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Martedì, 1 luglio 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

La condanna del singolo socio blocca l’esdebitazione dell’intera compagine

/ Francesco DIANA

Martedì, 1 luglio 2025

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L’accesso al beneficio dell’esdebitazione è subordinato alla verifica delle condizioni soggettive (tipologia di debitore), oggettive (tipologia di credito) e temporali (decorso del triennio dall’apertura ovvero sua chiusura se antecedente) richieste dalla norma; è necessario, inoltre, che ricorrano le condizioni di cui all’art. 280 del DLgs. 14/2019.

È imprescindibile, innanzitutto, che il debitore non abbia fatto ricorso all’esdebitazione nei 5 anni precedenti e non abbia avuto accesso al beneficio per due volte, ciò al fine di disincentivare suoi comportamenti opportunistici o, comunque, poco avveduti.
Il debitore deve aver favorito il buon andamento della procedura, collaborando con i suoi organi e senza porre alcun ostacolo e/o alcuna azione dilatoria.

L’inesigibilità dei crediti non soddisfatti, inoltre, presuppone che il debitore si sia comportato lealmente: non deve aver distratto attivo, esposto passività inesistenti, fatto ricorso abusivo al credito o, non ultimo, posto in essere condotte che abbiano determinato ovvero aggravato il dissesto, rendendo complessa la ricostruzione del patrimonio e degli affari.

Tra le condizioni ostative, in ultimo, è richiesto che il debitore non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, o altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa (art. 280 comma 1 lett. a) del DLgs. 14/2019).
L’elencazione dei reati è da ritenersi tassativa non potendosi introdurre altre fattispecie ovvero procedersi con estensioni per analogia (Cass. n. 15359/2023).

Nell’ambito della liquidazione controllata, per l’accesso all’esdebitazione, è necessario che sussistano tali condizioni, ma anche che il debitore non sia stato condannato per uno dei reati di cui all’art. 344 del DLgs. 14/2019 e che non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode (art. 282 comma 2 del DLgs. 14/2019).
La norma chiarisce che il delitto, perché rilevi, è necessario che sia compiuto in connessione con l’esercizio dell’attività di impresa; di conseguenza, irrilevanti dovrebbero essere le condotte e le attività compiute in proprio dal debitore o in nome e per conto di altro imprenditore individuale o collettivo.
Ciò che rileva, pertanto, è che il delitto sia stato commesso in connessione (e non in semplice rapporto di occasionalità) con l’attività di impresa ovvero in un legame di presupposizione tra il reato e l’attività stessa (Cass. n. 10080/2019): il reato non può prescindere dall’attività di impresa e la sua commissione è servita o serve ad agevolarla (Cass. n. 2461/2025).

Nel caso in cui il procedimento penale sia ancora in corso ovvero vi sia stata l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui al DLgs. 159/2011, il tribunale rinvia la decisione sull’esdebitazione all’esito del relativo procedimento.

La verifica delle condizioni richieste assume connotazioni ulteriori ove l’esdebitazione sia richiesta dalla società. In tal caso, assumono rilevanza le condotte poste in essere sia dai soci illimitatamente responsabili, sia dai rappresentanti legali (art. 278 comma 4 del DLgs. 14/2019).
Con riferimento ai primi, sebbene l’esdebitazione della società comporti la loro esdebitazione automatica (art. 278 comma 5 del DLgs. 14/2019), è necessario che la verifica delle condizioni ostative sia condotta per ognuno di essi, singolarmente; pertanto, il difetto dei presupposti per uno dei soci illimitatamente responsabili comporta l’esclusione dal beneficio della società e dell’intera compagine sociale.
Con riferimento ai legali rappresentanti, invece, la verifica dovrebbe limitarsi ai soli soggetti investiti, formalmente, del potere di rappresentanza (amministratori e liquidatori); dovrebbero essere esclusi, invece, gli altri componenti dell’organo amministrativo, se collegiale, ed eventuali amministratori di fatto.

Affinché la condanna assuma rilievo è necessario che sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato; di contro, la sua efficacia ostativa viene meno ove sia intervenuta la successiva riabilitazione del debitore ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.

La preclusione opera anche nel caso in cui debitore abbia fatto ricorso al c.d. patteggiamento ex art. 444 c.p.p. che deve equipararsi alla sentenza di condanna passata in giudicato (Cass. n. 24509/2021, Trib. Milano 29 febbraio 2024, App. Venezia 13 aprile 2023 e Trib. Milano 1° febbraio 2018).
In senso analogo, osta l’affidamento del debitore in prova al servizio sociale ex art. 47 della L. 354/1975 (c.d. legge sull’ordinamento penitenziario), che non può essere equiparato alla riabilitazione posto che si tratta di una misura alternativa alla detenzione, il cui scopo è che la pena principale sia scontata in altra forma (Cass. n. 2461/2025).

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