Revisione dei parametri ministeriali di cui al DM 140/2012, modifica del codice deontologico, sanzioni e pareri di congruità. Sono tanti i temi aperti collegati alla nuova legge sull’equo compenso, la L. 49/2023, che entrerà in vigore il prossimo 20 maggio. Eutekne.info ne ha parlato con Pasquale Mazza, Consigliere del CNDCEC con delega a deontologia e compensi professionali, che proprio oggi è atteso al Ministero della Giustizia per discutere la proposta di revisione del DM 140/2012, già inoltrata a via Arenula nelle scorse settimane. Consigliere, come avete pensato di modificare il decreto ministeriale? “Intanto, abbiamo chiesto di approvare un decreto ad hoc per i commercialisti. È una revisione complessiva del capo terzo del DM 140/2012, che a sua volta è suddiviso in due sezioni: la prima sulle norme generali, la seconda in cui ci sono le norme dedicate alle prestazioni professionali. Ogni articolo di quella sezione rimandava ai riquadri della tabella C, che fornivano le regole di calcolo per l’individuazione dei compensi. In particolare, questa seconda parte l’abbiamo rivista riprendendo prestazioni che si erano dimenticati di inserire nel passaggio dalla vecchia tariffa al decreto ministeriale, che quindi era già carente in origine, e aggiungendo le altre prestazioni che, nel frattempo, la pratica professionale ha fatto emergere nell’arco degli anni”. Prevedete anche la modifica delle modalità di calcolo dei compensi? “I compensi sono tutti rivisti. Quelli stabiliti in misura fissa o in una forchetta prestabilita sono adeguati anche solo per tenere conto dell’inflazione che c’è stata in questi dieci anni. Per i compensi che erano previsti in misura percentuale rispetto a un determinato parametro, invece, abbiamo ragionato sulle percentuali per capire se fossero o meno adeguate”. Le percentuali che, ad esempio, si applicano per la determinazione dei compensi dei collegi sindacali saranno riviste? “Sull’art. 29 abbiamo lavorato pochissimo. Nella proposta rimane sostanzialmente identico quantomeno per il primo scaglione, quello da zero a 5 milioni di euro, che prevede un compenso compreso tra i 6 e gli 8 mila euro. Quello non lo abbiamo toccato, mentre siamo intervenuti sulle percentuali degli scaglioni successivi”. Un passaggio molto delicato, questo, proprio in virtù dell’entrata in vigore della legge sull’equo compenso. “Assolutamente sì. Il tema è che quando hai valori di riferimento elevati, applicando pedissequamente la regola vengono fuori compensi importanti rispetto alla esperienza pratica di questi anni. Quei parametri, però, non erano mai stati applicati se non in caso di contenzioso, caso molto raro per i collegi i cui compensi erano deliberati dall’assemblea. Oggi, invece, almeno per le imprese soprasoglia dell’equo compenso, il sindaco potrebbe accettare la nomina e poi andare dal giudice e chiedere che gli venga liquidato il compenso in base alla legge 49/2023”. Quando scatta questo diritto? “Dopo aver svolto la prestazione. Firmi la convenzione, accetti la nomina, rendi il servizio e quando è il momento di farti pagare vai dal giudice. Nel caso del collegio sindacale con incarico triennale, ma con compenso pattuito sul singolo anno, direi che al termine del primo anno si potrà far valere il diritto di ricevere un equo compenso”. Però, ci si espone alle sanzioni disciplinari prevista dall’art. 5, comma 5, della legge sull’equo compenso. “Il tema della deontologia è un altro aspetto molto delicato. Sicuramente, si potrà andare incontro a una sanzione. L’alternativa è non accettare l’incarico”. Di che tipo di sanzione si parla? “Ci ragioneremo in seno al Consiglio nazionale. In linea di massima, io sarei per la gradualità delle sanzioni. Parti con la censura, poi in caso di recidiva vai incontro a una sanzione via via più pesante”. L’art. 5, comma 5, dice testualmente “Gli ordini e i collegi professionali adottano disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista...”. Quindi, fino alla modifica del codice deontologico le sanzioni non ci sono, o sbaglio? “In linea di principio direi di no, perché il nostro codice deontologico non ha riferimenti alla legge sull’equo compenso. Oggi, si può sanzionare solo se viene violato l’art. 25, che impone di pattuire per iscritto l’onorario. È vero che anche quell’articolo dice che l’onorario deve essere proporzionato alla quantità e qualità della prestazione, ma non ci sono riferimenti ai parametri ministeriali”. Vi siete posti dei tempi per modificare il codice? “La norma non detta i tempi, ma cominceremo a lavorarci immediatamente, per poi portare la nostra proposta al Ministero della Giustizia, che dovrà approvarla”. Il tema sarà anche capire se sanzionare o meno quei compensi che magari non sono iniqui in linea di principio ma sono comunque sottosoglia rispetto al DM 140/2012. Il pensiero torna alla questione collegi sindacali. “Bisognerà capire se è necessario rispettare matematicamente il numero o se si possono fare salve quelle situazioni in cui i compensi sono comunque adeguati anche se non rigorosi alla virgola”. Lo chiederete al Ministero? “Il nostro approccio è di massima cautela, perché la norma va rispettata, ma anche di equilibrio, perché credo che si potranno verificare situazioni in cui un compenso inferiore al parametro numerico sia comunque rispettoso dei principi civilistici e costituzionali in materia di equità dei compensi e che quindi non siano sanzionabili. Poi magari il Ministero ci dirà che il parametro va rispettato pedissequamente e allora faremo altre valutazioni”. In questo caso, si corre il rischio di mettersi fuori mercato? “Assolutamente sì. Oppure che qualcuno faccia delle manovre sulle forme di governance, eliminando il collegio sindacale. Magari introduci il sistema monistico e ti affidi al revisore legale dei conti”. Che non è soggetto alla legge sull’equo compenso. “La revisione legale è vigilata dal MEF e, dunque, anche loro devono applicare dei parametri, ma sono quelli regolati dall’art. 10, comma 10, del DLgs. 39/2010”. Chiudiamo con il parere di congruità rilasciato dagli Ordini che, ai sensi dell’art. 7 della legge 49/2023, potrà costituire titolo esecutivo. State lavorando a un modello standard? “Tali pareri devono essere resi nel rispetto della legge 241/1990, sulla trasparenza amministrativa. Il Consiglio lavorerà sulle procedure che dovranno seguire gli Ordini, per arrivare a emettere dei provvedimenti di liquidazione dei compensi rispettosi della normativa. Siamo intenzionati a mettere a disposizione degli Ordini tutta la modulistica adeguata per assolvere a questo compito”.
17 maggio 2023
/ Savino GALLO