amministrazione o delle amministrazioni controllanti. Tale soluzione, infatti, tiene conto della circostanza che – pur non potendo negarsi che l’esercizio del controllo analogo da parte del soggetto pubblico esclude in capo alla società in house qualsiasi volontà di natura imprenditoriale autonoma – sono i soggetti che hanno la rappresentanza legale/amministrazione/direzione della società ad avere la responsabilità ultima e generale della sua gestione e ad assumere decisioni vincolanti per suo conto.
Nelle società miste (ossia in quelle società in cui la partecipazione privata – che non può essere inferiore al 30% – è normalmente funzionale all’apporto di capitale, competenze o capacità operative), infine, si ritiene che il titolare effettivo debba essere individuato secondo i criteri ordinari di cui all’art. 20 del DLgs. 231/2007, facendo coincidere il titolare effettivo con la persona fisica (o con le persone fisiche) cui in ultima istanza è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente, ovvero il relativo controllo o ancora, in ultima analisi, titolare, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società.
La soluzione che valorizza sia la partecipazione di natura privata che quella di natura pubblica, di contro, non si reputa del tutto allineata alla previsione normativa, di cui all’art. 20 del DLgs. 231/2007, che richiede una applicazione “scalare” dei criteri per l’individuazione del titolare effettivo (cfr. la FAQ n. 6 MEF, Banca d’Italia e UIF).
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