A sei mesi e dieci giorni esatti di distanza dalle dimissioni del Presidente Miani, i commercialisti italiani tornano ad avere un Consiglio nazionale a rappresentarli. Oggi, presso il Ministero della Giustizia, ci sarà la cerimonia di insediamento ufficiale della squadra guidata da Elbano De Nuccio e subito dopo si terrà la prima riunione di Consiglio in piazza Repubblica. Una giornata intensa, di cui Eutekne.info ha parlato con il neo Presidente, che si è soffermato anche sui temi di più stretta attualità politica e categoriale. Presidente De Nuccio, ad accoglierla in via Arenula, oltre ai Sottosegretari Sisto e Macina, ci sarà anche la Ministra Cartabia. Cosa le dirà? “La ringrazierò per la sua presenza, che è un segno tangibile di vicinanza alla categoria. Le farò presente che si chiude una pagina buia della nostra professione, con una serie di ricorsi che hanno poi portato al commissariamento, e che si apre un capitolo nuovo. Ora c’è una governance integralmente rinnovata, che inizia questo mandato con una prospettiva di ricostruzione di una professione che, negli anni, ha perso visibilità e credibilità. Le dirò, inoltre, che abbiamo almeno tre dossier molto caldi, equo compenso, riforma della giustizia tributaria e codice della crisi d’impresa, e che abbiamo un piano di azione interno che prevede una completa e radicale riforma della nostra legge ordinamentale”. Sull’equo compenso, proprio sulle pagine di Eutekne.info, è stato già molto chiaro (si veda “Professioni spaccate sull’equo compenso” del 19 maggio). Cosa contiene, invece, il dossier sulla giustizia tributaria? “Lo vedrà già domani (oggi, ndr). La prima cosa che farò sarà quella di inviare una richiesta formale alle istituzioni di coinvolgere i commercialisti al tavolo della riforma e di inserirli nel nuovo ordinamento della giustizia tributaria. Non è una rivendicazione di classe, ma nell’ottica dell’efficientamento del sistema giudiziario non si può prescindere dalle nostre competenze”. In che modo dovranno essere presenti? “Sia nella parte giudicante, dando la possibilità a chi ha fatto il nostro percorso formativo di accedere al concorso, sia come patrocinio dinanzi alle Commissioni tributarie, aprendo alla possibilità di patrocinare anche le controversie dinanzi alla sezione tributaria della Cassazione. Ovviamente, questo dovrà avvenire attraverso un percorso formativo di tipo specialistico. A proposito di specializzazioni, fra due settimane ho appuntamento al MIUR per discutere dell’accordo quadro per il riconoscimento dell’equipollenza dell’attività formativa portata avanti dalle SAF (sul tema si veda “De Nuccio proclamato Presidente del CNDCEC” del 10 maggio)”. Sulla crisi d’impresa, invece, si può dire che la priorità è rivedere il tema delle responsabilità in capo ai collegi sindacali? “È un argomento su cui bisogna necessariamente mettere mano. Se l’obiettivo è quello di garantire un sistema di controllo interno che prevenga la situazione di crisi e che sia di ausilio e supporto all’imprenditore, allora bisogna fare sì che i componenti del collegio sindacale siano innanzitutto valorizzati in termini di compenso e che possano avere una responsabilità limitata a dei multipli di quel compenso, cosa che avviene già in tutti i Paesi civili d’Europa”. Al centro dell’attualità politica c’è anche la riforma fiscale. Dove si dovrebbe intervenire? “Bisogna trasformare il sistema tributario italiano da strumento di copertura del debito pubblico a leva di crescita economica. Il Governo deve avere il coraggio di ridurre la pressione fiscale. E non faccio riferimento solo all’imposizione diretta, ma anche agli strumenti di tassazione in termini di onerosità contributiva del costo del lavoro. Se non lo facciamo adesso quando dovremmo farlo? A situazioni straordinarie si risponde con azioni straordinarie”. Tornando alla giornata di domani, cosa dirà alla sua squadra nel corso della prima riunione di Consiglio? “Che questo non sarà un Consiglio di rappresentanza ma un Consiglio di operatività. Abbiamo l’obbligo di dare segnali concreti e immediati ai colleghi. Ciascuno di loro si deve impegnare perché nelle varie aree di delega possa concretizzare questa azione politica con segnali tangibili. Non possiamo solo rappresentare, dobbiamo dare risposte ai problemi della professione”. A proposito di segnali tangibili, sono anni ormai che, soprattutto sui social, la base esprime malcontento per l’operato dei proprio vertici. Come si fa a cambiare questa percezione negativa? “Quello che è mancato in questi anni, vuoi per incapacità comunicativa, vuoi per una strategia volutamente non comunicativa, è la conoscenza dell’azione politica portata avanti dal Consiglio nazionale. Ritengo che tutto quello viene fatto all’interno del Consiglio nazionale debba essere reso immediatamente conoscibile, non solo attraverso gli organi di stampa, ma anche tramite i social. Questo consente non solo di dar conto agli Ordini e agli iscritti di quello che stiamo facendo, ma anche di raccogliere critiche che possono essere filtrate in maniera costruttiva. Il confronto ampio apre la mente ad azioni correttive”. Negli ultimi anni, c’è stata una costante erosione di competenze specifiche. Proprio in questi giorni, c’è stato un botta e risposta tra le Unioni giovani di commercialisti e consulenti del lavoro sull’invio telematico dei bilanci (si veda “Come categoria dobbiamo difendere il perimetro di nostra competenza” del 31 maggio). Perorare la causa delle esclusive creerà frizioni con altre professioni ordinistiche? “Premesso che è necessario aprire un tavolo di confronto tra tutte le categorie professionali, quantomeno quelle più attigue, c’è un dato di fatto: chi sta invadendo il campo di operatività tradizionalmente ad appannaggio di un’altra professione non siamo noi, sono altri. Mi verrebbe da chiedere, provocatoriamente: volete inviare i bilanci? Fatelo! Ma per quale motivo un commercialista non può fare intermediazione in ambito lavorativo o non può fare da dominus a un futuro consulente del lavoro? Se loro chiedono competenze che sono proprie della nostra professione perché i commercialisti non possono fare altrettanto, considerando anche che hanno pieno titolo per occuparsi della materia lavoro?” Se queste sono le premesse, c’è margine per rientrare nel CUP, da cui il vecchio CNDCEC uscì proprio a seguito di frizioni con altri Ordini, e portare avanti politiche condivise su temi comuni? “Intanto, rientreremo se avremo la possibilità di essere protagonisti e determinare le scelte politiche, altrimenti faremo altro. Non è mia intenzione fare una lotta tra Ordini professionali. C’è bisogno, però, che in primis i nostri interlocutori istituzionali comprendano che ci sono delle specificità che ci devono essere riconosciute. Le vogliamo chiamare prerogative o esclusive, la sostanza deve essere che quel tipo di lavoro devono farlo i commercialisti”. Restando sui rapporti, parliamo anche di quelli interni. Negli ultimi mesi, le sigle sindacali hanno provato a colmare il vuoto di rappresentanza dovuto al commissariamento, alimentando il confronto con la politica. Chiederà loro di fare un passo indietro? “Ho intenzione di convocarli a strettissimo giro. C’è la necessità di stabilire chi fa cosa, chiarendo che la rappresentanza dei 120 mila commercialisti, sia nell’interlocuzione istituzionale che a livello sociale, è in capo al Consiglio nazionale e al suo Presidente. I sindacati sono una risorsa, ma dobbiamo lavorare condividendo preventivamente le azioni politiche per non rischiare di apparire contraddittori. Dobbiamo confrontarci, creare una cabina di regia, avere anche idee diverse ma poi uscire sempre con un’unica voce, quella del Consiglio nazionale. Nelle ultime settimane, una delle richieste che mi è stata avanzata da rappresentanti istituzionali è stata quella di evitare la processione di sigle sindacali alle proprie porte. C’è voglia di avere un solo interlocutore”. Insomma, l’attività di lobbying la fa il Consiglio nazionale. “Va riconosciuto il ruolo politico di rappresentanza del CNDCEC. Ascolterò i sindacati e li coinvolgerò in una funzione politica condivisa, con ruoli e azioni ben definite, ma l’attività di lobbying politica la fa il Consiglio nazionale, altrimenti perdiamo identità e credibilità. È finito il tempo del commissariamento e delle lotte intestine; ora è tempo di azioni univoche a favore della categoria”. Sempre sul fronte interno, c’è il tema della riforma del DLgs. 139/2005. Da dove si comincia? “Va rivisto l’impianto generale, che ormai non è più attuale, a cominciare dall’art. 1: un minestrone che dice tutto e niente. Bisogna snellirlo, attribuendo ai commercialisti competenze che hanno una maggiore riconoscibilità. Ma bisogna intervenire anche sul tema delle incompatibilità, che a oggi sono davvero troppo penalizzanti per i colleghi, e fare una riforma elettorale che preveda meccanismi di rappresentanza diversi. È un cantiere aperto, su cui c’è bisogno di un confronto che ho intenzione di far partire da subito”.
1 giugno 2022
/ Savino GALLO