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OPINIONI

Per le cessioni dei bonus edilizi serve un meccanismo che assicuri crediti «DOCG»

Si moltiplicano le proposte emendative all’art. 28 del DL 27 gennaio 2022 n. 4

/ Enrico ZANETTI

Martedì, 8 febbraio 2022

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Mentre il Ministero dell’Economia e delle finanze fa “muro” sulle nuove disposizioni con le quali l’art. 28 del DL 27 gennaio 2022 n. 4 ha abrogato la possibilità di “cessioni successive alla prima” dei crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi (salvo quelle che continuano a essere consentite dalla norma transitoria, la cui data “spartiacque” è stata spostata, con il provv. Agenzia delle Entrate 4 febbraio 2022 n. 37381 dal giorno precedente al 7 febbraio 2022 a quello precedente il 17 febbraio 2022), già si moltiplicano di giorno in giorno le iniziative emendative di fonte parlamentare che, nel corso del processo di conversione in legge del decreto, mirano ad abbattere, o quanto meno fare breccia su quel “muro”.

Si va dalle proposte di stralcio integrale a quelle di ripristino delle cessioni successive alla prima, ma limitato (ad esempio, massimo due o tre), passando per quelle che intendono consentire cessioni illimitate, ma solo se avvengono tra banche o intermediari finanziari.

Lo stralcio integrale della norma pare francamente scenario irrealistico, anche perché il tema delle frodi è drammaticamente concreto (seppur già contrastato, assai meglio che in passato, dopo l’approvazione delle misure del c.d. “decreto Anti-frodi” dello scorso novembre 2021), ma, dal punto di vista politico, rappresenta un’utile forzatura di segno uguale e contrario a quella che sarebbe rappresentata da un MEF tetragono nella difesa della norma “vista e piaciuta”, nonostante sia evidente che vanno trovate soluzioni per contrastare gli abusi dei meccanismi (agevolativi approvati nel 2020 e prorogati di ulteriori tre anni soltanto poche settimane fa), non soluzioni per renderne direttamente impossibili gli usi.

Le proposte, volte a limitare le “cessioni successive alla prima” ad un determinato numero massimo, non colgono l’essenza del problema, perché, così come è strutturato ora il meccanismo, basta anche una sola cessione successiva alla prima per consentire di dire, al cessionario che acquista il credito da altro soggetto che lo ha a sua volta acquistato, che non ha modo di avere evidenza dell’esatta “origine” di quel credito e, quindi, non gli può essere chiesto di controllarne la “qualità” prima di accettare di acquistarlo.

Le proposte volte a consentire le “cessioni successive alla prima” alle sole banche e intermediari finanziari tengono evidentemente in maggior conto il nocciolo del problema, operando una selezione “qualitativa” dei cedenti e dei cessionari, ma comunque non lo affrontano.

Se l’obiettivo è salvaguardare lo strumento a favore di un settore economico strategico, ma al tempo stesso “chiudere i cancelli” (fermo restando che di buoi, ormai, ne sono già scappati in quantità), la soluzione più appropriata pare quella che determina una “targatura telematica” dei crediti di imposta (il cui “numero di serie” altro non è che il protocollo informatico della comunicazione di opzione che li origina sui cassetti fiscali dei fornitori o dei “primi cessionari”), mantenendone l’illimitata e generalizzata cedibilità a terzi, ma prevedendo che, se si sceglie la cessione a terzi invece che l’uso in compensazione, ogni credito di imposta, con il suo bravo “numero di serie”, possa essere esclusivamente oggetto di cessioni “totali” del suo intero ammontare relativo alle quote utilizzabili in compensazione negli anni successivi a quello di cessione.

In questo modo, di cessione in cessione e di cedente in cedente, il credito di imposta manterrebbe la propria identificazione all’origine, la quale consentirebbe pertanto ai successivi cessionari di conoscerla e consentirebbe al legislatore di prevedere per essi l’obbligo di acquisire dal proprio cedente (e conservare) tutta la documentazione probatoria che deve essere conservata (ed esibita in caso di controlli) dall’originario beneficiario della detrazione, pena la presunzione di concorso di colpa nell’eventuale violazione commessa all’origine.

In questo modo, tra obbligo di visto di conformità sull’opzione originaria e acquisizione da parte del cessionario, anche in occasione di ogni successiva cessione, di tutta la documentazione probatoria concernente il credito di imposta “targato”, si ripristinerebbe il meccanismo di circolazione illimitata dei crediti di imposta, ma in un contesto di “denominazione di origine controllata e certificata”.

Nella sostanza, si creerebbero le condizioni per trasformare in obbligo di legge le buone prassi che i gruppi bancari più avveduti hanno già spontaneamente implementato di propria iniziativa, mettendo fuori gioco i frodatori e, non meno giustamente, gli intermediari finanziari pasticcioni che, con la loro leggerezza operativa, hanno messo a rischio la tenuta di uno strumento prezioso non meno di quanto la abbiano messa a rischio coloro i quali la hanno sfruttata nel peggiore dei modi.

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