ACCEDI
Venerdì, 10 ottobre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IMPRESA

Accordi di ristrutturazione compatibili con soluzioni basate sulla mera dismissione

Una recente pronuncia di merito fornisce l’occasione per la risoluzione di diverse criticità

/ Tommaso NIGRO

Venerdì, 10 ottobre 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

Gli accordi di ristrutturazione disciplinati dall’art. 57 del DLgs. 14/2019 (CCII) pongono un insieme di problematiche derivanti anche dalla circostanza che questa particolare forma di accordo non prevede la “cristallizzazione” dei debiti anteriori. In argomento si segnala un interessante intervento della giurisprudenza di merito (Trib. Avellino 15 luglio 2025) che affronta molteplici motivi di criticità e per ciascuno di essi fornisce un’adeguata chiave interpretativa.

Il primo tema esaminato tocca il profilo preliminare della legittimità di un accordo puramente dismissorio, rispetto al quale viene affermato che la natura liquidatoria del piano nel quale “non confluiscono risorse derivanti dalla pur prospettata ripresa dell’attività commerciale, non esclude l’accesso allo strumento in questione, atteso che gli accordi di ristrutturazione sono compatibili con soluzioni basate sulla mera dismissione del patrimonio aziendale, salve le limitazioni in tal caso previste dagli artt. 61 comma 2 lett. b) e 63 co. 4 lett. a) CCI”.

Ciò posto, il Tribunale passa ad analizzare il delicato profilo dell’individuazione del “monte crediti” su cui calcolare le percentuali di legge. Noto il presupposto dell’omologa degli accordi di ristrutturazione, che impone il raggiungimento di una percentuale di adesioni non inferiore al 60% dei crediti complessivi, il Tribunale, chiamato a determinare la base di calcolo, ritiene che, non operando le regole della par condicio creditorum, stante la natura eminentemente negoziale degli accordi, la percentuale suddetta debba calcolarsi su tutti i crediti, compresi quelli non ancora scaduti, che risultino esistenti al momento di presentazione della domanda di omologa, non rilevando per contro la distinzione fra quelli anteriori all’accesso alla fase prenotativa e quelli successivamente maturati.

Prendendo, poi, in esame l’altro collegato aspetto, ovvero chi siano i creditori da considerarsi aderenti e, come tali, da includere nel parametro del 60% richiesto dall’art. 57 del CCII, osserva che tra essi vanno considerati solo coloro che abbiano già prestato assenso, al momento della domanda, alla proposta di accordo formulata dall’imprenditore siglando i relativi contratti, sia pur con effetti condizionati all’omologa, non potendo essere considerati, pertanto, tali coloro che abbiano raggiunto intese parallele prive delle forme indicate (Cass. 15 maggio 2023 n. 13154).
Ciò porta come naturale conseguenza che sono da considerarsi estranei i crediti tributari “rottamati”, se, come nel caso esaminato dal Tribunale, la proponente abbia optato per la prosecuzione della definizione agevolata già pendente, senza accedere all’istituto della transazione fiscale ex art. 63 del CCII.

L’ultimo aspetto trattato attiene alla questione dei crediti in contestazione e alla loro partecipazione alle maggioranze. Qui il Tribunale, dopo aver ricordato l’indirizzo prevalente, secondo il quale in sede di omologa degli accordi di ristrutturazione le ragioni che hanno portato a contestare l’esistenza e l’entità del credito sono suscettibili di accertamento in via incidentale al solo fine di verificare se esse siano meramente pretestuose e abbiano avuto l’effetto di incidere indebitamente e in modo decisivo sulla percentuale minima di adesioni e sul fabbisogno finanziario della procedura (Cass. 24 maggio 2018 n. 12965), giunge a ritenere che, laddove la contestazione sia priva di fondamento e appaia strumentale a creare le condizioni per l’omologa degli accordi, il credito vada considerato parte del passivo e conseguentemente computato nel denominatore della frazione al fine di verificare il rispetto delle maggioranze di legge.

In argomento vale ricordare che, nel vigore della precedente normativa, taluni tendevano a escludere che fossero da computare i crediti (seriamente) contestati (Trib. Vicenza 17 maggio 2013), mentre con riferimento alla disciplina del Codice della crisi vale la tesi che, per i crediti contestati, il Tribunale sarebbe chiamato a un accertamento incidentale sull’esistenza del credito, in analogia con quanto disposto dall’art. 108 del CCII, in materia di concordato preventivo, esclusivamente ai fini del voto.

Esiste, infine, un ultimo profilo da esaminare non oggetto della pronuncia, in quanto non attinente al caso trattato, che è quello della valutazione della concorrenza, o meno, degli aderenti coatti al raggiungimento della soglia del 75% necessaria per l’omologazione degli accordi a efficacia estesa ex art. 61 del CCII.
Sul tema non si individua unanimità di vedute: si oscilla tra una tesi che ritiene gli aderenti “coatti” pur sempre aderenti e chi invece assume una posizione decisamente contraria, sostenendo che il creditore dissenziente all’interno di una categoria, per quanto costretto a “subire” in caso di omologazione dell’ADR il trattamento accettato dalla maggior parte della categoria cui appartiene, non per questo cesserà di essere considerato come “non aderente” ai fini del raggiungimento della percentuale complessiva dei creditori necessaria all’omologazione.

TORNA SU