Iter accelerato per l’approvazione del disegno di legge sull’equo compenso per i professionisti. Lo scorso martedì la Commissione Giustizia della Camera ha deciso di riprendere come testo base del provvedimento, quello a prima firma Meloni (lo stesso che durante la scorsa legislatura arrivò a un passo dal vedere la luce), mentre nel pomeriggio di ieri sono stati votati gli emendamenti, il cui termine di presentazione scadeva in mattinata. Lunedì 23 gennaio è previsto l’approdo nell’aula della Camera per il voto decisivo prima del passaggio al Senato. Tempi che lasciano pochi spazi di manovra per eventuali modifiche a un testo su cui si sono registrate tante posizioni differenti. Prova ne è anche la discussione durante il Convegno nazionale dell’associazione nazionale commercialisti, che si è tenuto ieri a Roma. “Io spero che l’aula approvi subito il provvedimento” ha auspicato il Viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, perché “introduce un principio che scardina una situazione iniqua e libera il mercato dai patti leonini e dalle pressioni soprattutto sui più giovani. Poi potrà sempre essere migliorato, ma intanto è bene fare questo primo passo, anche perché le pressioni per non farlo approvare sono ancora tante”. L’aspetto che ha generato maggiore perplessità riguarda la presenza delle sanzioni disciplinari in capo al professionista ordinistico che accetta un compenso non equo e, soprattutto, la disparità di trattamento con chi appartiene alle professioni non regolamentate a cui, invece, non si applica tale previsione. In assenza di una definizione delle prerogative delle singole professioni, il provvedimento “potrebbe essere un boomerang”, ha commentato la Presidente dell’ODCEC di Milano, Marcella Caradonna, “perché rischiamo di farci la guerra tra di noi”. Dello stesso avviso anche l’esponente Pd, Chiara Gribaudo, che ha chiesto alla maggioranza di prendersi più tempo per evitare che si produca una norma che “lascia ampie zone grigie sul tema delle sanzioni”, e il Presidente dell’ANC, Marco Cuchel, che con Sisto ha rilanciato anche il tema delle esclusive. Su questo argomento, Sisto si è detto disponibile a valutare proposte concrete, pur nella consapevolezza che “non possiamo uccidere le professioni non regolamentate”, mentre sulle sanzioni ha spiegato che sono “un ulteriore dissuasore” contro l’accettazione di contratti che prevedono compensi iniqui. Certo, ha aggiunto, “andrebbe fatta una riflessione sulla differenza con i non ordinistici, ma se la nullità delle clausole fosse eccepibile da chiunque (e non solo dai diretti interessati, ndr) potrebbe essere una prima soluzione che restituisce agli Ordini anche un ruolo di alta sorveglianza rispetto al mercato”. Con il Viceministro all’Economia, Maurizio Leo, invece, si è parlato soprattutto della manovra appena varata e della delega per la riforma fiscale, che l’esponente dell’Esecutivo immagina suddivisa in quattro parti: la prima “fissa i principi”, mentre la seconda riguarda i tributi e l’accertamento. Su questo punto, Leo lancia l’idea del “concordato preventivo biennale”, che dovrà guidare il rapporto tra il Fisco e le imprese di piccole dimensioni. “Con i dati a disposizione – ha spiegato – l’Agenzia è in grado di determinare preventivamente il reddito e sottoporlo al contribuente”. Se c’è accordo, la base imponibile rimane la stessa per due anni, l’eventuale parte in più “te la tieni in tasca”. Le altre due parti della riforma dovranno riguardare riscossione e contenzioso, per poi arrivare all’“ultimo sforzo”, la definizione dei testi unici e del codice tributario. Durante il convegno, l’ANC ha consegnato al Viceministro Leo un documento contenente 15 proposte, stilate assieme a Confimi Industria, in materia di semplificazione fiscale. Tra le tante richieste, quella di creare il cassetto unico delle agevolazione d’impresa, a cui tutte le amministrazioni potranno fare riferimento per le istruttorie. Non sono mancati, inoltre, anche i temi di categoria, con particolare riferimento alla questione della rappresentanza e l’interlocuzione con la politica. Durante l’assemblea di dicembre, il Presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio, avocò a sé e al Consiglio nazionale tale prerogativa (si veda “Il CNDCEC lancia la piattaforma integrata dei commercialisti” del 14 dicembre 2022), concetto ripetuto anche ieri dal Vicepresidente Michele de Tavonatti. Su posizioni diverse, invece, sia il Presidente della CNPR, Luigi Pagliuca (“Il Consiglio nazionale deve dare risposte, se non arrivano ognuno ha il dovere di fare qualcosa”), che lo stesso Cuchel: “Ognuno ha il proprio ruolo – ha spiegato –. Il Consiglio nazionale tutela i terzi e la fede pubblica, le associazioni gli interessi legittimi dei colleghi. Non è pensabile che una Cassa o un sindacato non dialoghino con la politica. È giusto collaborare e fare sintesi, in modo da presentarsi non con una voce sola ma con più voci che chiedono la stessa cosa. Ma bisogna essere in due a volerlo e, in questo senso, qualcosa deve cambiare”.
19 gennaio 2023
/ Savino GALLO