Uno degli aspetti più problematici dell’art. 2435-ter comma 5 c.c. (inserito dalla L. 238/2021), che esclude gli enti di investimento e le imprese di partecipazione finanziaria dalle semplificazioni per le micro imprese, attiene all’individuazione del suo ambito soggettivo di applicazione. La Relazione illustrativa al Ddl. ha precisato che, per la definizione di tali enti e di imprese, si rimanda alla direttiva n. 2013/34/Ue, che, tuttavia, fornisce nozioni generiche, che non corrispondono a nessuna qualificazione del nostro ordinamento. Gli emendamenti ai principi contabili nazionali, approvati in via definitiva dall’OIC il 4 maggio 2022, fanno riferimento, ove citano “gli enti di investimento e le imprese di partecipazione finanziaria”, alle “holding finanziarie”, senza, però, fornire ulteriori dettagli. La questione appare delicata, in quanto le holding sono molto diffuse e frequentemente non superano i limiti dimensionali di cui all’art. 2435-ter c.c. Tanto premesso, l’art. 2 n. 14 della direttiva n. 2013/34/Ue definisce “enti di investimento”:
- le imprese il cui unico oggetto è l’investimento dei propri fondi in valori mobiliari diversi, valori immobiliari e altre attività, con l’unico scopo di ripartire i rischi d’investimento e far beneficiare i loro investitori ai risultati della gestione;
- le imprese collegate a enti di investimento a capitale fisso, se il loro unico oggetto è l’acquisto delle azioni completamente liberate emesse da tali enti. La circ. Assoholding n. 1/2022 ha evidenziato che rientrano tra gli “enti” sia le società di capitali che le società di persone. Inoltre, rientrano tra i valori mobiliari diversi anche le partecipazioni (es. azioni, quote di start up che partecipano a piani di crowdfunding). Avuto riguardo alla ripartizione dei rischi, secondo Assoholding, potrebbe, ad esempio, rientrare tra gli enti di investimento una holding che, oltre alla gestione delle partecipazioni, investe un ingente ammontare di liquidità in altri strumenti finanziari, così da diversificare gli investimenti e ridurre il rischio. Potrebbero, inoltre, rientrare tra gli enti di investimento le c.d. merchant bank, le holding che investono in comparti diversificati o le società finanziarie che posseggono quote di partecipazione minoritaria in imprese che svolgono attività differenti per ripartire il rischio (es. holding pure Pir compliant). In dottrina è stato, invece, evidenziato che tra gli enti di investimento dovrebbero rientrare i fondi di investimento in valori mobiliari costituiti in forma societaria, nonché le società aventi per oggetto investimenti in immobili o “altre attività”. L’art. 2 n. 15 della direttiva n. 2013/34/Ue definisce, invece, “imprese di partecipazione finanziaria” le imprese il cui unico oggetto è l’acquisizione di partecipazioni in altre imprese, nonché la gestione e la valorizzazione di tali partecipazioni, senza coinvolgimenti diretti o indiretti nella gestione e senza pregiudizio per i diritti che l’impresa di partecipazione finanziaria possiede in qualità di azionista. In primis, sembra corretto riferirsi all’attività effettivamente esercitata e non, invece, alle attività indicate nell’oggetto sociale. Dovrebbero rientrare tra le società di partecipazione finanziaria (con applicazione delle novità della L. 238/2021 e conseguente aggravio informativo) le holding c.d. statiche o pure, cioè le holding che hanno come unico scopo la detenzione di partecipazioni e si limitano ad amministrare in senso “statico” le quote possedute, senza interferire nella gestione. Dovrebbero, per contro, rimanere escluse dall’ambito di applicazione della L. 238/2021 (con la conseguente possibilità di applicare le semplificazioni previste per le micro imprese) le holding che esercitano, anche in misura secondaria, altre attività oltre all’assunzione di partecipazioni, quali attività imprenditoriali o di gestione di immobili (c.d. holding miste). Non dovrebbero, poi, rientrare tra le imprese di partecipazione finanziaria le holding che partecipano, anche indirettamente, alla gestione delle partecipate, come avviene quando il socio della holding è parte dell’organo amministrativo della controllata. Sotto altro profilo, secondo la dottrina, non dovrebbero costituire imprese di partecipazione finanziaria le holding che esercitano attività di direzione e coordinamento sulle partecipate. Di diverso avviso è la circ. Assoholding n. 1/2022, ove l’attività di direzione e coordinamento sia svolta “senza coinvolgimenti nella gestione operativa delle partecipate e nelle decisioni del consiglio di amministrazione”. Infine, Assoholding ha sottolineato che la definizione di imprese di partecipazione finanziaria è autonoma rispetto alle definizioni di società di partecipazione finanziaria e non finanziaria ex art. 162-bis del TUIR. In particolare, la discriminante per l’applicazione delle semplificazioni previste per le micro imprese sembrerebbe essere costituita dal fatto che l’attività effettivamente esercitata corrisponda solo all’acquisto, alla gestione e alla valorizzazione di partecipazioni in altre imprese, a prescindere dalla natura (finanziaria o industriale) delle partecipate. Le imprese di partecipazione finanziaria ricomprenderebbero, quindi, anche le “società di partecipazione non finanziaria” (c.d. holding industriali).
21 novembre 2022
/ Silvia LATORRACA