Dal 2007, ultimo anno prima dell’unificazione degli albi, al 2022, il reddito medio dei commercialisti è cresciuto del 22,4%, passando da 59.847 a 73.277 euro, ma se si tiene conto dell’inflazione, che nello stesso periodo è aumentata del 30,8%, il reddito medio è diminuito del 6,4%, dai 68.553 euro del 2007 ai 64.165 del 2022. È quanto si evince dalla ricerca “Dinamica dei redditi dei commercialisti italiani tra il 2008 e il 2023”, realizzata dalla Fondazione nazionale di categoria e diffusa ieri. Il periodo considerato è stato caratterizzato da una serie di crisi economiche di diversa natura che hanno avuto notevoli impatti sul sistema economico e quindi anche sulla professione, che però ha mostrato un certo grado di resilienza e di anticiclicità (soprattutto nella crisi pandemica) rispetto ad altri comparti produttivi. Tra il 2007 e il 2019, la crisi dei mutui subprime e quella del debito sovrano hanno portato a una riduzione dei redditi medi reali (depurati dall’inflazione) dell’11,8%, ma nello stesso periodo il valore aggiunto per occupato in termini reali dell’intero comparto “Attività professionali, scientifiche e tecniche” ha perso il 17,2%; quello del sotto-comparto “Attività legali, contabilità e consulenza gestionale” il 15,1%; mentre il reddito professionale medio deflazionato di tutti i liberi professionisti iscritti alle Casse previdenziali private è diminuito del 16,5%. Nel periodo Covid, invece, c’è stato un rimbalzo “straordinario”. Basti pensare, infatti, che l’88% dell’incremento complessivo del reddito medio nell’intero periodo considerato è avvenuto a cavallo tra il 2019 e il 2022. Numeri che si spiegano (anche) con quello che la FNC definisce un “paradosso”, legato al calo degli iscritti, che se, da una parte, fa gridare all’allarme per la perdita di attrattività della professione, dall’altra ha permesso di “ampliare la propria fetta di mercato”, andando a ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta, e di aumentare il peso sul reddito medio della parte più “anziana” della professione, che generalmente fa registrare redditi più alti. Dal 2008 al 2023, infatti, l’età media degli iscritti all’albo è aumentata di 5,1 anni. La distanza dei redditi tra under 40 e le altre classi di età rimane notevole, anche se in questi anni il gap si è andato via via riducendo, soprattutto con gli over 60. Nei 15 anni considerati, gli under 40 hanno fatto registrare una crescita molto sostenuta (+23,1%), a fronte del +15,6% dei soggetti che fanno parte della classe centrale (41-60 anni) e del vero e proprio crollo degli over 60 (-16,8%). Di qui, la forte riduzione del gap reddituale, passato dal 64,7% del 2007 al 47,8% del 2022. Stesso discorso per l’analisi dei dati reddituali per macro-aree territoriali. Il gap tra Nord e Sud rimane importante, ma è stata soprattutto quest’ultima zona d’Italia a trainare la crescita dei redditi medi, aumentati del 40,5% al Sud, contro il +21% del Nord e il 19,5% del Centro. L’aumento più consistente si è verificato nel periodo post Covid (+28,1% il Sud e +16,9% il Nord), mentre i 13 anni pre Covid hanno visto una crescita del reddito medio al Sud del 9,7%, comunque superiore a quella del Nord, che si è fermato a +3,5%. Tali dati producono una riduzione del gap reddituale del Sud rispetto alla media nazionale di 8,1 punti percentuali: dal 49,7% del 2007, con una punta del 50,4% nel 2008, al 42,3% del 2022. Quanto, invece, al divario di genere, anche in questo caso c’è stata una riduzione, ma molto meno consistente. La distanza tra il reddito medio delle donne e quello degli uomini è diminuita dell’1,6% (dal 43,9% del 2007 al 42,3% del 2022) ma il periodo post Covid ha smorzato gli effetti di questo trend. Nel 2018, infatti, la differenza era arrivata al 40,9%, per poi risalire al 42,3. “Da questa analisi – ha commentato il Presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio – emerge il quadro di una professione resiliente e in salute, grazie soprattutto al grande recupero che c’è stato dopo il Covid. Una professione che, evidentemente, svolge un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo dell’economia nazionale, con una funzione essenziale proprio nei momenti di maggiore crisi per il Paese”. “La diminuzione dei divari reddituali, in particolare quelli relativi ai giovani e alle donne – aggiunge – è un segnale molto positivo. È impressionante il grande recupero del reddito medio dei commercialisti del Sud rispetto a quelli del Nord, favorito in modo particolare dalla crisi Covid, ma in atto già da prima. La distanza è ancora grande, ma la tendenza lascia ben sperare. Siamo fiduciosi che questo trend possa consolidarsi ulteriormente nelle prossime rilevazioni, come emerge da alcune anticipazioni sui dati reddituali relativi al 2023”.
5 aprile 2025
/ Savino GALLO