Patto intergenerazionale ed equità fiscale per il futuro delle aggregazioni professionali
Servono interventi fiscali e piani di crescita mirati
Pubblichiamo l’intervento di Michela Boidi e Sebastiano Zanette, Consiglieri Giunta UNGDCEC, area di delega Antiriciclaggio, studi professionali e privacy.
L’analisi condotta dalla FNC con il documento “L’effetto moltiplicatore delle aggregazioni professionali dei Commercialisti” ha messo ancora una volta davanti agli occhi di tutti la forza dell’aggregazione professionale. Lo ha fatto evidenziando come tale fenomeno non sia solo fondamentale per la sopravvivenza della professione, intesa come necessità di adattamento e utilità della stessa in risposta alle richieste del mercato, ma anche per la spinta economico-reddituale che ne deriva.
Non possiamo che stimare questo tipo di approfondimenti, che sottolineano ciò in cui anche noi crediamo da sempre: la forza dirompente dell’aggregazione professionale. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo in ogni occasione perché la capacità di risposta alla domanda di mercato in termini di competenza, multidisciplinarietà e specializzazione non può che passare dall’unione, sempre più marcata, di forze e intenti.
Coerentemente a ciò, nel tempo, non abbiamo fatto mancare le richieste di agevolare i percorsi aggregativi, anche con proposte di riforma che andassero a incentivare la nascita e il consolidamento di reti, associazioni professionali e STP, specialmente quando composte da giovani professionisti. Per questo, non possiamo che condividere la ricerca della FNC, ove viene evidenziata la necessità di “intervenire anche con strumenti di incentivazione e di promozione capaci di incrementare la propensione all’aggregazione professionale tra i Commercialisti. In particolare, si avverte la necessità di promuovere forme e strumenti di coinvolgimento diretto dei giovani Commercialisti negli studi aggregati”.
Ci permettiamo però, da Giovani, di commentare il documento, per agevolare la lettura di alcuni dati che riguardano proprio la fascia di età che rappresentiamo. Ci riferiamo in particolare al dato che vede il tasso di aggregazione crescere al crescere dell’età dei professionisti, evidenziando che “si nota il livello particolarmente basso per i Commercialisti fino a 40 anni che presentano un valore pari all’8,2%, ben lontano dalla media nazionale del 20,1%”.
È un dato che non ci stupisce e che paradossalmente, senza gli opportuni correttivi, potrebbe diminuire ulteriormente negli anni a venire. Larga parte della popolazione dei giovani Commercialisti in quella fascia d’età è infatti costituita da professionisti che collaborano stabilmente presso altri studi professionali e che ne costituiscono spesso l’ossatura e ne curano l’operatività quotidiana. Tale posizione porta il giovane ad avere minori spazi di apertura al mercato per l’acquisizione di clientela o per lo sviluppo di nuove competenze che possano meglio rispondere alle esigenze del mercato. Ciò, peraltro, in un contesto di proliferazioni di albi ed elenchi i cui requisiti di accesso e le modalità di nomina sono tali da penalizzare fortemente i giovani nell’acquisizione di nuovi incarichi.
La lettura del dato che ci pare più plausibile evidenzia che i giovani Commercialisti svolgono la propria attività in forma individuale, lavorando per larga parte su clientela degli studi e non propria.
A questo si aggiunge, a nostro parere, l’effetto distorsivo e disincentivante della struttura del regime forfetario, che spinge e incentiva, al contrario, verso l’atomismo e il nanismo professionale. In uno scenario economico di grande incertezza, occorre considerare che un giovane, che oltre al proprio percorso professionale sta contestualmente costruendo le basi per il futuro e la serenità economica propria e della propria famiglia, non voglia rinunciare a una fetta significativa del proprio reddito netto a disposizione per mere ragioni fiscali, aggiungendo tale aggravio al rischio intrinseco di avviare una nuova attività. Ecco, quindi, che potrebbe apparire poco sostenibile per un giovane Commercialista, soprattutto nel breve periodo, accettare proposte di associazione, riducendo il reddito disponibile a fronte di vantaggi non immediatamente percepibili.
Per incentivare e agevolare le aggregazioni a favore dei giovani occorre dunque pensare, oltre alle positive prospettive di riforma rispetto alla neutralità dei conferimenti, anche a meccanismi correttivi delle cause di esclusione dal regime forfetario che non vadano a penalizzare i giovani che si aggregano.
Ancor più fondamentale appare però che i giovani che si avvicinano alla professione possano avere prospettive di carriera definite e misurabili e che, qualora abbiano l’occasione di aggregarsi in realtà già esistenti, siano messi nelle condizioni di far sentire la propria voce nelle scelte dello studio e percepirne i relativi vantaggi, in termini economici e strategici con meccanismi chiari e prestabiliti. Il nostro impegno come UNGDCEC è quello di individuare questi meccanismi e proporne l’applicazione concreta. Ciò rappresenterà un percorso virtuoso per tutti, che garantirà alle realtà professionali esistenti una continuità che andrà oltre i soci fondatori, assicurando equilibrio intergenerazionale e rendendo nuovamente attrattiva la professione, sempre più in crisi di vocazione.
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