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LAVORO & PREVIDENZA

Nel contratto a termine causale individuale valida per tutto il 2026

Prorogata al 31 dicembre del prossimo anno la possibilità di ricorrere alla causale individuata dalle parti

/ Mario PAGANO

Martedì, 12 agosto 2025

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La causale contrattuale per i contratti a tempo determinato, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuata autonomamente dalle parti e inserita nel singolo contratto, potrà essere utilizzata fino al 31 dicembre 2026. A prevederlo è l’art. 14 comma 6-bis del DL 95/2025, conv. L. 118/2025.

Con questa ulteriore modifica sembra ormai avviata verso la natura strutturale quella che, almeno inizialmente, doveva rappresentare una temporanea eccezione per permettere alle parti sociali di disciplinare, all’interno dei contratti collettivi, specifiche ipotesi di causali, necessarie per la stipula, la proroga e il rinnovo di contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi.

Nell’ultimo decennio, nel panorama legislativo lavoristico italiano, le vicende riferite alla disciplina del tempo determinato sono state particolarmente travagliate. Dopo una lunga fase di completa acausalità, inaugurata con il DL 34/2014, con il decreto dignità (DL 87/2018) tale logica è stata superata. A oggi, infatti, per andare oltre i 12 mesi è sempre richiesto l’inserimento nel contratto di legittime causali, che nel tempo il legislatore ha più volte rimodulato. Tuttavia, è solo in presenza di esse che può essere derogato, attraverso l’apposizione di un termine finale alla durata del contratto, il principio generale (art. 1 del DLgs. 81/2015) secondo il quale il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato rappresenta la forma comune di rapporto di lavoro.

Secondo la modifica, introdotta dal menzionato DL 87/2018, il contratto poteva avere una durata superiore ai 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24 mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. La formulazione di tali causali, tuttavia, ha sollevato non poche critiche tanto da indurre il legislatore, nel periodo pandemico da COVID-19, a reintrodurre, seppure temporaneamente, una minima acausalità.

Il passo successivo si ha con il DL 48/2023: ferma restando la “acausalità” nei primi 12 mesi e confermando nel contempo anche la causale per ragioni sostitutive, l’attuale formulazione dell’art. 19 comma 1 lett. a) del DLgs. 81/2015 prevede, innanzitutto, che il contratto possa avere una durata superiore ai 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24 solo nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del medesimo decreto, ossia i cosiddetti contratti “leader”; una condizione necessaria anche per le proroghe e per i rinnovi sempre superiori ai 12 mesi (art. 21 comma 01).

La norma, però, in subordine alla prima tipologia di causale, prevede un’ulteriore ipotesi che, almeno ab origine, doveva avere una natura meramente transitoria, perché destinata a concludersi con il 30 aprile 2024. La successiva lett. b) del citato comma 1 dell’art. 19 stabilisce, infatti, che, in assenza delle previsioni di cui alla lett. a), nei contratti collettivi applicati in azienda è possibile apporre un termine superiore ai 12 mesi ed entro i 24, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti. In buona sostanza, se il contratto collettivo applicato dal datore di lavoro non individua i casi di apposizione del termine (circostanza tutt’altro che infrequente), le parti possono autonomamente inserirli in fase di stesura del contratto individuale. Tutto ciò a condizione che l’eccezione rientri, un po’ come avveniva ai tempi del “causalone” di cui al DLgs. 368/2001, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva.

Già il Milleproroghe 2024 (DL 215/2023), con l’opportuna finalità di concedere alle parti sociali ulteriore tempo per individuare le causali, aveva tuttavia allungato il termine, portandolo al 31 dicembre 2024. Un’operazione compiuta anche dal successivo DL 202/2024, che ha, ancora una volta, spostato la scadenza al 31 dicembre 2025.

La legge di conversione del DL 95/2025, con un nuovo comma 6-bis all’art. 14, concede ancora più tempo per aggiornare quei contratti collettivi che a oggi sono carenti di una specifica disciplina sulle causali, prorogando, per l’ennesima volta, il regime “eccezionale” della causale di cui alla lett. b). Sarà così possibile per tutto il 2026 individuare nel singolo contratto, sottoscritto tra le parti, una ragione di carattere tecnico, organizzativo o produttivo. Il tutto a condizione che il contratto collettivo applicato dal datore di lavoro non individui già, ai sensi della lett. a) del citato art. 19, specifiche e concrete ipotesi di causale da poter utilizzare direttamente a supporto del contratto a termine stipulato.

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