Attesi tassi invariati alla riunione Bce
I dati confermano le proiezioni della Banca centrale europea, secondo cui l’inflazione resterà prossima all’obiettivo fino alla fine dell’anno
L’inflazione della zona euro (lettura flash, il dato definitivo verrà reso noto il 17 settembre) ha registrato un lieve aumento ad agosto, restando vicina all’obiettivo del 2% della Banca centrale europea e rafforzando le scommesse di mercato sul fatto che i tassi di interesse rimarranno invariati nel breve termine (segui tassi e valute su www.aritma.eu).
Secondo i dati Eurostat diffusi in settimana, l’inflazione nei 20 Paesi che condividono l’euro è salita il mese scorso al 2,1% dal 2,0% di luglio, appena sopra le previsioni del 2,0%. L’aumento è dovuto ai prezzi dei prodotti alimentari non lavorati e a un impatto meno negativo delle attese del calo dei costi energetici. L’inflazione “core”, indicatore attentamente monitorato dalla Bce che esclude i prezzi volatili di cibo e carburante, è rimasta stabile al 2,3%, sopra le aspettative di un calo al 2,2%.
I dati confermano le proiezioni della Bce, secondo cui l’inflazione resterà prossima all’obiettivo fino alla fine dell’anno, grazie alla moderata inflazione dei beni e al rallentamento dei prezzi dell’energia, che compensano la crescita ancora sostenuta dei prezzi di alimentari e servizi. Questa relativa stabilità nella crescita dei prezzi è il motivo per cui i mercati prevedono tassi di interesse invariati per il resto dell’anno, anche se è probabile che i banchieri centrali continuino a discutere sulla necessità di ulteriori allentamenti, oltre ai due punti percentuali di tagli dei tassi effettuati dalla metà del 2024.
La prossima riunione della Bce si terrà giovedì 11 settembre e non sono previste variazioni con il tasso dei depositi invariato al 2%. Il mercato (tassi Future Euribor e Ois prospettici) è sempre meno convinto che possa esserci un ulteriore taglio nel 2025-26. Condividiamo questa ipotesi. La Bce sembra dunque aver svolto egregiamente il suo compito. È comunque utopico immaginare di regolare l’inflazione in modo che sia sempre al 2% in un mondo sempre più soggetto a shock: è dunque plausibile attendersi moderate deviazioni dell’inflazione dall’obiettivo in entrambe le direzioni senza che la Banca centrale necessariamente intervenga. Le attuali previsioni – ultime disponibili di giugno – hanno visto la Bce tagliare la cpi 2025 dal 2,3 al 2% e quella 2026 dall’1,9% all’1,6%. Non escludiamo che giovedì con il nuovo aggiornamento previsionale questi valori vengano leggermente rivisti al rialzo.
Un eventuale intervento Bce potrebbe essere dettato da un rallentamento marcato della crescita che però – seppur in calo rispetto al primo semestre – sembra reggere e sarà comunque sostenuta dai massicci stimoli fiscali in Germania e quelli sul riarmo europeo con effetti specie sul 2026-27 (Pil atteso dalla Bce 1,1% e 1,3%). Prova di ciò i segnali di miglioramento della produzione manifatturiera controbilanciato dal calo di quello dei servizi con l’indice Pmi composto (servizi più manifatturiero) salito frazionalmente a 51,0 in agosto da 50,9 in luglio, segnando un massimo di 12 mesi ma indicando ancora una crescita modesta.
La soglia di 50 separa la crescita dalla contrazione. I nuovi ordini sono aumentati per la prima volta da maggio dell’anno scorso, anche se di poco, poiché la domanda interna ha compensato il calo degli ordini all’esportazione, che sono diminuiti al ritmo più rapido da marzo. Il settore dei servizi, che domina l’economia del blocco, ha visto la crescita rallentare marginalmente, con il Pmi sceso a 50,5 in agosto dal massimo di quattro mesi di 51,0 a luglio. Il dato relativo alla manifattura ha mostrato l’aumento della produzione più forte in quasi tre anni e mezzo, fornendo una nota positiva in un panorama economico altrimenti sottotono.
Le politiche fiscali espansive e la sostenibilità del debito, le pesanti emissioni in calendario per settembre, la minaccia all’indipendenza della Fed, il pericolo che i dazi possano essere messi in discussione (la Corte suprema ha impugnato parte delle decisioni Usa), il mese di settembre che storicamente è debole sulle borse e la preoccupazione per la situazione politica francese e giapponese ha pesato – nella prima parte della settimana – sui rendimenti extra lunghi poi rientrati: resta comunque il segnale di nervosismo.
Il bilancio settimanale vede i tassi europei in lieve flessione sui 10 anni con quelli a breve stazionari. Il Bund 10 scende al 2,71% (-4), il 2 anni fermo all’1,96%. Irs 10 al 2,66% (-4) con il 2 anni sostanzialmente immutato al 2,10%. Euribor 3 mesi stabile a 2,07%.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41