L’approvazione dei sindaci, oltre che obbligatoria, è vincolante nei casi in cui, a fronte della cessazione di uno o più amministratori, il CdA decida di cooptare nuovi membri. In merito al compenso dell’amministratore investito di cariche, il parere del collegio è finalizzato alla valutazione della sua ragionevolezza. È quanto si prevede nelle nuove Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate del CNDCEC, nn. 8.1 e 8.5. La prima deriva dal comma 1 dell’art. 2386 c.c., ai sensi del quale, “se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedono a sostituirli con deliberazione approvata dal Collegio sindacale, purché la maggioranza sia sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea. Gli amministratori così nominati restano in carica fino alla prossima assemblea”. Da essa deriva che i sindaci, da un lato, sono obbligati a esprimere la loro “approvazione” (tecnicamente non si tratta quindi di un parere) in merito alla figura dell’amministratore (o degli amministratori) in pectore e, dall’altro, che, in caso di riscontro negativo, la cooptazione non può avvenire, con la conseguenza che gli amministratori in carica dovrebbero proporre nuovi candidati. A livello operativo l’approvazione o la mancata approvazione, si legge nella norma, può avvenire sia con apposito assenso motivato, espresso e annotato nel verbale della riunione, sia attraverso la presentazione agli amministratori di specifico e autonomo verbale del collegio sindacale da allegare al libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione. Nel valutare i candidati, si suggerisce nel commento alla norma, l’analisi dei sindaci deve essere sia di legittimità (in quanto devono essere vagliate eventuali cause di ineleggibilità ex art. 2382 c.c. ed eventuali disposizioni statutarie specifiche in tema di onorabilità, indipendenza, ecc.) sia di merito, ossia va vagliata anche la specifica presunta qualificazione, professionalità ed esperienza in relazione al tipo di società e al ruolo eventualmente richiesto all’amministratore cooptato nel CdA (si pensi, ad esempio, al caso in cui la cooptazione riguardi l’amministratore delegato). Pragmaticamente, poi, la norma evidenzia come sia necessario che il Collegio “richieda agli amministratori in carica, antecedentemente alla data fissata per la riunione recante all’ordine del giorno la cooptazione, la seguente documentazione:
- un’autocertificazione del candidato amministratore di non essere soggetto ad una causa di ineleggibilità e decadenza ex art. 2382 c.c.;
- l’eventuale attestazione del possesso dei requisiti di professionalità e indipendenza del candidato (se richiesta dallo statuto o dal regolamento sociale)”. Da ultimo, il Collegio sindacale deve accertare che all’ordine del giorno della prima assemblea successiva alla nomina sia inserito un punto relativo alla nomina degli amministratori. Altro parere rilevante, frequentemente richiesto ai sindaci, è quello che riguarda il comma 3 dell’art. 2389 c.c., ai sensi del quale, “la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del Collegio sindacale”. A riguardo, si ricorda che il parere è richiesto quando l’assemblea non interviene per fissare il compenso di tutti gli amministratori o il tetto dei compensi erogabili in CdA, scelta che quindi viene integralmente delegata dall’assemblea o dallo statuto al CdA. L’opinione dei sindaci non è ovviamente vincolante per il CdA, ma deve essere espressa obbligatoriamente, dal che deriva che in sua assenza la delibera del CdA potrà essere invalidata. In questi casi, cioè quando i compensi ad esempio al presidente o all’amministratore delegato sono rimessi al CdA, il richiesto parere ai sindaci, si legge nella nuova norma 8.5, deve essere fondato “sulla ragionevolezza della remunerazione attribuita che, da un lato, non deve risultare sproporzionata ed irragionevole in relazione alla situazione economico patrimoniale della società, ma, dall’altro lato, deve anche essere adeguata in relazione alla professionalità, all’esperienza e alla competenza, nonché alla responsabilità propria della delega, così da rappresentare per il delegato una giusta motivazione per un idoneo ed opportuno svolgimento dell’incarico”. A livello operativo, va segnalato, come evidenziato dalla norma, che l’espressione del parere può avvenire sia con apposito assenso espresso e annotato nel verbale del CdA, che attraverso la presentazione di autonomo verbale. Un eventuale dissenso dell’organo di controllo rispetto agli importi deliberati, infine, deve essere opportunamente motivato. Questi argomenti saranno approfonditi nel percorso in formato webinar “Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale”, che avrà inizio il 19 febbraio. Si rinvia inoltre agli articoli pubblicati nella Rivista “Società e Contratti, Bilancio e Revisione” n. 1/2021.
18 febbraio 2021
/ Luciano DE ANGELIS