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Per l’imponibilità delle plusvalenze su terreni e partecipazioni rileva la data dell’atto

Anche se il corrispettivo è versato prima del perfezionamento della vendita, le plusvalenze sono imponibili nel periodo di imposta in cui si stipula l’atto

/ Salvatore SANNA

Lunedì, 18 agosto 2025

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In merito al tema della cessione di partecipazioni e degli immobili da parte di soggetti non imprenditori, la plusvalenza (o la minusvalenza) che rappresenta il presupposto impositivo del capital gain o della plusvalenza immobiliare si origina con il trasferimento della proprietà della partecipazione o dell’immobile.

Tuttavia, secondo quanto chiarito dall’Amministrazione finanziaria, tale plusvalenza diviene imponibile quando viene percepito il corrispettivo (cfr. C.M. 24 giugno 1998 n. 165, § 5.2.1; circ. Agenzia delle Entrate 27 giugno 2014 n. 19, § 7; circ. Agenzia delle Entrate 28 marzo 2012 n. 11).
Pertanto, il trasferimento di proprietà della quota sociale è il presupposto per il realizzo della plusvalenza (minusvalenza) da cessione, che viene attratta a tassazione nel rispetto del “principio di cassa”, secondo la regola generale vigente per i redditi diversi.

Se, nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui si effettua la cessione, il contribuente ha percepito delle somme a titolo di acconto, esse verranno computate ai fini della determinazione del corrispettivo, perché, applicando questo principio, gli acconti non sono imponibili nell’anno in cui sono percepiti, ma in quello in cui la cessione si perfeziona.
Perciò, nel caso delle partecipazioni, se si stipula un contratto preliminare che prevede la corresponsione di acconti nell’anno 2024 e la stipula del contratto (o dell’atto) definitivo nell’anno 2025, le somme percepite a titolo di anticipazione saranno imponibili nel periodo d’imposta in cui la cessione si realizza, ossia il 2025.
In questo caso, la plusvalenza sconterà quindi l’imposta sostitutiva del 26% da dichiarare nel quadro RT del modello REDDITI 2026 con versamento entro il 30 giugno 2026.

Anche le plusvalenze immobiliari conseguite al di fuori dell’esercizio di imprese commerciali concorrono a formare il reddito complessivo del cedente nel periodo d’imposta in cui è percepito il corrispettivo.

Il tema dell’applicazione del c.d. “criterio di cassa” ai fini dell’imposizione dei redditi diversi derivanti da cessioni di fabbricati e terreni è stato oggetto della sentenza della Cassazione n. 17960 del 24 luglio 2013, la quale si è espressa sul periodo di imposta nel quale la plusvalenza da cessione di un’area edificabile può considerarsi realizzata quando il prezzo della cessione è stato corrisposto diverso tempo prima della stipula dell’atto di acquisto.
La Suprema Corte ha osservato che i redditi diversi vengono tassati in base al principio di cassa, il che significa che l’obbligazione tributaria sorge non nel momento in cui l’operazione può dirsi perfezionata (principio di competenza), ma in quello della percezione del prezzo pattuito.

Tuttavia, occorre considerare anche che la plusvalenza presente nel patrimonio di un soggetto non è assoggettabile a tassazione fino a quando non viene realizzata. L’art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR, infatti, stabilisce che costituiscono redditi diversi le plusvalenze “realizzate mediante cessioni a titolo oneroso”.

La plusvalenza deve essere realizzata

Da tale disposizione si ricava altresì che il realizzo della plusvalenza richiede un atto di trasferimento di proprietà a titolo oneroso: in altre parole, il realizzo della plusvalenza è conseguenza di detto “trasferimento”. Senza il trasferimento in parola non si verifica la realizzazione della plusvalenza e, quindi, non esiste reddito tassabile.
In sostanza, la Corte sostiene che il principio di cassa è finalizzato a disciplinare il caso di “trasferimento del bene” con differimento del pagamento del prezzo, nel qual caso la corrispondente plusvalenza (con il relativo obbligo di pagamento delle imposte) matura in relazione al corrispettivo via via pagato; tale circostanza può verificarsi in diversi periodi di imposta.

Anche nel caso oggetto della sentenza, i pagamenti parziali sono avvenuti in epoca anteriore all’atto di cessione in forza di contratto preliminare. Tuttavia, la Cassazione osserva che il presupposto dell’imposta applicata deve essere rappresentato dal momento del trasferimento immobiliare.

In caso contrario, i pagamenti che precedono l’effetto traslativo (quale potrebbe essere il caso del contratto preliminare a effetti anticipati, al quale può accompagnarsi il pagamento anticipato di somme) si dovrebbero considerare imponibili in relazione ai corrispettivi che si riferiscono a una cessione non ancora compiuta: tale ipotesi rischierebbe di non assoggettare l’eventuale plusvalenza a tassazione, favorendo ipotesi di strategie elusive indirizzate a differire sine die l’effetto traslativo, pur essendo stato corrisposto l’intero corrispettivo da cui emerge la plusvalenza.

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