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PROFESSIONI

Dai dazi impatto negativo anche sui professionisti

Confprofessioni analizza il livello di vulnerabilità degli autonomi. Rischio alto per i consulenti del lavoro, medio per i commercialisti

/ Savino GALLO

Venerdì, 1 agosto 2025

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I dazi sulle importazioni voluti dal Presidente americano Trump, che dovrebbero entrare in vigore a partire da oggi, venerdì 1° agosto, potrebbero avere effetti negativi non solo sulle imprese che esportano i propri prodotti verso gli Stati Uniti, ma anche sui professionisti che li assistono. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, che ieri ha diffuso uno studio dal titolo “Le libere professioni alla prova dei dazi”, con cui si analizza l’impatto indiretto della nuova politica economica Usa sul comparto del lavoro autonomo italiano.

Partendo da un’indagine campionaria e valutando l’intensità dei rapporti economici tra i professionisti e le imprese attive nei settori più coinvolti nei flussi commerciali verso gli Stati Uniti, l’Osservatorio ha elaborato un indice di vulnerabilità che classifica il livello di esposizione delle singole professioni in generale e per sottocategorie (territorio, età e genere).

I comparti più a rischio sono quelli delle professioni economico-finanziarie (indice di vulnerabilità 201,5), i consulenti del lavoro (197,5), gli ingegneri (193,8) e le professioni tecnico-specialistiche (162,1), ovvero figure che operano a stretto contatto con le imprese esportatrici, fornendo servizi legati alla gestione del personale, all’innovazione tecnologica, alla consulenza finanziaria e alla produzione.

A metà classifica i commercialisti, che secondo l’Osservatorio sono esposti a un rischio medio (indice 94,1) per via di una forte eterogeneità interna in termini di fatturato e area geografica. In altre parole, rispetto ad esempio ai consulenti del lavoro, la quota di fatturato generata delle imprese clienti è più bassa, mentre c’è una fetta maggiore di clienti persone fisiche e partite IVA individuali che, chiaramente, dovrebbero subire un impatto minore dai dazi.

Ci sono, però, da fare dei distinguo a livello territoriale. Se, ad esempio, si prende in considerazione il Nord Est, l’area con la più forte concentrazione di piccole e medie imprese industriali che tendono a esternalizzare numerose funzioni professionali, l’indice di vulnerabilità dei commercialisti sale a 160, mentre scende sotto il 70 per i commercialisti del Centro e del Nord Ovest e crolla addirittura a 40 nel Mezzogiorno.

I consulenti del lavoro più esposti, invece, sono quelli del Nord Ovest, per i quali l’indice sfiora addirittura 300, ma il rischio rimane elevato anche per quelli che svolgono la propria attività nel Nord Est (200) e al Sud (175), mentre dovrebbero essere relativamente più tranquilli quelli che lavorano nel Centro Italia (55).

A livello di genere, gli uomini risultano mediamente più vulnerabili rispetto alle donne. Un dato che suggerisce differenze strutturali nella composizione della clientela e nella specializzazione delle attività. In altre parole, sottolinea l’Osservatorio, gli uomini tendono a lavorare più frequentemente con imprese, in particolare manifatturiere ed esportatrici, mentre le donne sono sottorappresentate nei ruoli ad alta integrazione con il tessuto produttivo e industriale. Tra i commercialisti, ad esempio, l’indice normalizzato è pari a 106,4 per gli uomini e 69,8 per le donne.

In termini di classi di età, nelle professioni più strettamente legate al tessuto produttivo e all’export i livelli di esposizione risultano elevati in tutte le fasce d’età. Per i consulenti del lavoro, ad esempio, nessun indice è inferiore a 175, con un picco di poco inferiore a 250 per gli under 44. Per i commercialisti, invece, il livello di rischio è più elevato per gli over 65, mentre la fascia 45-54 (99) sembra poter correre più rischi della fascia 55-64 (75).

“L’analisi – conclude il documento – restituisce l’immagine di un sistema professionale fortemente interconnesso con un tessuto imprenditoriale a sua volta esposto ai mercati globali. Qualsiasi risposta da parte delle politiche pubbliche non potrà che essere sistemica, più che settoriale, e dovrà abbracciare imprese, dipendenti e professionisti”.

I lavoratori autonomi, ha aggiunto il Presidente di Confprofessioni, Marco Natali, sono “pronti a fare la loro parte. Abbiamo colleghi strutturati, con competenze internazionali, anche negli Stati Uniti, che possono supportare le Mpmi ad affrontare questa nuova sfida. Ma servono strumenti di sostegno, aiuti per limitare i danni e soprattutto una strategia condivisa”. La priorità, conclude Natali rivolgendosi al Governo e alle istituzioni europee, è “garantire certezze, visione strategica e sostegno operativo e sistemico. Solo così potremo trasformare una sfida complessa in una nuova leva di crescita per il Paese”.

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