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IMPRESA

Liquidazione controllata anche con debiti scaduti da finanziamento dei soci

Non rileva la postergazione del rimborso ai fini del computo del limite oggettivo

/ Antonio NICOTRA

Martedì, 1 luglio 2025

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 29 giugno 2025 n. 17508, ha chiarito come, ai fini dell’apertura della liquidazione controllata, ex art. 268 comma 2 del DLgs. 14/2019, il debito della società per la restituzione del finanziamento ai soci, ove sia decorso il termine di rimborso, deve ritenersi, a tutti gli effetti, come un debito “scaduto”, anche se inesigibile fin quando sussista l’impedimento di cui all’art. 2467 c.c.

Il diritto dei soci al rimborso di un finanziamento concesso alla società in una situazione di squilibrio finanziario, ovvero in un contesto che avrebbe richiesto un aumento di capitale, a norma dell’art. 2467 comma 1 c.c., è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, nel senso che il diritto dei soci è posposto rispetto a quelli dei creditori. La postergazione opera, quindi, non solo nel momento in cui si apre un concorso formale con gli altri creditori sociali, ma anche durante la vita della società, configurandosi quale condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del “finanziamento”, fino al superamento della situazione prevista dalla norma.
La società, pertanto, è tenuta a negare il rimborso al socio ove sussista, al momento della concessione del finanziamento ovvero al momento della richiesta di rimborso, la situazione di difficoltà economico-finanziaria ex lege (Cass. n. 1865/2025).

In caso di azione giudiziale di restituzione formulata dal socio, il giudice del merito è, pertanto, chiamato a verificare se la situazione di crisi prevista dall’art. 2467 comma 2 c.c. sussista, oltre che al momento della concessione del “finanziamento”, anche al momento della sua decisione.

Lo stato di eccessivo squilibrio nell’indebitamento o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, prevista dall’art. 2467 comma 2 c.c., costituisce, quindi, un fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento operato dal socio in favore della società, rilevabile dal giudice d’ufficio (cfr. Cass. n. 12994/2019).
Tale impedimento, tuttavia, va distinto dalla mancata scadenza del termine, ex artt. 1816 e 1817 c.c., per la restituzione della somma mutuata dal socio alla società: il termine, infatti, rileva ai fini della determinazione del momento a partire dal quale il mutuatario ha l’obbligo di restituire la somma ricevuta, mentre la postergazione prevista dall’art. 2467 c.c. individua, se e fino a quando sussistano le condizioni ivi previste, un diverso fatto impeditivo che può, in tutto o in parte, concorrere con la pendenza del termine per l’adempimento, pur rimanendo giuridicamente distinto dallo stesso.

Il debito della società alla restituzione del finanziamento, ove sia scaduto il termine previsto, quindi, deve ritenersi, a tutti gli effetti giuridici, come un debito “scaduto” anche se, in ipotesi, (ancora) inesigibile ove (e fino a che) sussista l’impedimento previsto dall’art. 2467 c.c.

L’art. 268 comma 2 del DLgs. 14/2019, nella parte in cui prevede che (in caso di domanda proposta dal creditore) “non si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è inferiore a euro cinquantamila”, prende in considerazione, quale impedimento all’apertura della procedura, esclusivamente la mancata scadenza del termine fissato per l’adempimento (nella misura minima prevista dalla norma), ma non anche quello previsto dall’art. 2467 c.c.: pertanto, la sussistenza delle condizioni stabilite dalla norma, pur impedendo alla società (fino alla loro esistenza) di procedere all’adempimento, non escludono che il debitore sia insolvente, nella misura (minima) stabilita dalla norma, e, quindi, possa essere assoggettato alla liquidazione controllata.

Ragionando diversamente, invece, si dovrebbe negare la sussistenza dell’insolvenza della società (ai fini dell’apertura della liquidazione controllata) proprio quando la stessa, pur avendo debiti restitutori nei confronti dei soci in misura superiore a 50.000 euro e trovandosi nelle condizioni previste dall’art. 2467 comma 2 c.c., si trovi nella situazione di cui all’art. 2 comma 1 lett. b) del DLgs. 14/2019 e cioè nell’impossibilità – che può derivare da un impedimento fattuale (come la mancanza della liquidità, ossia gli “inadempimenti”), ma anche giuridico (come l’“eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto” o la situazione finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, ossia gli “altri fatti esteriori”) – di soddisfare “regolarmente” (nei relativi termini di adempimento e con mezzi normali) “le proprie obbligazioni”.

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