Circa l’80% delle frodi da bonus facciate ed ecobonus
Il fenomeno è più contenuto per il superbonus, dato che mostra quanto sia significativo il ruolo dei professionisti che rilasciano il visto di conformità
I bonus maggiormente utilizzati, in percentuale, per la realizzazione delle frodi sono stati il bonus facciate (46%), l’ecobonus (34%), il bonus locazioni (9%), il sismabonus (8%) e il superbonus (3%).
È l’ulteriore dato di dettaglio che è stato fornito ieri dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate nell’audizione avanti le competenti commissioni parlamentari sul “decreto Sostegni-ter” (DL 4/2022), a seguire dell’audizione del giorno precedente sullo stato dell’arte della gestione dei bonus fiscali e sulle cessioni dei crediti di imposta da essi derivanti.
Tra i 4,4 miliardi di euro di frodi per crediti di imposta inesistenti, di cui aveva dato conto l’altro giorno lo stesso Direttore dell’Agenzia delle Entrate, la parte del leone la farebbero dunque il bonus facciate e l’ecobonus, mentre assai più contenuto è il fenomeno con riguardo al superbonus.
Già da questo semplice dato si evince quanto significativo sia il ruolo che può essere svolto, a tutela della fede pubblica, dai commercialisti e dai consulenti del lavoro, ossia i professionisti che possono essere abilitati a rilasciare il visto di conformità ai sensi di legge.
Ben prima del “decreto Antifrodi” di novembre, su Eutekne.info avevamo ripetutamente stimolato il dibattito sull’opportunità di estendere il visto di conformità dal solo superbonus alla generalità dei bonus edilizi, nell’istante in cui la loro fruizione avviene mediante le opzioni per lo sconto sul corrispettivo o per la cessione del credito di imposta, ai sensi dell’art. 121 del DL 34/2020.
È ovvio che anche il visto di conformità non è la panacea ad ogni male, posto che, così come esistono ed esisteranno sempre le imprese che cercano di frodare lo Stato, esistono ed esisteranno sempre anche i professionisti di fiducia delle imprese che cercano di frodare lo Stato, abilitati, sino a revoca, a rilasciare il visto di conformità per i loro assistiti, ma è un presidio assai utile che è stato colpevolmente trascurato troppo a lungo dal legislatore in questa partita dei bonus edilizi.
Proprio perché questo correttivo è stato introdotto lo scorso novembre, insieme ad altri non meno opportuni, l’intervento operato con l’art. 28 del DL 4/2022, volto a precludere in toto ogni possibilità di cessione dei crediti di imposta successiva alla prima, appare veramente la reazione irrazionale di un legislatore in debito di lucidità, a fronte dei disastri che le inchieste della magistratura stanno portando alla luce.
Basta del resto leggere un interessante stralcio della prima delle due audizioni “in serie” del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, per cogliere appieno i termini della questione.
Dice nell’audizione Ernesto Maria Ruffini: “La circolazione dei crediti d’imposta – qualora attuata tramite una catena di cessioni particolarmente articolata e simulata con perizia – rende complesso per l’intermediario finanziario valutare, nell’esercizio dell’ordinaria diligenza professionale, la liceità dell’operazione, con il rischio di prendere parte involontariamente a condotte fraudolente, contigue anche al riciclaggio di denaro. Infatti, riguardo a un credito oggetto di plurime cessioni può risultare sostanzialmente priva di efficacia una verifica svolta solo nei confronti dell’ultimo cessionario che ne chiede la monetizzazione. Ad ogni buon conto, può rilevarsi come non tutti gli intermediari finanziari siano stati danneggiati. Molti di essi, infatti, hanno agito proattivamente con dettagliate check list (reperibili sui siti internet istituzionali), al fine di acquisire comunque documentazione volta a verificare la spettanza del credito, a prescindere dal posizionamento della catena di cessione (primo cedente oppure cessionario intermedio), servendosi anche di società di revisione esterne ed evitando in tal modo di acquistare crediti per i quali sono emersi problemi relativi alla normativa antiriciclaggio (mancanza di permessi edilizi, progetti, certificazioni, relazioni asseverate, bonifici bancari, fatture, ecc.)”.
La traduzione pratica e sintetica di quanto precede è: in fin dei conti, quello che serve non è bloccare le cessioni dei crediti di imposta per tutti, ma voltare pagina rispetto alle applicazioni irresponsabili della norma che hanno fatto alcuni, per fortuna pochissimi, intermediari finanziari.
Su questo va appunto costruito il secondo tempo della partita della disciplina delle cessioni dei bonus edilizi, che non merita di essere sospesa alla fine del primo tempo per impraticabilità di campo, nonostante l’imperizia di alcuni abbia gettato le premesse perché questo potesse accadere.
Va costruito sui visti di conformità rilasciati dai professionisti a monte della generazione del credito di imposta nel cassetto fiscale (che non sono un costo inutile per le imprese, sono un costo utilissimo per il sistema Paese); su una revisione tecnica della piattaforma dell’Agenzia delle Entrate volta a consentire di “targare” il credito, così da renderne conoscibile l’origine a ogni cessionario anche se in mezzo ci sono state già altre cessioni; su governance serie, responsabili e competenti dei grandi intermediari finanziari che monetizzano, a favore dei cedenti, ingenti quantità di crediti di imposta.
È molto tardi, ma non è troppo tardi.