Mercoledì 17 luglio, l’Assemblea dei delegati della Cassa di previdenza dei dottori commercialisti si riunirà per eleggere i componenti del prossimo Consiglio di Amministrazione, che si insedierà a fine settembre con la nomina delle varie cariche interne. A Stefano Distilli, attuale Presidente della CDC, rimangono dunque ancora poco più di due mesi alla guida dell’ente: “Ho ancora tante cose da fare”, dice, allontanando l’idea di un “meritato riposo” che anche l’imminenza della pausa estiva imporrebbe. Ma il prossimo futuro sarà, inevitabilmente, anche il tempo dei bilanci. Quelli che inizia a tracciare con Eutekne.info, nel corso di una chiacchierata in cui si è parlato, tanto, di passato, ma anche molto del futuro della Cassa e della professione. Presidente Distilli, come sono stati questi quattro anni? “Molto intensi, anche perché ci siamo insediati nel pieno della pandemia, con tutto ciò che ha comportato in termini di gestione delle misure legate all’emergenza. Un impegno straordinario, ma nonostante ciò siamo comunque riusciti a raggiungere gli obiettivi che ci eravamo posti”. Quali erano? “Il rafforzamento delle linee di indirizzo stabilite negli anni precedenti. Abbiamo lavorato su tre filoni. Lo scorso anno, con l’avvio del Centro studi, siamo riusciti a ragionare su delle simulazioni che ci hanno confortato sulla sostenibilità della Cassa. Messo in sicurezza questo aspetto, ci siamo concentrati sul welfare e sull’adeguatezza delle prestazioni con il rafforzamento delle misure premiali. L’aumento della percentuale, dal 2 al 5%, dell’avanzo di amministrazione da destinare al welfare ci ha dato più spazio di manovra e, assieme alle modifiche regolamentari, ci ha permesso di «inventarci» una serie di nuove misure a sostegno della categoria”. Quindi, il suo bilancio è positivo? “Assolutamente sì. Abbiamo evoluto il modello della Cassa, cercando di migliorare i servizi di assistenza e implementando il modello di comunicazione, in modo da far conoscere tutti gli strumenti che l’ente mette a disposizione”. Migliore comunicazione ha significato anche maggiore diffusione della cultura previdenziale. L’aumento dell’aliquota contributiva è un altro motivo d’orgoglio? “Convincere qualcuno a versare più del minimo non è affatto facile. In anni complicati come questi, in cui pensavamo che magari si sarebbe versato un po’ di meno, siamo arrivati al 13,91% di aliquota media. Vuol dire che c’è la fiducia dei colleghi e un’efficace strategia di educazione previdenziale”. Il suo bilancio personale, invece, qual è? Cosa si porterà via? “È un’esperienza professionale e umana che alla fine diventa totalizzante e ti permette di avere una visione a 360° di quello che è il mondo delle professioni, delle Istituzioni, dei media. Concentri in 4 anni cose che magari faresti in mezza vita. Faticoso ma gratificante”. Parliamo del futuro. Quello della Cassa, almeno in termini di governance, si decide tra qualche giorno. Cosa auspica? “Continuità. In questo mandato, 6 Consiglieri venivano dal mandato precedente, nel prossimo ce ne saranno 3, speriamo 4. L’auspicio è quello di continuare con le persone con cui abbiamo condiviso questo percorso, che è stato intrapreso per migliorare gli equilibri, le prestazioni e dare supporto ai colleghi. Linee guida che, seppur con sfumature diverse, non credo possano essere derogate”. Se potesse dare un consiglio al suo successore quale sarebbe? “Che non ci sono da fare grossi cambiamenti o rivoluzioni. C’è da mettere idee e energie nuove per portare avanti il percorso che è già stato tracciato. Ben vengano idee nuove che possano servire anche a chi verrà dopo per orientarsi meglio”. Nuove idee, ad esempio, su come attirare i giovani alla professione? Voi ci avete provato con la pre-iscrizione obbligatoria alla Cassa per i tirocinanti. “Un’iniziativa che rimane una grande incompiuta. Dopo la seconda bocciatura alla nostra delibera (da parte dei Ministeri vigilanti, ndr) non ci abbiamo più riprovato ma speriamo che in futuro qualcosa possa cambiare. Abbiamo provato a stimolare il Consiglio nazionale nell’ambito della riforma del DLgs. 139/2005, chiedendo di prevedere un’apposita sezione dell’albo che accolga i tirocinanti, in modo da aprire le porte anche all’eventuale pre-iscrizione alla Cassa. Vedremo se tali suggerimenti saranno recepiti. Per il resto, stiamo provando ad andare a prendere i giovani direttamente all’Università, con una serie di iniziative in cui raccontiamo la previdenza e le opportunità offerte dalla professione che, da quello che emerge, sembrano essere ancora poco note”. Nel 139 si prevede la modifica del regime delle incompatibilità che, aprendo ad attività extra-professionali, impatta anche sulla previdenza. Qual è la sua posizione? “La norma è obsoleta e va modificata. Siamo stati consultati dal Consiglio nazionale sulla bozza e abbiamo presentato le nostre osservazioni. Il tema vero è quello dell’attività svolta tramite società di servizi che, in quanto tali, potrebbero sfuggire al contributo integrativo e creare una potenziale evasione notevole, oltreché concorrenza sleale nei confronti dei colleghi. L’auspicio è che si possa trasformare tutto in società tra professionisti, che sono soggette al contributo integrativo”. Tornando ai giovani e alla necessità avvicinarli alla professione, i numeri dei nuovi iscritti alla Cassa, tutto sommato, non sono poi così bassi. “Le iscrizioni continuano a tenere un ritmo di oltre 2 mila all’anno ma il numero dei tirocinanti si è ridotto, quindi la realtà ci fa rimanere ottimisti, ma sul futuro c’è preoccupazione. Poi potremmo chiederci se è meglio avere sempre più professionisti ma con redditi più bassi, oppure un numero più limitato ma con maggiori opportunità e redditi più elevati. Ma questo è un altro discorso”. Intanto, però, la curva dei redditi continua a crescere. “Meglio non dirlo troppo forte, altrimenti qualcuno ci rimane male. Ma i dati sono dati e dicono che, pur con tutte le incertezze di questo periodo, c’è una buona base consolidata”. Quindi lascia una professione in salute? “Una professione che si sta interrogando sempre di più sul futuro, capendo che c’è da evolvere e da cambiare e che non sempre lasciare il passato vuol dire perdere qualcosa. Spesso, si guadagnano altre opportunità. La stragrande maggioranza lavora ancora sull’attività di base. Auspico che si trovino anche altre strade per svolgere questa professione”. Che Cassa lascia, invece? “Una Cassa che in questi 8 anni (contando anche il mandato precedente da Consigliere, ndr) ha avuto un percorso di crescita armonica da tutti i punti di vista: volumi, masse, iscritti e soprattutto prestazioni. Una Cassa che può contare su una solidità di base che le permetterà anche di sopportare naturali shock demografici o professionali, senza essere costretti a ragionare per potenziali emergenze”. E, magari, continuando a farlo in autonomia organizzativa e decisionale. “Il sistema delle Casse professionali ha dimostrato di aver fatto un percorso virtuoso. Per questo, ci aspettiamo che non vengano messi ulteriori lacci e lacciuoli di tipo pubblicistico, ma che ci sia un riconoscimento in termini di ascolto attivo. Questo vale anche per gli investimenti. Si può anche parlare del fondo comune, ma bisogna farlo attorno a un tavolo e non come imposizione dirigistica esterna. Può essere un’idea percorribile, a patto che sia costruito in un certo modo e con un accesso di tipo volontaristico”.
12 luglio 2024
/ Savino GALLO