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Sabato, 27 settembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

ECONOMIA & SOCIETÀ

Crescita Usa rivista significativamente al rialzo

Il dato sul Pil ha condotto a un rialzo dei tassi soprattutto statunitensi, con quelli europei più stabili

/ Stefano PIGNATELLI

Sabato, 27 settembre 2025

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L’economia statunitense è cresciuta più rapidamente di quanto registrato in precedenza nel secondo trimestre, sostenuta da un calo delle importazioni e da una ripresa della spesa dei consumatori, ma da allora lo slancio sembra essere rallentato.

Il prodotto interno lordo è aumentato a un tasso annualizzato, rivisto al rialzo, del 3,8% nello scorso trimestre secondo la terza stima del Pil (segui tassi e valute su www.aritma.eu). La seconda stima del Pil dava la crescita dell’economia al 3,3%. Le attese erano per una crescita del Pil non rivista al 3,3%. La crescita dello scorso trimestre è stata sostenuta dalle imprese che hanno incrementato gli investimenti in prodotti di proprietà intellettuale, soprattutto IA.

Le letture del Pil del primo e secondo trimestre non riflettono fedelmente lo stato di salute dell’economia a causa delle forti oscillazioni sul fronte delle importazioni. Prevedibile un secondo semestre sottotono rispetto al primo a causa della persistente incertezza della politica commerciale. C’è anche da tener presente che i nuovi dazi vengono elusi o aggirati con un certo successo dalle imprese. In secondo luogo, la distribuzione degli oneri lungo la catena distributiva sta rendendo l’impatto più graduale.

Il dato sul Pil Usa ha condotto a un rialzo dei tassi soprattutto americani, che fino a quel momento erano risultati sostanzialmente stabili. Il bilancio vede il decennale Usa salire al 4,18% (+5 cent.) e il due anni al 3,66% (+10 cent.).

Il dato sulla crescita Usa rende ancor più incerto lo scenario sulla politica monetaria statunitense. A testimonianza di una Fed profondamente divisa, un consigliere sottolineava di sentirsi a disagio nell’anticipare eccessivamente un gran numero di tagli dei tassi, partendo dal presupposto che l’inflazione sarà probabilmente solo transitoria. Di parere diverso un collega secondo cui ulteriori riduzioni saranno necessarie. Il presidente della Fed ha detto che la banca centrale si trova in una “situazione difficile”, con il rischio costante di un’inflazione più rapida del previsto, mentre la debole crescita dell’occupazione solleva preoccupazioni sulla salute del mercato del lavoro. Il banchiere non ha fornito indicazioni su quando la Fed potrebbe abbassare ancora i tassi, sottolineando il rischio sia di un taglio troppo veloce, che potrebbe causare una nuova impennata dei prezzi, sia di una riduzione troppo lenta che potrebbe danneggiare il mercato del lavoro.

A riprova dell’incertezza il netto rialzo dei tassi Future Libor usd 3 mesi saliti di 8 cent. per fine anno (3,74%) e di ben 16 cent. per giugno 2026 (3,36%). Il punto di minimo per i tassi Future Libor è al 3,10-3,15% per fine 2026; la scorsa settimana il minimo si affacciava sotto il 3%; reputiamo più congrui questi tassi e, anzi, il minimo potrebbe ancora salire leggermente verso il 3,25% se non 3,50%, livelli compatibili con 2-3 tagli Fed e non 3-4 come invece indicano attualmente i tassi Future.
Le prospettive a 3-6 mesi per l’economia Usa fotografate dall’indice Pmi (purchasing managers index) sono risultate in linea con le attese e compatibili con una discreta tenuta dell’economia seppur in rallentamento rispetto al primo semestre.

Le oscillazioni sui tassi – vista l’incertezza della futura politica monetaria Fed – riguardano soprattutto i tassi americani. Il percorso della Bce lascia invece pochi dubbi con tassi fermi al 2% o al limite ancora un taglio di 25 cent. se l’economia mostrasse forti segnali di rallentamento nei prossimi mesi, quando si dispiegheranno gli effetti dei dazi che, però, verranno compensati dall’effetto espansivo dei tagli Bce. Attribuiamo meno del 50% di probabilità a un taglio Bce.

In eurozona l’indice Pmi composito (settore servizi e manifatturiero) è salito a 51,2 a settembre da 51 di agosto, segnando il nono mese consecutivo di crescita. Tuttavia, la componente che misura il volume dei nuovi ordini è calata a 50 – livello che separa l’espansione dalla contrazione – da 50,3, sollevando potenziali preoccupazioni sulla sostenibilità della ripresa.
I servizi hanno guidato l’espansione, con il Pmi del settore che è salito a 51,4 da 50,5 ad agosto, la lettura più alta in nove mesi e ben superiore alla previsione di una lettura invariata. Il settore manifatturiero ha perso invece slancio e l’indice principale è sceso in territorio di contrazione a 49,5 da 50,7 ad agosto. Dunque una lettura ambigua, con il settore servizi che pesa per due terzi del Pil, in ripresa, e con quello manifatturiero che sembra avere avuto una falsa partenza ad agosto. L’impatto sui tassi eurozona è risultato minimo.

Il confronto rispetto a una settimana fa vede un lieve rialzo (2 cent.) per i Bund 10 e 2 anni al 2,76% e 2,03%, con l’Irs 10 anni al 2,73% (+3) e l’Irs 2 anni al 2,17% (+2).

Nell’entrante settimana qualche spunto direzionale anche per i tassi eurozona potrebbe giungere dalle stime flash dell’inflazione eurozona di settembre e dai dati occupazionali Usa.

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