Nessun trattamento privilegiato per l’INPS in merito al pignoramento dei crediti pensionistici
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 216 depositata ieri, 30 dicembre 2025, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69 della L. 153/69 sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 38 comma 2 Cost., dal Tribunale di Ravenna.
La Consulta ha ritenuto che la regola speciale di cui all’indicato art. 69 non evidenzia una irragionevole disparità di trattamento rispetto a quella generale di cui all’art. 545 comma 7 c.p.c., non risulta di per sé manifestamente irragionevole e nemmeno lesiva dell’art. 38 comma 2 Cost.
Si richiama anche la precedente pronuncia n. 506/2002 su tale disposizione, che, si ricorda, consente il pignoramento dei crediti pensionistici nei limiti di un quinto del loro ammontare per debiti verso l’Istituto derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall’Istituto stesso ovvero da omissioni contributive e che, per le pensioni ordinarie liquidate a carico della assicurazione generale obbligatoria, prevede che debba essere comunque preservato l’importo corrispondente al trattamento minimo pensionistico.
Con la sentenza n. 506/2002 la Corte aveva evidenziato che con l’art. 69 della L. 153/69 “il legislatore non altro ha fatto che prevedere limiti e modalità attraverso le quali un creditore qualificato (l’INPS, per indebite prestazioni ovvero omissioni contributive) può assoggettare a pignoramento un quinto dell’intero ammontare della pensione”.
Nelle motivazioni della pronuncia n. 216/2025 di ieri, invece, si evidenzia in particolare che non sussiste alcun trattamento privilegiato a favore dell’INPS, che può avvalersi della disciplina speciale solo per il recupero degli indicati crediti (derivanti da indebiti previdenziali o da omissioni contributive), ma non per il recupero di altri crediti vantati nei confronti del pensionato, per i quali si riespande la disciplina generale di cui all’art. 545 comma 7 c.p.c.
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