Solo i soci potenziali acquirenti possono invocare la violazione della prelazione
Il Tribunale di Firenze, nella sentenza del 22 aprile scorso, ha ribadito che la violazione della clausola statutaria di prelazione comporta l’inopponibilità, nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione, della cessione della partecipazione sociale, nonché l’obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto (cfr. Cass. nn. 24559/2015 e 12370/2014).
In caso di violazione della clausola statutaria di prelazione, dunque, l’inefficacia del trasferimento della quota sociale può essere fatta valere in giudizio non soltanto dalla società, ma anche dai soci pretermessi. Anzi, la legittimazione dei soci sussiste sia quando la clausola di prelazione sia contenuta nello statuto sia quando sia collocata in un patto parasociale.
Peraltro, la cessione a terzi di quote sociali in violazione della clausola di prelazione non comporta automaticamente l’inefficacia del negozio traslativo (nel senso che non ne determina ipso iure la perdita di efficacia).
I soci pretermessi non possono limitarsi a lamentare la semplice violazione della clausola, ma devono allegare e provare l’effettivo interesse leso dal mancato rispetto della prelazione, con l’eventuale conseguente diritto al risarcimento del danno.
In pratica, i soci pretermessi devono provare la propria volontà di rendersi acquirenti delle partecipazioni trasferite in violazione della clausola di prelazione.
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