I questionari per la semplificazione delle regole per la redazione del bilancio da parte delle imprese di minori dimensioni, disponibili sul sito web dell’Organismo italiano di contabilità e aperti per la consultazione fino al 20 dicembre 2024, individuano alcune disposizioni, contenute negli attuali principi contabili, che potrebbero risultare complesse da applicare per una piccola/micro impresa. Lo standard setter chiede ai soggetti interessati (imprese, professionisti contabili e auditor) di segnalare le tematiche su cui sono state riscontrate problematiche applicative, nonché di descrivere tali problematiche. Tra i temi individuati rientra il metodo semplificato per la determinazione delle perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, disciplinato dal documento OIC 9. I questionari chiedono, in particolare, se tale metodo è stato applicato nella pratica e, in caso di risposta negativa, di indicarne il motivo. A ben vedere, si tratta di una tematica scarsamente approfondita in dottrina. Ai sensi dell’art. 2426 comma 1 n. 3) c.c., l’immobilizzazione che, alla data di chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore al valore netto contabile (costo al netto del fondo ammortamento) deve essere iscritta a tale minore valore. Come precisato dal documento OIC 16 (§ 73) e dal documento OIC 9 (§ 16), la società valuta, quindi, a ogni data di riferimento del bilancio, la presenza di indicatori di perdite durevoli di valore. Se tali indicatori dovessero sussistere, la società procede alla stima del valore recuperabile dell’immobilizzazione ed effettua una svalutazione nel caso in cui quest’ultimo sia inferiore al corrispondente valore netto contabile. Il documento OIC 9 (§ 5-7, 19, 21 e 22) stabilisce che il valore recuperabile di un’attività è il maggiore tra:
- il suo valore d’uso, cioè il valore attuale dei flussi finanziari futuri che si prevede abbiano origine dall’attività lungo la vita utile per effetto del suo uso continuativo e della sua dismissione finale;
- il suo fair value (cioè il prezzo che si percepirebbe per la vendita dell’attività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione), al netto dei costi di vendita (quali spese legali connesse alla transazione, imposte, costi diretti necessari per rendere il bene pronto per la vendita). La stima del valore recuperabile viene effettuata con riferimento alla singola immobilizzazione o all’unità generatrice di flussi di cassa (UGC) alla quale l’immobilizzazione appartiene (§ 15). Ciò detto, le società che possono redigere il bilancio abbreviato e le micro imprese possono adottare, per la determinazione delle perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni, anziché il modello base (benchmark), un approccio semplificato basato sulla capacità di ammortamento (§ 30-35). In questo caso, ai fini della verifica della recuperabilità delle immobilizzazioni, si confronta il valore recuperabile con il valore netto contabile iscritto in bilancio (analogamente a quanto previsto in caso di adozione dell’approccio base), ma il valore recuperabile è determinato sulla base della capacità di ammortamento dei futuri esercizi o, se maggiore, sulla base del fair value (§ 32). La capacità di ammortamento è costituita dal margine economico che la gestione mette a disposizione per la copertura degli ammortamenti (rectius per il recupero delle immobilizzazioni iscritte in bilancio) ed è determinata sottraendo algebricamente al risultato economico dell’esercizio gli ammortamenti delle immobilizzazioni (§ 9). In sostanza, a differenza del modello base, l’approccio semplificato basa la verifica della recuperabilità delle immobilizzazioni sui flussi di reddito (o economici), sulla base dell’assunzione che questi ultimi, se la dinamica del circolante si mantiene stabile, approssimano i flussi di cassa (o finanziari) (§ 30). Inoltre, la verifica della recuperabilità è effettuata con riferimento alla struttura produttiva nel suo complesso (cioè all’intera società) o a singoli rami d’azienda e non, invece, con riferimento alla singola immobilizzazione o UGC (§ 30 e 32). Ai fini dell’applicazione dell’approccio semplificato, sono, poi, previsti specifici indicatori di potenziali perdite di valore, tra i quali la significativa diminuzione del valore di mercato di un’attività durante l’esercizio. Nelle “Motivazioni alla base delle decisioni assunte” (§ 10) è precisato che la capacità di ammortamento è “pari alla differenza tra ricavi e costi non attualizzati derivanti dall’utilizzo del cespite/UCG oggetto di valutazione”. Gli esempi applicativi riportati nel principio contabile considerano, ai fini della determinazione della capacità di ammortamento, i ricavi, i costi variabili, i costi fissi e gli oneri finanziari. A tal riguardo, autorevole dottrina ha precisato che tra i flussi economici da utilizzare vi sono i ricavi di vendita, i costi della produzione diretti e indiretti (a eccezione degli ammortamenti), gli oneri finanziari e le imposte sulla gestione caratteristica. Nel calcolo non si tiene conto, invece, delle componenti economiche non ricorrenti e delle imposte relative a ricavi non ricorrenti. L’orizzonte temporale di riferimento per la determinazione della capacità di ammortamento non supera, generalmente, i 5 anni (§ 34) e, nel computare gli ammortamenti, occorre basarsi sulla struttura produttiva esistente (§ 33). Nella determinazione della capacità di ammortamento deve, infine, essere considerato l’eventuale valore economico residuo dell’immobilizzazione al termine del periodo di previsione della capacità di ammortamento, se significativo (§ 33). Il test di impairment si intende superato quando, in linea tendenziale, la capacità di ammortamento complessiva (relativa all’orizzonte temporale preso a riferimento) è sufficiente a garantire la copertura degli ammortamenti (§ 35).
28 novembre 2024
/ Silvia LATORRACA