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PROFESSIONI

L’oblazione non evita in automatico il procedimento disciplinare al commercialista

La dichiarazione di estinzione del reato non esime il Consiglio di disciplina dall’effettuare un’autonoma valutazione

/ Maria Francesca ARTUSI

Martedì, 12 agosto 2025

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L’estinzione del reato tramite oblazione può incidere sul procedimento disciplinare nei confronti del professionista, ma non “estingue” automaticamente anche l’illecito disciplinare essendo possibili valutazioni più specifiche.
Il CNDCEC ha risposto con il Pronto Ordini n. 53/2025 a un quesito in cui si domandava di conoscere il comportamento da tenere nel particolare caso in cui un reato sia dichiarato estinto con decreto penale emesso dal Pubblico Ministero a seguito di “oblazione facoltativa”.

L’istituto dell’oblazione è una causa di estinzione del reato che deriva dal pagamento di una somma di denaro in caso di contravvenzioni, che siano punite con l’ammenda (oblazione obbligatoria disciplinata dall’art. 162 c.p.) oppure con l’arresto alternativo all’ammenda (oblazione facoltativa disciplinata dall’art. 162-bis c.p.).
Tra i citati artt. 162 e 162-bis sussiste una notevole differenza: nell’ipotesi di oblazione ordinaria, l’organo giudicante non entra nel merito dell’istanza, ma si limita a svolgere un controllo meramente formale, mentre, nell’oblazione facoltativa, il giudice compie una valutazione discrezionale. In entrambe le ipotesi, affinché il reato venga estinto è necessario che l’oblazione sia effettivamente pagata; diversamente, non si verifica alcuna causa estintiva del reato.

Venendo al tema dell’eventuale apertura del procedimento disciplinare da parte del Consiglio o del Collegio di disciplina, il CNDCEC osserva in linea generale che, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di procedimenti penali pendenti a carico di un determinato iscritto, il Consiglio di disciplina ha la facoltà di verificare quanto dichiarato dal professionista all’Ordine, in sede di autocertificazione, richiedendo alla competente Autorità giudiziaria, ex art. 50 comma 8 del DLgs. 139/2005, l’eventuale esercizio dell’azione penale nei confronti dell’iscritto, anche mediante l’acquisizione del certificato dei carichi penali pendenti concernenti il medesimo.

Ai sensi di quanto disposto dal comma 10 del predetto art. 50 dell’Ordinamento professionale, “il professionista che sia sottoposto a giudizio penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell’impugnazione, tranne ove sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso”.
Pertanto, nel caso in cui il Consiglio o il Collegio di disciplina venga a conoscenza dell’avvenuta dichiarazione di estinzione del reato da parte dell’Autorità giudiziaria in considerazione dell’avvenuto pagamento dell’oblazione da parte del professionista sottoposto a giudizio penale, ciò non esime il Consiglio medesimo dall’effettuare una autonoma valutazione, sotto il profilo deontologico e disciplinare, della condotta del professionista in relazione al reato al medesimo ascritto e, all’esito, laddove ne ravvisi i presupposti, assumere una decisione che comporti l’eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare nei confronti dell’iscritto.
Nello stesso senso, il CNDCEC si era espresso nella risposta al P.O. n. 169/2022 in tema di estinzione del reato in considerazione del buon esito della “messa alla prova” (L. 67/2014).

Vengono comunque distinti gli scenari in cui il Consiglio di disciplina sia o meno a conoscenza delle indagini penali e se il procedimento disciplinare sia o meno stato aperto. Chiaro che laddove non si sia a conoscenza di indagini penali a carico dell’iscritto e lo stesso abbia estinto il reato con “oblazione facoltativa” ancor prima dell’eventuale rinvio a giudizio, il Consiglio di disciplina non verrà mai a conoscenza dell’accaduto, dal momento che l’iscritto potrebbe legittimamente dichiarare, nell’autocertificazione annuale, di non aver mai riportato condanne penali.

Viene, in definitiva, evidenziato che nella prospettate ipotesi in cui l’Organo di disciplina venga a conoscenza del fatto, il Consiglio o il Collegio di disciplina, nell’esercizio delle proprie funzioni e nell’ambito della propria sfera di autonomia, può sempre valutare di aprire un procedimento disciplinare, ancorché non correlato a una situazione di rinvio a giudizio penale del professionista, perché il procedimento disciplinare attiene a qualsivoglia “azione od omissione che integri violazione di norme di legge e regolamenti, del codice deontologico, o sia comunque ritenuta in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro, a tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione”, compresi “fatti non riguardanti l’attività professionale, qualora si riflettano sulla reputazione professionale o compromettano l’immagine e la dignità della categoria” (artt. 49 comma 1 e 50 comma 6 del DLgs. 139/2005).

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