Pubblichiamo l’intervento di Alfredo Iannitelli, consigliere di Giunta UNGDCEC, e di Alessandro Bonandini, Presidente Collegio dei Probiviri UNGDCEC. Lo scorso 1° aprile è entrato in vigore il nuovo Codice deontologico dei Commercialisti, nella versione approvata dopo la pubblica consultazione terminata il 10 marzo 2024. L’UNGDCEC non poteva esimersi dal fornire il proprio contributo, vista l’importanza e la delicatezza dell’argomento e tenuto conto del fatto, non certo marginale, che proprio i giovani Commercialisti saranno coloro che avranno a che fare per più tempo con il nuovo Codice. Nonostante il tempo concesso per le osservazioni non sia stato particolarmente ampio, grazie al prezioso contributo della nostra Commissione nazionale “Deontologia, Formazione professionale, D. Lgs. 139/2005” ci siamo attivati sin da subito, cercando di effettuare un’analisi completa, nell’ottica di fornire un contributo quanto più ragionato e propositivo possibile. Le nostre valutazioni sono partite, evidentemente, dal presupposto che l’UNGDCEC è un sindacato di categoria che, come riportato sul proprio statuto, ha l’obiettivo di tutelare gli interessi patrimoniali, morali e professionali della categoria, con una particolare attenzione riservata ai giovani professionisti, i nostri iscritti, coloro che rappresentano il futuro della nostra professione. Siamo certamente soddisfatti dell’abrogazione, nella versione definitiva, del previgente comma 3 dell’art. 15 – Collaborazione tra colleghi (oggi art. 14 del nuovo Codice), con la quale è stato riequilibrato il rapporto poco bilanciato previsto nella precedente versione del Codice deontologico tra colleghi “giovani” e “anziani”. A oggi non c’è più alcuna “discriminazione anagrafica” all’interno della categoria, e il rispetto reciproco tra colleghi prescinde dall’età e dall’esperienza professionale. Ci aspettavamo invece un coraggio maggiore per la parte riguardante i futuri iscritti. Anno dopo anno stiamo continuando a registrare un calo di iscritti all’Ordine, di vocazione e di attrattività della nostra professione. Crediamo che debba essere la nostra stessa categoria a dare una svolta, a incentivare l’inversione di questa tendenza negativa. Se, infatti, da un lato, vediamo scritto che i tirocinanti sono soggetti ai doveri e alle norme deontologiche previsti per tutti i Commercialisti iscritti (aspetto che condividiamo completamente), dall’altro, continuiamo a non vedere nulla circa il compenso nel corso del tirocinio, ancora considerato per sua natura gratuito, rimandando solamente a un ormai obsoleto rimborso spese forfetario, peraltro già previsto nel testo originale. In generale riteniamo che si dovrebbe aprire un dibattito sul tema, e che bisognerebbe prevedere misure che tutelino la figura del tirocinante, magari anche da un punto di vista previdenziale. Altro argomento per noi particolarmente importante è quello relativo all’utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale (art. 39), inclusi i social network, da parte dell’iscritto, il quale deve astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa ledere l’onorabilità delle istituzioni, anche di categoria, o comunque nuocere all’immagine e al decoro della professione, assicurando l’osservanza dei doveri e il rispetto degli obblighi indicati negli articoli 6 commi 1 e 2, 11, 14 comma 2, 28 comma 1 e 29 comma 1. È indubbio che l’iscritto, nell’utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione, anche social network, non debba mai mancare di rispetto e decoro verso chiunque, ed è altrettanto chiaro come questo articolo cerchi di arginare la ormai diffusa pratica dei cosiddetti “leoni da tastiera”. Riteniamo, però, che ciò non significhi escludere la possibilità di esprimere qualsiasi tipo di critica o dissenso, anche verso le istituzioni professionali. Il diritto di critica deve sempre essere salvaguardato. Non condividiamo, inoltre, l’abrogazione del comma 3 dell’art. 27 – Elettorato passivo. Non dimentichiamo che il Codice deontologico è un codice di comportamento che garantisce la categoria e l’intera collettività; eliminare questo comma ne mina fortemente la credibilità. Riteniamo che il comma, in base al quale non potevano essere candidati a ricoprire la carica di componente di Consiglio dell’Ordine o di componente di Consiglio di disciplina coloro che avessero riportato condanne penali definitive, andasse valutato, probabilmente modificato, ma non certamente eliminato. Più precisamente, a nostro parere tale requisito doveva essere esteso a tutte le cariche istituzionali di categoria, limitandone però il perimetro alla condanna penale per i soli reati connessi all’attività professionale e/o istituzionale. A oggi, infatti, sussiste il paradosso per cui, nel caso in cui si riportino condanne penali per reati finanziari, si potrebbero ricoprire cariche istituzionali di categoria ma non si potrebbe rilasciare un visto di conformità, come anche ribadito dalla circolare n. 28/2014 dell’Agenzia delle Entrate. Alla luce delle nostre considerazioni, attendiamo comunque di leggere la relazione illustrativa a cui il Consiglio nazionale sta lavorando, per meglio comprendere ratio e portata delle modifiche fatte, soprattutto in relazione ai punti più controversi, quali quello relativo all’uso dei social network o alla pubblicità. La nostra professione deve essere tutelata il più possibile, ma anche resa sempre più attraente e attuale e per far ciò ogni occasione va sfruttata al meglio. Sappiamo che a breve ci sarà una proposta di modifica da parte del Consiglio nazionale del DLgs. 139/2005 e siamo convinti che, con il contributo e il confronto schietto di tutte le parti interessate, si possano affrontare e superare quelle criticità che rendono la nostra categoria costantemente divisa, dando nuova linfa e contribuendo a restituire alla nostra professione la dimensione e il rispetto che merita.
10 aprile 2024
/ Alfredo IANNITELLI e Alessandro BONANDINI