Valida la notifica per la liquidazione giudiziale alla società cancellata e con PEC inattiva
Esclusa la notifica al liquidatore e legale rappresentante o ai soci
La Cassazione, con sentenza del 29 settembre 2025 n. 26370, ha confermato la validità della notifica del ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale all’indirizzo PEC della società anche quando cancellata del Registro delle imprese, ex art. 33 del DLgs. 14/2019, e con indirizzo di posta non più attivo.
In primo luogo, i giudici di legittimità rimarcano come la legittimazione al ricorso per la liquidazione giudiziale (art. 37 comma 2 del DLgs. 14/2019) – al pari del fallimento (art. 6 comma 1 del RD 267/42) – spetti al creditore che dimostri in giudizio di essere titolare della pretesa. Non è necessario, invece, che il credito sia stato definitivamente accertato in sede giudiziale né che sia portato da un titolo esecutivo (Cass. SS. UU. n. 1521/2013): anche un credito contestato, illiquido o sottoposto a termine e non ancora scaduto, o condizionato, quindi, attribuisce la legittimazione.
Se il soggetto contro il quale l’istanza è proposta contesta l’an e/o il quantum del credito (e manchi un titolo), il tribunale non può negare la legittimazione del ricorrente, ma il giudice del procedimento per la liquidazione giudiziale ha il potere-dovere di accertarne, in via incidentale e sommaria, l’effettiva esistenza (ex multis, Cass. n. 23494/2020).
In secondo luogo, i giudici affrontano il tema della corretta notificazione dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale quando l’indirizzo PEC non sia più attivo e la debitrice risulti cancellata dal Registro delle imprese ex art. 33 del DLgs. 14/2019.
L’art. 40 commi 6, 7 e 8 del DLgs. 14/2019 – nel testo in vigore all’epoca dei fatti – prevede un sistema di notificazione della domanda di apertura della liquidazione giudiziale all’indirizzo del servizio elettronico di recapito certificato qualificato di PEC risultante dal Registro delle imprese o di INI-PEC, ovvero, quando tale notificazione non sia possibile o non abbia esito positivo per cause non imputabili al destinatario, ex art. 107 comma 1 del DPR 1229/59, presso la sede risultante dal Registro delle imprese, o infine con il deposito nella casa comunale ove è posta la sede dell’impresa.
Tale norma ricalca quanto previsto dall’art. 15 comma 3 del RD 267/42, rispetto al quale la giurisprudenza aveva evidenziato la specialità del procedimento, che, da un lato, non prevede una diretta notifica nei confronti del titolare dell’impresa o del legale rappresentante della società e, dall’altro, fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto degli obblighi di attivazione della PEC e di mantenimento “attivo” della stessa.
Come previsto anche dall’art. 10 del RD 267/42, persiste (nei limiti temporali dell’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese) l’obbligo di mantenimento dell’indirizzo PEC e dell’indirizzo della sede legale al quale devono essere notificati gli atti introduttivi del giudizio prefallimentare (Cass. n. 16365/2018) e tale conclusione trova conferma nel Codice della crisi, che dà attuazione all’art. 2 comma 1 lett. i) della L. 155/2017.
L’art. 33 del DLgs. 14/2019, dopo aver affermato il principio (conforme all’art. 10 del RD 267/42) per cui la liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore e che tale cessazione coincide (di regola) con la sua cancellazione dal Registro delle imprese, ha previsto, al comma 2, che l’imprenditore (come la società) ha l’obbligo di “mantenere attivo l’indirizzo di posta elettronica certificata per un anno decorrente dalla cancellazione” dal Registro delle imprese.
Escluso che, pur a seguito della cancellazione, il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale della stessa debba essere notificato, secondo le norme comuni, né alla persona fisica che ne abbia rivestito la qualità di liquidatore (pur essendo possibile secondo la Cass. n. 32533/2022) e legale rappresentante né, a maggior ragione, ai soci della stessa, i giudici escludono che tale procedimento possa ledere il diritto di difesa della debitrice, richiamando a tal fine le conclusioni a cui è giunta la Corte Costituzionale n. 146/2016 sull’analoga questione di legittimità costituzionale posta in relazione all’art. 15 comma 3 del RD 267/42.
Il diritto di difesa, infatti, resta garantito dal duplice meccanismo di ricerca della società debitrice.
Quest’ultima, infatti, viene notiziata, in primo luogo, presso il suo indirizzo PEC – che è tenuta a mantenere attivo durante la vita dell’impresa per un anno decorrente dalla cancellazione – ed eventualmente con la notificazione presso la sede legale dell’impresa collettiva.
In caso di esito negativo di tale “duplice meccanismo di notifica”, si opererà con il deposito dell’atto presso la casa comunale.
Il suddetto procedimento, in caso di violazione da parte dell’imprenditore collettivo degli obblighi relativi alla PEC, consente la rapida pronuncia della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale con i conseguenti effetti sul patrimonio del debitore.
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